T5 - La lettera da Ventimiglia (Ultime lettere di Jacopo

Ugo Foscolo ¥ T5 ¥ La lettera da Ventimiglia Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte seconda Dopo aver vagato senza meta attraverso l Italia, Jacopo giunge, all inizio del 1799, al confine di Ventimiglia. Da qui egli aveva pensato di entrare in Francia; poi però cambia idea e prende la decisione di tornare ai colli Euganei. Scrive così una lettera di cui riportiamo la seconda parte nella quale lo spettacolo della natura gli suggerisce un approfondita riflessione sulla tragicità della condizione umana. Una pessimistica filosofia della Storia 5 10 15 20 25 Ventimiglia, 19 e 20 Febbrajo Alfine eccomi in pace! Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura.1 Ho vagato per queste montagne. Non v è albero, non tugurio, non erba. Tutto è bronchi;2 aspri e lividi macigni; e qua e là molte croci che segnano il sito de viandanti assassinati. Là giù è il Roja,3 un torrente che quando si disfanno4 i ghiacci precipita dalle viscere delle Alpi, e per gran tratto ha spaccato in due questa immensa montagna. V è un ponte presso alla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quel ponte, e ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell Alpi altre Alpi di neve5 che s immergono nel Cielo e tutto biancheggia e si confonde da quelle spalancate Alpi cala e passeggia ondeggiando la tramontana, e per quelle fauci6 invade il Mediterraneo. La Natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia7 da questo suo regno tutti i viventi. I tuoi confini, o Italia, son questi! ma sono tutto dì8 sormontati d ogni parte dalla pertinace avarizia9 delle nazioni. Ove sono dunque i tuoi figli? Nulla ti manca se non la forza della concordia. Allora io spenderei gloriosamente la mia vita infelice per te: ma che può fare il solo mio braccio e la nuda mia voce? Ov è l antico terrore10 della tua gloria? Miseri! noi andiamo ogni dì memorando11 la libertà e la gloria degli avi, le quali quanto più splendono tanto più scoprono la nostra abbietta schiavitù. Mentre invochiamo quelle ombre magnanime,12 i nostri nemici calpestano i loro sepolcri. E verrà forse giorno che noi perdendo e le sostanze, e l intelletto, e la voce, sarem fatti simili agli schiavi domestici degli antichi, o trafficati come i miseri Negri,13 e vedremo i nostri padroni schiudere le tombe e disseppellire, e disperdere al vento le ceneri di que Grandi per annientarne le ignude14 memorie: poiché oggi i nostri fasti ci sono cagione di superbia, ma non eccitamento dell antico letargo.15 Così grido quand io mi sento insuperbire16 nel petto il nome Italiano, e rivolgendomi intorno io cerco, né trovo più la mia patria. Ma poi dico: Pare che gli uomini sieno fabbri17 delle proprie sciagure; ma le sciagure derivano dall ordine universale, e il genere umano serve orgogliosamente e ciecamente a destini. Noi 1 sopore di sepoltura: il sonno della morte. 2 bronchi: sterpi (si tratta di una voce dan- tesca: Inferno, XIII, 26). 3 Roja: fiume che nasce in territorio francese e sfocia a Ventimiglia. 4 disfanno: sciolgono. 5 appena neve: appena si scorgono, dietro le cime (cervici) delle Alpi, altre Alpi coperte di neve. 6 per quelle fauci: attraverso l apertura della valle. 7 caccia: allontana. 8 tutto dì: sempre. 9 pertinace avarizia: avidità insaziabile. 10 l antico terrore: la paura ispirata un tempo dalla potenza di Roma. 11 memorando: rammentando, ricordando. 12 quelle ombre magnanime: gli spiriti degli antenati. 13 trafficati come i miseri Negri: fatti oggetti di traffici e compravendita come gli schiavi africani. 14 ignude: inermi, disarmate. 15 i nostri fasti . letargo: le glorie pas- sate di Roma sono oggetto di vanto per noi, ma non costituiscono un incitamento a risvegliarci da un torpore che dura da troppo tempo. 16 insuperbire: pronunciare con orgoglio. 17 fabbri: artefici. 551

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento