3 - La civiltà della meraviglia e della metafora

Il Seicento in sintesi Nel Seicento si rivaluta Torquato Tasso di cui si lodano l originalità dello stile, l attenzione agli ornamenti retorici e alla ricchezza di gure retoriche e metafore. Per Giovan Battista Marino la poesia deve innanzitutto stupire. Ai poeti del Seicento non interessa trasmettere idee e sentimenti: la loro arte è basata sulla forma, sul diletto, sulla continua ricerca di invenzioni inconsuete, accostamenti audaci e arti ci di stile e di concetto che puntano a disorientare il lettore. 3 La civiltà della meraviglia e della metafora Sulla scia dell estetica manierista Già la sensibilità manierista aveva affermato il gusto dell originalità, come si è visto per esempio nella produzione lirica di Torquato Tasso. Non stupisce, in questo senso, che il dibattito critico secentesco decreti la vittoria dell autore della Gerusalemme liberata nella contesa con Ariosto: malgrado i giudizi negativi espressi dai classicisti dell Accademia della Crusca, i letterati barocchi individuano in Tasso il precursore di una certa concezione poetica attenta alla novità dello stile, agli ornamenti retorici, alla ricchezza di figure retoriche e metafore. Il fine più importante della poesia? Meravigliare I poeti del Seicento sono alla ricerca costante di invenzioni inusuali, giochi formali e arguzie concettuali. Secondo il poeta più famoso e imitato del secolo, Giovan Battista Marino (1569-1625), la poesia deve destare sorpresa e meraviglia. In alcuni famosi versi, indirizzati al suo principale nemico, il genovese Gasparo Murtola (1570 ca - 1624), Marino scrive: « del poeta il fin la meraviglia / (parlo de l eccellente, non del goffo): / chi non sa far stupir, vada a la striglia [a fare il servitore, lo stalliere] . Questa dichiarazione di poetica condensa la ricerca letteraria di un intera generazione, fondata su una concezione edonistica dell arte, attenta alla forma più che al contenuto, al diletto più che alla riflessione. I poeti che la fanno propria mirano in primo INTELLETTUALE e SOCIET La cultura tra accademie e Chiesa 32 L elogio della prudenza e l arte della dissimulazione Costretto a rinunciare alla propria autonomia e a guardarsi dalla censura, l intellettuale del Seicento deve dotarsi di una dote imprescindibile: la prudenza. Mentre la virtù ricercata dagli scrittori umanistico-rinascimentali suona ormai anacronistica, la prudenza si impone come norma inderogabile da esercitare non solo nell attività letteraria, ma anche nei rapporti con gli altri intellettuali, con i membri delle corti e con gli esponenti del clero. Prodotto dell ambiguo spirito controriformistico, essa rappresenta, come scrive il napoletano Torquato Accetto nel trattato Della dissimulazione onesta (1641), un abile esercizio dell intelletto, mirante a «non far vedere le cose come sono senza però negare la verità. Se simulare (cioè dire una menzogna) è inaccettabile per ragioni morali (il cristiano non deve mai affermare il falso), dissimulare (cioè tacere la verità) è tollerabile, nei tristi tempi in cui la sincerità mette a rischio l incolumità. In una società dominata dal conformismo, dalla ritualità e dall ipocrisia, l intellettuale (e, al pari di lui, il politico) deve nascondere senza mentire, muovendosi costantemente in un incerto equilibrio. Lo stesso Accetto afferma: «Io porto maschera, ma per forza; perché senza di quella nessun uomo può vivere in Italia . Il predominio della mente sui sensi e della volontà sulle passioni è del resto un istanza in linea con le direttive pedagogiche della Controriforma: il rapporto con il potere non può più essere caratterizzato dalla fiducia, ma da una diffidenza timorosa. Se Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, nel cuore del Rinascimento, prescriveva la schiettezza all uomo di corte, ora invece all intellettuale si consigliano la diplomazia, l accortezza, perfino il trasformismo, soli rimedi per muoversi nella società. Il potere va blandito D altra parte, se i pochi spiriti liberi del secolo cercano disperatamente uno spazio di indipendenza culturale e politica dall autorità, la maggior parte degli intellettuali imbocca la strada della mediazione e del compromesso. In ossequio al principio di sopravvivenza proclamato da Marino bisogna adattarsi «al costume corrente e al gusto del secolo , gli obiettivi principali della carriera di molti letterati secenteschi sono il successo mondano e il riconoscimento ufficiale. Per raggiungere lo scopo e primeggiare sulla scena delle lettere e delle arti si è disposti a tutto: invidie, dissapori, rivalità e duelli sono all ordine del giorno nelle movimentate biografie dei poeti barocchi. La letteratura nella corte barocca: un ornamento superfluo Nell ottica di una maggiore sicurezza culturale, sociale ed economica, la

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento