Video, Performance e Body Art

nuove frontiere

Video, Performance e Body Art

Immagini, suoni e il corpo stesso dell’artista diventano nuove forme d’arte

Nella seconda metà del Novecento si sviluppano forme d’arte completamente nuove, difficilmente inseribili nelle categorie del passato: gli artisti iniziano a utilizzare nuovi mezzi espressivi che trasformano completamente ciò che i critici e il pubblico considerano arte. Se infatti tutto può diventare arte – secondo la lezione delle Avanguardie – perché non utilizzare il video come mezzo espressivo? Lo sviluppo della cosiddetta Video Art è legata anche alla nascita di nuove forme artistiche, come la Performance Art.

La performance (dall’inglese “azione, esecuzione”) è un’azione artistica presentata a un pubblico, seguendo un copione organizzato dall’artista o secondo le tecniche dell’improvvisazione: è quindi un evento che si svolge in uno spazio e in un tempo ben determinati. La performance è per sua natura effimera e coinvolge non solo l’artista, ma anche il pubblico, il quale gioca così un ruolo fondamentale nella creazione e nella vita stessa dell’opera d’arte. Quello che resta, quindi, è spesso non l’opera in senso stretto, l’evento, ma la sua registrazione, le testimonianze fotografiche o le riprese video, insieme al materiale che l’artista ha utilizzato per preparare la performance.

Esistono così diversi tipi di Video Art: artisti che creano un video come opera d’arte, e altri che usano il video per documentare le loro performance.

Le videosculture di Paik

Tra i pionieri della Video Art c’è l’artista di origine coreana Nam June Paik (1932-2006), autore di grandi installazioni, cioè combinazioni di oggetti e materiali diversi in cui gli schermi e i video trasmessi sono i protagonisti.

Nel 1995 crea la sua Electronic Superhighway (91), una super-autostrada elettronica: una gigantesca struttura autoportante di più di trecento televisori che compongono una sorta di cartina degli Stati Uniti, in cui i contorni degli Stati sono delineati da tubi al neon. All’interno di ogni Stato gli schermi trasmettono ininterrottamente videoclip che fanno riferimento alla storia e alla cultura del territorio. I tubi al neon insieme dividono e connettono gli Stati, creando l’autostrada che dà il titolo all’opera: non tanto strade reali, ma comunicazioni che viaggiano elettronicamente in modo istantaneo: messaggi, chat, email, videochiamate.

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I video al rallentatore di Viola

Il mezzo espressivo del video, però, non è utilizzato solo da artisti che vogliono sottolineare la modernità delle loro opere, ma anche da chi cerca un dialogo con l’arte del passato.

Nel 1995 l’artista americano Bill Viola (1951-) crea un video, intitolato The Greeting (92), “Il saluto” in inglese, che attraverso una ripresa girata “al rallentatore” mette in scena il suo personale ricordo di un quadro del Rinascimento, la Visitazione (1514-1516) dell’artista fiorentino Pontormo (vedi p. 289).

L’immagine del Cinquecento resta come una sorta di memoria nascosta finché l’artista decide di ricrearla: Viola costruisce così un vero e proprio set cinematografico, con artisti che indossano abiti simili ai panneggi voluminosi di Pontormo, e il suo video ripropone, con gesti lentissimi e misurati, l’effetto sui corpi e sui volti di quell’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta.

Dal punto di vista tecnico, una scena di pochi secondi viene dilatata attraverso un rallentamento estremo, grazie all’utilizzo di una telecamera speciale in grado di ottenere trecento fotogrammi al secondo: un evento apparentemente comune, come l’incontro tra due donne, diventa il teatro dove mettere in scena gesti, espressioni, movimenti.

Le performance di Abramović

L’artista serba Marina Abramović (1946-) fin dagli anni Sessanta esplora nelle sue opere le relazioni tra l’artista e il suo pubblico e, insieme, i limiti del corpo umano: la sua arte si muove così tra i fragili confini della Performance Art e della Body Art, cioè un’arte che utilizza il corpo stesso dell’artista come materiale per produrre un’opera. Al MoMA di New York, dal 14 marzo al 31 maggio del 2010, in The Artist is Present (93) (“L’artista è presente”) Marina Abramović si è messa a disposizione del pubblico, in una grande sala vuota, dove è stata seduta immobile per sei giorni alla settimana, dall’apertura alla chiusura delle porte del museo, ospitando uno alla volta gli spettatori sulla sedia posta di fronte di lei. Il film che documenta la performance riprende gli impercettibili movimenti dell’artista, mentre alza lo sguardo ogni volta sulla persona che ha di fronte e le si dedica, senza distrazione alcuna, per tutto il tempo che l’altro desidera.

  ricorda
Video, Performance e Body Art
  • Il video è uno dei nuovi mezzi espressivi
  • La performance è un’azione artistica di natura                                                           
  • Nella Body Art l’artista usa il suo                                                           per creare l’opera

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi