La Graffiti Art

arte nello spazio

La Graffiti Art

Le scritte e i disegni di denuncia negli spazi urbani diventano una nuova espressione artistica

Alla fine degli anni Sessanta a New York, che nel dopoguerra si impone come la nuova capitale da cui si irradiano stili e tendenze, si diffonde una nuova moda: scrivere con bombolette spray nei tunnel, nelle stazioni della metropolitana, nei vagoni dei treni.

I writer (cioè gli autori dei graffiti) mescolano le loro firme – in inglese tag – a disegni astratti o figurativi, uniti a frasi di provocazione.

Si tratta della Graffiti Art (o Graffitismo), un nuovo movimento che si diffonde nelle strade e negli spazi cittadini. Un’arte che in qualche caso è amata anche da critici, galleristi e collezionisti, ma che quasi mai passa ai luoghi istituzionali per volere degli stessi autori: per loro portare un graffito in una galleria d’arte vuol dire in qualche modo tradirne il messaggio iniziale, spesso legato ai temi di denuncia sociale e politica.

Basquiat e il riscatto sociale

Per molti graffitisti l’arte è una forma di riscatto da una situazione di emarginazione: è il caso, per esempio, di Jean-Michel Basquiat (1960-1988).

Di padre haitiano e madre portoricana, nella sua breve vita Basquiat lotta costantemente per affermarsi in una società razzista e competitiva.

I suoi graffiti e le sue tele sono istintivi e quasi aggressivi: tracciati con pochi segni neri, raffigurano figure mostruose e provocatorie, talvolta tratte dal mondo dei fumetti. Così accade, per esempio, in Piano Lesson (82), dove i personaggi di Batman e Robin si mescolano a scritte talvolta incomprensibili, simboli e segni: nel caos del mondo contemporaneo non c’è davvero spazio per i supereroi.

Gli omini colorati di Haring

In un panorama fatto di artisti che spesso vivono ai margini della società, la figura di Keith Haring (1958-1990) è una sorta di eccezione: cresciuto in una famiglia benestante, studia prima a Pittsburgh e poi a New York nelle migliori scuole d’arte.

Ben presto tuttavia Haring riconosce nel graffito la sua strada, e lo usa come forma di denuncia: dipinge di notte, in modi considerati illegali, e si ritrova spesso a scappare dalla polizia. A differenza di molte sue opere, che sono state eliminate o cancellate, un suo gigantesco graffito, Tuttomondo (83), si trova in Italia, a Pisa: Haring tempo prima aveva infatti incontrato a New York un giovane studente pisano, che lo aveva invitato a trascorrere un periodo di soggiorno nella città toscana.

In Italia l’artista ha la possibilità, d’accordo con il comune di Pisa e il parroco, di decorare il muro esterno del convento di Sant’Antonio Abate, gravemente danneggiato dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. In soli quattro giorni, nel 1989, Haring imbianca l’enorme parete di 180 metri quadrati, e con l’aiuto di alcuni studenti disegna in nero i contorni delle figure, per poi riempirli di colori vivaci.

Incalzato dai giornalisti a dare un nome al murale, Haring sceglie Tuttomondo, un titolo che vuole esprimere la speranza in un futuro in cui convivenza, pace e solidarietà siano i valori principali.

Banksy, un artista enigmatico

Ai giorni nostri, una delle figure più emblematiche nel campo del Graffitismo è l’artista noto con il nome di Banksy. Nonostante siano state fatte numerose ipotesi, la sua identità resta segreta: è probabilmente originario di Bristol, in Inghilterra, e dovrebbe essere nato tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento.

Nel mondo artistico occidentale Banksy sfida l’ultimo mito, quello dell’anonimato, proteggendo con cura la sua identità e il suo nome. Eppure le sue opere compaiono in tutto il mondo, annunciate dal suo sito ufficiale (www.banksy.co.uk) dove è l’artista a controllare le informazioni sul suo conto.

Banksy ha uno stile inconfondibile e le sue opere sono realizzate con la tecnica dello stencil: in studio crea una maschera sagomata e sul luogo, in pochissimo tempo, usando la maschera come guida, spruzza vernice spray, solitamente nera e con pochi tratti di colore. I graffiti sono molto semplici, ma trasmettono messaggi importanti: le sue opere provocatorie sollevano infatti domande sul mondo contemporaneo, sulle guerre, sulla società dei consumi.

Flower Thrower (84) (“Lanciatore di fiori”) è comparso per la prima volta su un muro di Gerusalemme, città simbolo di scontri religiosi e attentati. L’opera raffigura un uomo con il volto coperto che sta lanciando non una bomba ma un mazzo di fiori: forse, anche per una città dilaniata dalla guerra, esiste una speranza di pace.

  ricorda
La Graffiti Art
  • Il writer usa le bombolette spray per scrivere nelle                                                           e negli spazi urbani
  • Artisti simbolo negli Stati Uniti sono stati                                                           e                                                          
  • Oggi è noto a livello internazionale Banksy, artista che usa la tecnica dello                                                          

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi