La “bomba demografica” in Asia e Africa
Tra il 1950 e il 2000 la popolazione mondiale conobbe un drammatico incremento (da due miliardi e mezzo a oltre sei miliardi), concentrato soprattutto nei paesi poveri (da oltre un miliardo e mezzo a quasi cinque miliardi). Mentre il tasso di mortalità è caduto in molte regioni del mondo, i tassi di natalità restano estremamente differenziati: se in Europa, dagli anni Settanta si rasenta la “crescita 0”, il numero di neonati rimane particolarmente alto nell’Africa subsahariana, Cina e India.
Politiche di controllo delle nascite
Negli anni Cinquanta e Sessanta forme di pianificazione familiare erano escluse da regimi di varia ispirazione socialista, i quali, al contrario, facevano della crescita demografica una prova della propria capacità di determinare il futuro. Dalla metà degli anni Ottanta, tuttavia, Cina e India hanno cominciato a sostenere piani di controllo delle nascite, con risultati in parte divergenti. Mentre in Cina, con gli incentivi della politica del figlio unico, la crescita demografica è rallentata (con una popolazione intorno al miliardo e 400 milioni di persone), in India continua a essere sostenuta (con una popolazione intorno al miliardo e 300 milioni di persone). In Africa (con un miliardo e 250 milioni di persone), gli altissimi tassi di nascite continuano a dipendere dalla precocità dei matrimoni e dall’alta mortalità infantile, insieme alla scarsa diffusione dei moderni metodi di contraccezione, anche a causa di campagne culturali e religiose, contrarie al loro utilizzo. Inoltre, le politiche avviate negli anni Ottanta non hanno contribuito a realizzare il principale presupposto per la riduzione del numero di nascite: una radicale trasformazione delle condizioni sociali ed economiche, quali l’alleviamento della povertà, l’innalzamento dell’età matrimoniale, il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della donna la maggiore attenzione per lo sviluppo dell’infanzia e l’allungamento delle aspettative di vita.