Un mondo in guerra

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Un mondo in guerra

Quasi sempre in passato le guerre si combattevano tra gli eserciti degli Stati. Le nuove guerre scoppiano spesso per motivi etnicireligiosi e nazionalistici e di frequente a combatterle non sono forze armate statali ma bande irregolari di militari, paramilitari e mercenari.

Vittima principale dei conflitti, in violazione di ogni regola di guerra, è stata la popolazione civile. Pulizia etnica, ossia lo sterminio di una minoranza, genocidio, l’eliminazione di un popolo, stupro di guerra, cioè la violenza sulle donne (sempre esistita ma ora trasformata in “arma”), sono i termini di un amaro vocabolario cui la comunità internazionale ha cercato di contrapporre il concetto di ingerenza umanitaria, ossia il diritto di intervenire anche nei conflitti interni per fermare i massacri.

In questo quadro rientrano le guerre e le tensioni nella ex Iugoslavia, dalla Bosnia-Erzegovina al Kosovo, e nell’ex URSS, nel Caucaso, dalla Cecenia all’Ossezia; ma anche quelle in America Latina (Colombia, Perú, Haiti), in Asia (Timor Est, Filippine, Sri Lanka), nell’Africa Sahariana (Sahara Occidentale, Libia) e Subsahariana (Mali, Somalia, Eritrea, regione sudanese del Darfur, Congo, Ruanda, Uganda, Paesi del Golfo di Guinea), oltre che nel Medio Oriente (Siria, Iraq, Turchia, Yemen).

Le guerre infinite

Guerre più convenzionali, tra Stati, sono state combattute dagli USA e dai loro alleati contro l’Afghanistan, accusato di complicità con il terrorismo islamico e di nascondere Osama Bin Laden, capo di al Qa’ida, e contro l’Iraq, sospettato di possedere “armi di distruzione di massa”. Quando queste guerre sono state “vinte” con l’occupazione delle capitali – Kabul nel 2001, Baghdad nel 2003 – sono però cominciate forme di violenza terroristica, interna e contro gli occupanti.

“Infinita”, in quanto dura dal 1948, sembra la guerra tra palestinesi e israeliani, ricca di significati simbolici legati a due mondi – arabo e musulmano, ebraico e occidentale – che si contrappongono. Più volte è sembrata vicina a risolversi, per poi riaccendersi con attentati suicidi e lanci di razzi da parte degli estremisti palestinesi e con occupazioni, omicidi mirati e azioni di guerra da parte dell’esercito israeliano.

Anche il conflitto tra India e Pakistan per la regione condivisa del Kashmir è fonte, sin dal 1947, di gravi tensioni e di morti.

Le cause delle guerre, le ragioni dell’odio

Caduti i regimi e venute meno le ideologie, le cause delle guerre si sono moltiplicate, o forse solo manifestate con più evidenza. Sono cause molteplici, complesse e concatenate; alcune potrebbero essere meglio definite condizioni della guerra. Tali appaiono la povertà e l’ineguaglianza, considerando che la maggior parte dei conflitti tra Stati, o tra fazioni della popolazione nelle guerre civili, riguarda i Paesi più poveri. Le guerre stesse, peraltro, condannano questi Paesi a una sempre maggiore miseria. La negazione dei diritti umani di popoli e di minoranze è il presupposto delle guerre civili seguite alla disgregazione di Stati multietnici come la Iugoslavia e l’Unione Sovietica. La volontà di controllare petrolio e altre materie prime strategiche contribuisce a spiegare luoghi e protagonisti di altre guerre. Le guerre contro l’Iraq di Saddam Hussein o l’intervento militare contro la Libia di Muammar Gheddafi, per esempio, sono stati ritenuti da molti anche “guerre del petrolio”, motivate cioè dall’intenzione di controllare le riserve e il prezzo dell’oro nero.

Il terrorismo internazionale, che ha colpito New York come Parigi, Istanbul come Giacarta, ricorda come l’odio per il nemico serva benissimo la causa della guerra, sommando istinti antichi e nuovi fanatismi. Il fatto che le guerre possono essere fonte di potere per i capi che le guidano, legittimati e arricchiti dai conflitti, aiuta a capire la loro durata: niente come l’espressione “signori della guerra”, tipica dei nuovi conflitti, rende meglio l’idea.

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Le armi: quando la guerra conviene

Anche le armi potrebbero essere elencate tra le cause della guerra e certamente, oltre a esserne indispensabili strumenti, costituiscono una parte essenziale della sua economia. Uno dei motivi per cui continuano a esserci conflitti, in realtà, è che sulla guerra si investe: si calcola che i Paesi ricchi spendano in armamenti oltre nove volte di più di quanto destinino agli aiuti allo sviluppo, tanto che uno spostamento di risorse anche modesto contribui­rebbe significativamente a risolvere i problemi del mondo, dalla fame alla mancanza di acqua potabile.

Negli Stati Uniti, come in Russia, in Europa e in Cina, l’industria degli armamenti promette profitti elevatissimi, tanto nel campo delle armi ad alta tecnologia – come le armi nucleari, i sistemi di intercettazione di missili, i laser, gli aerei invisibili ai radar e i velivoli senza pilota detti droni – quanto in quello delle armi cosiddette leggere, come pistole e fucili mitragliatori, lanciamissili e lanciagranate portatili, mine antiuomo.

Le mine antiuomo, per esempio, usate nella maggior parte delle guerre del mondo – in particolare nei Paesi poveri e nelle guerre civili – sono prodotte in molti Paesi, compresa l’Italia, e facili da comprare. Il loro commercio è relativamente libero e alimentato da un lucroso traffico illegale, che si intreccia con altre attività criminali.

GUIDA ALLO STUDIO

Geo CONCETTI CHIAVE

1 Qual è la novità delle “nuove guerre”?

2 Che cosa indica il concetto di ingerenza umanitaria?

3 Quali sono i conflitti che durano da parecchi anni?

4 Perché sono scoppiate guerre civili in seguito alla disgregazione di Iugoslavia e Unione Sovietica?

5 Perché le guerre condotte contro l’Iraq sono state definite anche “guerre del petrolio”?

6 Nei Paesi ricchi l’industria degli armamenti richiama molti investitori? Perché?

Geo WORDS

Pulizia etnica / Ethnic cleasing • Ingerenza umanitaria / Humanitarian intervention

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