Il tesoro della letteratura - volume 2

Finestra sul CONTEMPORANEO douard Manet, Suicidio, 1881. Zurigo, Sammlung B hrle. Inadatto alla vita Nessuna soluzione oltre al suicidio Un mito personale assilla Pavese: l aspirazione a una virilità che gli è preclusa. Egli si sente condannato o, meglio, predestinato a soffrire senza remissione (r. 14) come capita a una sorta di tipo antropologico, quello dell autodistruttore (r. 1), al quale sente di appartenere e che arriva addirittura a teorizzare in un ritratto-autoritratto di lucidità glaciale. La resurrezione della volontà costituisce per lui una chimera: la morte si configura come l unica reazione all impotenza che si crede capace di realizzare. L operazione di smantellamento di sé è capillare, come possiamo vedere nel pensiero scritto il 15 gennaio 1938: si sente inferiore, vigliacco, oggi come ieri e come domani. Si tratta di una nuda consapevolezza che lo porta a diffidare di ogni posa letteraria. L antico modello alfieriano è lontano quando Pavese dichiara che il dolore non è affatto un privilegio (r. 33): soffrire non regala alcun compiacimento, anzi è di per sé qualcosa di ignobile, un esperienza bestiale e feroce (r. 34). Pavese percepisce questa condizione come una colpa. Gli appunti scritti nel 1950, poco prima di suicidarsi, danno a noi lettori la sensazione dell ultima fiamma della candela, ormai inesorabilmente vicina a spegnersi: la discesa verso il gorgo della morte è scandita da messaggi sempre più brevi, fissati nella paratassi perentoria della sentenza. Prossimo al punto più basso di questa discesa agli inferi, lo scrittore sente il bisogno di tracciare un bilancio, il consuntivo (r. 57) di un anno (ma anche di una vita) che non terminerà. La morale che ne scaturisce è la necessità, fino ad allora rinviata, del gesto definitivo, grazie al quale come gli eroi delle tragedie di Alfieri possa, in modo paradossale e al tempo stesso velleitario, riaffermare la verità delle cose, senza le illusioni che falsamente le imbellettano. Tutto questo fa schifo (r. 71): l esistenza nel suo complesso, compresa la scrittura, che lo ha tenuto appeso alla vita. Alla fine non resta che l ultimo imperativo, nudo e definitivo come un epigrafe, il silenzio: Non scriverò più, (r 72). 479

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento