Il tesoro della letteratura - volume 2

Alfieri & Cesare Pavese di sé stesso, nasce senza alcun dubbio dal molto amor di sé stesso. [ ] Io perciò ingenuamente confesso, che allo stendere la mia propria vita inducevami [mi induceva], misto forse ad alcune altre ragioni, ma vie più gagliarda [molto più forte] d ogni altra, l amore di me medesimo . persecutoria, oscillando tra sfoghi vittimistici e propositi volontaristici. Alcuni suoi pensieri dimostrano chiaramente tale atteggiamento; il primo che leggiamo, risalente al maggio del 1926, è addirittura precedente alla stesura del diario mentre i tre successivi sono della fine degli anni Trenta: Una scrittura contro di s Questa auto-fascinazione manca del tutto nelle pagine che Pavese stende dal 1935 al 1950, anno della sua morte, e che egli stesso intitola Il mestiere di vivere, in vista di un eventuale pubblicazione futura. Fra le sue carte giovanili si trova, del resto, una breve nota, databile 1927, che contiene una vera e propria dichiarazione d intenti, ovvero il desiderio di «legare insieme i frammenti della mia vita : questa disposizione alla scrittura autobiografica, però, si traduce in realtà solo a partire dal confino in Calabria. A differenza di Alfieri, Pavese scrive di sé per scrutarsi. O addirittura per punirsi: nato dal disprezzo provato per le proprie inadeguatezze, il suo diario appare, per usare le parole del critico Roberto Gigliucci, come «un monumento all autodenigrazione . La sua autoanalisi è infatti spietata e funziona come una sorta di assillante sonda critica del proprio operato e delle proprie insoddisfazioni. Rovesciando l archetipo del suo illustre corregionale, egli si serve di una scrittura contro di sé che non ammette indulgenze e suona anzi come auto- 5 Eduardo Arroyo, Speranza e disperazione di Angel Ganivet, 1977. Parigi, Museo d Arte Moderna. Perché temo tanto la penna e il tavolino? Eppure, e me lo debbo ficcar bene in testa, se voglio riuscire grande debbo durare a comporre di mio e tradurre per almeno sei ore al giorno. Il resto della giornata passando studiando o sui libri stampati o sulla vita. E, se dopo sei o sette anni non avrò ancora concluso nulla, non l avrò ancora il diritto di serrarmi torvo nella delusione. Dovrò semplicemente raddoppiare le ore di lavoro e finalmente confessarmi d aver sbagliato mestiere. 13 giugno 1938 Che cosa c è di più puro stile alfieriano che questa lettera?1 Che tutto il mio contegno in questa storia? E tutti i rovelli, gli schianti, gli urli, ecc.? [ ] 10 15 1 Che cosa lettera: lo scrittore si riferisce a un epistola inviata a Tina Pizzardo, la donna con la quale aveva avuto una sofferta relazione sentimentale. 2 chimismo: carattere chimico. 476 20 4 novembre 1938 Siccome tutti gli stati passionali hanno un loro chimismo2 deterministico che trasporta per gioco di causa-effetto a situazioni esasperanti subìte e contraddittorie e fintamente create da noi, bisognerà opporre a ogni compiacenza passionale una dura volontà di estirpamento come un rullo compressore sull erba che ignori ogni deviazione e si compiaccia di sé. Voluttà per voluttà è altrettanto ricca questa quanto la dispersione, e molto più sana. Il piacere di spezzare ogni catena deterministica di gioie od esasperazioni, per sé solo. [ ] 4 novembre 1938 Chi non ha avuto volontà dura, è il più deciso a conquistarsi questa potenza perché sa quanto essa valga (=Alfieri).

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento