La televisione italiana
In Italia le prime prove sperimentali di trasmissione televisiva furono avviate negli anni Trenta dall’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (Eiar), ma, a causa dell’ingresso in guerra dell’Italia, le sperimentazioni furono sospese. Finita la guerra, il nuovo ente, la Rai (prima Radio audizioni italiane, poi Radiotelevisione italiana), riprese le sperimentazioni nel 1949 e il 3 gennaio 1954 mandò in onda le prime trasmissioni ufficiali.
Le trasmissioni della Rai si rivelarono un potentissimo strumento di unificazione linguistica e culturale, in un paese ancora frammentato, dove dominavano le parlate dialettali e la conoscenza della lingua italiana era patrimonio di una minoranza. Al tempo stesso, la televisione pubblica s’impegnò a veicolare un’educazione morale comune, fondata sul rispetto dell’ordine costituito e dei valori familiari, escludendo quindi i programmi che incitassero all’insubordinazione sociale o presentassero scene erotiche.
Tra i programmi di maggior popolarità figurarono la Domenica sportiva e i telequiz, come Il Musichiere condotto da Mario Riva e Lascia o raddoppia? condotto da Mike Bongiorno. Nel 1957 fu inaugurato il Carosello, una sequenza ben codificata di messaggi pubblicitari preceduti da brevi sketch comici, intermezzi musicali o spettacoli di intrattenimento, che andò in onda ogni sera per dieci minuti fino al 1977. Verso la fine degli anni Cinquanta andò in onda il primo telegiornale, presto affiancato dalle trasmissioni di dibattito politico come Tribuna politica e Tribuna elettorale.
Con espliciti scopi didattici, tra il 1958 e il 1967 fu trasmesso il programma Non è mai troppo tardi, rivolto al pubblico degli analfabeti, ancora numerosi in Italia, con l’intento di prepararli all’esame per il conseguimento della licenza elementare. Grande fortuna ebbero anche gli adattamenti televisivi di grandi romanzi (come Pinocchio), i cicli dedicati a grandi registi e la ripresa di serie televisive americane (da Rin Tin Tin al Dottor Kildare).
Intorno alla metà degli anni Settanta sorsero le prime emittenti commerciali private, tra le quali emerse con forza l’iniziativa di Fininvest, guidata dall’imprenditore milanese Silvio Berlusconi. Nel corso degli anni Ottanta, nonostante una dura battaglia politica e legale intorno alla regolamentazione delle concessioni pubbliche per le trasmissioni televisive, in cui giocò un ruolo decisivo il presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi, i principali canali di Berlusconi (Canale 5, Italia 1 e Rete 4) dettarono il nuovo palinsesto televisivo degli italiani, basato sull’intrattenimento leggero. Trasmissioni come Drive In contribuirono a creare un nuovo immaginario collettivo, pronto a congedarsi dal tradizionale moralismo che aveva dominato l’Italia fino ad allora.