6 - La riflessione sulla lingua

Il primo Ottocento Allo scopo di sottolineare il vorticoso turbine degli accadimenti è frequente il ricorso all antitesi* (per esempio due volte nella polvere, / due volte in sull altar, vv. 47-48; d inestinguibil odio / e d indomato amor, vv. 59-60). Per contrasto, ai due estremi dell ode Manzoni delinea una situazione di stasi, evocando la salma immobile del condottiero, alla quale nella conclusione si accosta Dio. 7 Individua nel testo almeno altri tre esempi di antitesi. 8 In quali punti del testo, e perché, viene usato il presente? 9 SCRIVERE PER ESPORRE Altri due grandi artisti e intellettuali sono rimasti affascinati dalla figura di Napoleone, il musicista Ludwig van Beetho ven e il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Svolgi una ricerca sul rapporto tra Napoleone e queste due personali tà e illustra i risultati in un testo espositivo di circa 40 righe. JacquesLouis David, Napoleone Bonaparte al passaggio del Gran San Bernardo, 1801. Malmaison, Musée National du Ch teau. in sintesi Manzoni rileva lo scarto che esiste fra la lingua scritta e quella parlata nei diversi Stati della penisola, fatto che impedisce un generale e diffuso livello di comprensione delle opere letterarie e teatrali. Deplorando la mancanza di una lingua comune che renda popolare la produzione letteraria, Manzoni elegge il fiorentino a lingua degna di questa funzione e lo impiega nella ventennale riscrittura linguistica dei Promessi sposi dalla prima edizione a quella definitiva del 18401842. 800 6 La riflessione sulla lingua Tra milanese e francese Ai tempi di Manzoni erano in pochi a capire il toscano, e pochissimi in grado di parlarlo, persino fra i ceti colti. Nella seconda introduzione al Fermo e Lucia, addirittura, Manzoni riconosce nel milanese l unica lingua «nella quale ardirei promettermi di parlare [ ] tanto da stancare il più paziente uditore, senza proferire un barbarismo [vocabolo straniero]; e di avvertire immediatamente qualunque barbarismo che scappasse altrui . In realtà l autore conosce molto bene anche il francese, perfezionato negli anni trascorsi a Parigi e periodicamente esercitato nelle lettere. In una di esse, scritta all amico Claude Fauriel nel 1806, confessa di aver visto «con un piacere misto d invidia il popolo di Parigi intendere ed applaudire alle commedie di Molière , mentre in Italia l eccessivo scarto fra lingua scritta e lingua parlata rende impossibile agli scrittori l effetto di erudire «la moltitudine, di farla invaghire del bello e dell utile, e di rendere in questo modo le cose un po più come dovrebbono essere . La scelta del fiorentino Il problema della popolarità del linguaggio, che tormenta Manzoni sin dalla gioventù, diviene pressante nel momento in cui egli inizia a dedicarsi alla stesura del romanzo, rendendosi conto ben presto dell estrema difficoltà del compito, moltiplicata dalla mancanza di una lingua comune nella penisola e di una norma universalmente riconosciuta. Di qui i dubbi che accompagnano la transizione dall eclettismo del Fermo e Lucia al toscano-milanese della ventisettana (ovvero l edizione del 1827), figlio di febbrili consultazioni di vocabolari e altre fonti libresche. Subito dopo, il viaggio a Firenze, con la celebre risciacquatura dei panni in Arno , contribuisce a orientare l autore verso l uso vivo del ceto colto cittadino. A questa opzione è improntata la revisione linguistica del romanzo, che sfocia nell edizione definitiva, comparsa in dispense fra il 1840 e il 1842.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento