LE TECNICHE - La fotografia

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La fotografia

Agli inizi dell’Ottocento l’invenzione della fotografia permette di produrre immagini registrando la luce emanata da oggetti, persone, paesaggi su una superficie fotosensibile, cioè in grado di reagire alla luce.

Fin dai suoi esordi la fotografia viene percepita dagli artisti come uno strumento utilissimo e un prezioso strumento di lavoro: gli impressionisti, per esempio, grazie alle fotografie possono studiare nuovi tipi di inquadrature; inoltre le foto permettono di analizzare la luce e cogliere il momento. La diffusione di un mezzo che cattura la realtà così com’è permette anche agli artisti di rivoluzionare il ruolo della pittura: l’arte non deve più solo raffigurare la realtà, ma può rappresentare anche l’interiorità e i sentimenti dell’artista.

Materiali e procedimenti

L’antenata della macchina fotografica è la camera ottica, messa a punto alla fine del Settecento (vedi p. 358), che permetteva di proiettare l’immagine, ma non di fissarla su una nuova superficie. Fondamentali per lo sviluppo della tecnica fotografica furono dunque i progressi compiuti nel campo della chimica, grazie ai quali fu possibile fissare e trattenere la luce sui diversi materiali.

Agli inizi dell’Ottocento l’inglese Thomas Wedgwood sperimenta l’utilizzo del nitrato d’argento: si accorge che fogli di carta immersi in questo liquido trattenevano la luce. Il problema, però, è che le immagini impresse non erano stabili: esposte nuovamente alla luce, sbiadivano e si cancellavano velocemente.


Il dagherrotipo. Gli studi continuano in Francia: nel 1837 Louis-Jacques-Mandé Daguerre (Parigi, 1787-1851), dopo molti esperimenti falliti, realizza la prima fotografia vera e propria, che chiama, dal suo stesso cognome, dagherrotipo. Il dagherrotipo si ottiene partendo da una lastra di rame su cui è stato applicato uno strato d’argento, che diventa sensibile alla luce grazie ai vapori di iodio. Si trattava di un’immagine non riproducibile e che andava conservata in un astuccio, coperta, perché altrimenti l’argento anneriva rapidamente. Era però molto difficile ritrarre figure umane a causa dei lunghi tempi di esposizione necessari: per realizzare una foto l’obiettivo doveva infatti rimanere aperto per almeno otto minuti. Chi desiderava un ritratto fotografico veniva perciò immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti e rimanere perfettamente fermo.


Lo sviluppo fotografico. Un’invenzione fondamentale avviene nel 1841, quando l’inglese William Talbot inventa lo sviluppo fotografico, che permette di ridurre al minimo i tempi di esposizione: l’immagine appariva grazie a un processo chimico chiamato “sviluppo”, immergendo il foglio in una soluzione di nitrato d’argento e acido gallico.


La diffusione nel mondo. Grazie a questi progressi la fotografia conobbe un’enorme diffusione, in Europa e negli Stati Uniti: nel 1850 nella sola New York si contavano più di 80 laboratori fotografici. In Italia, nel 1852 i fratelli Alinari aprirono a Firenze il primo laboratorio fotografico. Molto presto la fotografia divenne un mezzo accessibile a tutti: nel 1889 la Kodak mise in vendita al prezzo di 25 dollari un apparecchio fotografico portatile, lanciato dallo slogan “Tu premi il bottone, noi facciamo il resto”. Al suo interno si trovava una pellicola, cioè un nastro su cui si imprimeva l’immagine.


La fotografia digitale. Negli anni Settanta del Novecento la fotografia conosce una nuova trasformazione: nelle macchine fotografiche, infatti, l’immagine non viene più proiettata su una pellicola ma su un dispositivo elettronico sensibile alla luce, il sensore. Nasce così la moderna fotografia digitale.

Le vie dell'arte - volume B
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Dalla preistoria a oggi