Geo CITTADINANZA - I diritti umani violati

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I diritti umani violati

Negli ultimi secoli sono stati fatti grandi progressi per garantire a tutti – tramite le leggi e l’intervento degli Stati e della comunità internazionale – la sicurezza e la possibilità di vivere in pace e di realizzare le proprie aspirazioni. Eppure, in molte parti del mondo, prevale ancora oggi la “legge del più forte” e le persone subiscono violenze, discriminazioni e privazioni delle proprie libertà fondamentali. Particolarmente colpite da tali abusi sono le categorie sociali percepite come più deboli: le donne, i bambini, le minoranze etniche o religiose. In altre parole, i diritti umani di queste persone sono quotidianamente violati.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Un passo importante per il riconoscimento dei diritti umani da parte di tutti gli Stati del mondo è stato compiuto nel 1948, quando l’ONU ha promulgato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questa consiste di 30 articoli che stabiliscono i diritti fondamentali di ogni essere umano.

Sono elencate due categorie di diritti: i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali. Nella prima rientrano il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, il diritto a non essere sottoposti a schiavitù e tortura, il diritto a ricevere un trattamento equo di fronte alla legge e a subire un giusto processo, il diritto a esprimere liberamente pensieri e opinioni, il diritto a praticare la propria religione. La seconda categoria comprende il diritto al lavoro e alla sua giusta retribuzione, il diritto a un tenore di vita che consenta di garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia, il diritto all’istruzione.

La condizione delle donne

In molte culture e Paesi del mondo le donne sono ancora considerate inferiori all’uomo e subiscono violazioni dei propri diritti e discriminazioni di genere, cioè basate esclusivamente sul loro sesso. In alcuni casi queste discriminazioni sono ufficialmente sancite dalle leggi degli Stati in cui vivono. Per esempio, nei Paesi dove vige la legge tradizionale islamica (sharia), come l’Iran e l’Arabia Saudita, le pene per alcuni reati sono diverse a seconda che a commetterli sia stato un uomo o una donna. Sempre in Arabia Saudita, le donne sono costrette per legge in uno stato di minorità, come se rimanessero per sempre bambine, e sono soggette alla potestà dei parenti maschi, prima il padre e i fratelli, poi il marito: non possono frequentare da sole locali pubblici o amministrare liberamente il proprio patrimonio.

Anche nei Paesi dove la parità di genere dovrebbe essere garantita per legge, le donne sono spesso costrette a subire, in misura maggiore rispetto agli uomini, violenze, molestie sessuali e discriminazioni. Si stima che in diversi Paesi africani, come l’Etiopia, il 50% delle donne abbia subito almeno un episodio di violenza sessuale. Neppure negli Stati più avanzati le donne sono immuni da discriminazioni, spesso meno evidenti ma non per questo meno ingiuste. In Europa e negli Stati Uniti, per esempio, si calcola che le donne lavoratrici guadagnino mediamente dal 15% al 30% in meno dei loro colleghi uomini a parità di lavoro.

I diritti violati dei bambini

I bambini sono gli esseri umani più deboli e più bisognosi di cura e protezione, eppure spesso sono proprio loro a subire le peggiori violenze, nonostante siano espressamente protetti dalla Convenzione sui Diritti del Bambino, promossa dall’ONU nel 1989. Una delle forme più diffuse di violazione dei loro diritti è il lavoro minorile: a livello mondiale, circa 220 milioni di bambini e ragazzi sotto i 18 anni lavorano, talvolta in condizioni disumane che equivalgono in tutto, tranne che nel nome, alla schiavitù.

In molti Paesi si verifica anche un vergognoso traffico di minori: centinaia di migliaia di bambini vengono rapiti, presi dalla strada o da orfanotrofi, o addirittura comprati, per essere impiegati come lavoratori domestici o nelle fabbriche, o per essere inseriti nel circuito della prostituzione minorile.

Le minoranze perseguitate

In alcune parti del mondo appartenere a una minoranza etnica o religiosa espone al rischio di subire violenze e discriminazioni, spesso da parte degli stessi Governi degli Stati in cui queste comunità risiedono. I curdi, per esempio, vivono divisi tra Turchia, Siria, Iraq e Iran e sono vittime di discriminazioni in diversi Paesi. In Cina, invece, vige una politica che discrimina tutte le popolazioni di etnia diversa da quella dei cinesi han. Sono colpiti in particolar modo i tibetani e gli uiguri, una minoranza di origine musulmana che vive nell’Ovest del Paese.

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