Il tesoro della letteratura - volume 2

Alfieri & Cesare Pavese 30 35 40 45 lo vedi chiaro è sempre andato assottigliandosi, persino materialmente. Sei malato e disoccupato. Come migliaia d altri, del resto. «Neppur l orgoglio di sentirmi solo : eri un bel pesce, e il peggio è che lo sei ancora. Sei mai stato altro che quel bambino? 30 ottobre 1940 II dolore non è affatto un privilegio, un segno di nobiltà, un ricordo di Dio. Il dolore è una cosa bestiale e feroce, banale e gratuita, naturale come l aria. impalpabile, sfugge a ogni presa e a ogni lotta; vive nel tempo, è la stessa cosa che il tempo; se ha dei sussulti e degli urli, li ha soltanto per lasciar meglio indifeso chi soffre, negli istanti che seguiranno, nei lunghi istanti in cui si riassapora lo strazio passato e si aspetta il successivo. Questi sussulti non sono il dolore propriamente detto, sono istanti di vitalità inventati dai nervi per far sentire la durata del dolore vero, la durata tediosa, esasperante, infinita del tempo-dolore. Chi soffre è sempre in stato d attesa attesa del sussulto e attesa del nuovo sussulto. Viene il momento che si preferisce la crisi dell urlo alla sua attesa. Viene il momento che si grida senza necessità, pur di rompere la corrente del tempo, pur di sentire che accade qualcosa, che la durata eterna del dolore bestiale si è un istante interrotta sia pure per intensificarsi. Qualche volta viene il sospetto che la morte l inferno consisterà ancora del fluire di un dolore senza sussulti, senza voce, senza istanti, tutto tempo e tutto eternità, incessante come il fluire del sangue in un corpo che non morirà più. 8 maggio 1950 cominciata la cadenza del soffrire. Ogni sera, all imbrunire, stretta al cuore fino a notte. 50 27 maggio 1950 Adesso, a modo mio, sono entrato nel gorgo: contemplo la mia impotenza, me la sento nelle ossa, e mi sono impegnato nella responsabilità politica, che mi schiaccia. La risposta è una sola suicidio. 55 60 65 17 agosto 1950 la prima volta che faccio il consuntivo di un anno non ancor finito. Nel mio mestiere dunque sono re. In dieci anni ho fatto tutto. Se penso alle esitazioni di allora. Nella mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Ho ignorato per qualche anno le mie tare, ho vissuto come se non esistessero. Sono stato stoico. Era eroismo? No, non ho fatto fatica. E poi, al primo assalto dell «inquieta angosciosa , sono ricaduto nella sabbia mobile. Da marzo mi ci dibatto. Non importano i nomi. Sono altro che nomi di fortuna, nomi casuali se non quelli, altri? Resta che ora so qual è il mio più alto trionfo e a questo trionfo manca la carne, manca il sangue, manca la vita. Non ho più nulla da desiderare su questa terra, tranne quella cosa che quindici anni di fallimenti ormai escludono. Questo il consuntivo dell anno non finito, che non finirò. 18 agosto 1950 70 478 Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più.

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento