13.5 L’onda lunga del ‘68
La contestazione studentesca
Al di là delle contingenze politiche e partitiche, l’Italia in quel giro di anni si inseriva in un vasto processo di trasformazione della società e dell’economia, che in vari modi e gradi coinvolgeva tutto l’Occidente e che si traduceva nella rivendicazione di “rinnovamento”. Nuovi spazi di contestazione verso l’insufficienza o l’inefficienza delle “riforme” si aprirono tanto all’interno del Pci quanto alla sua sinistra. Si fecero strada le accuse contro la “Resistenza tradita”, ossia contro l’esito – considerato deludente – della lotta di liberazione antifascista nello Stato dominato dalla Democrazia cristiana.Sotto lo slogan di una «nuova Resistenza» nacquero dunque numerosi movimenti collettivi, che coinvolsero un numero crescente di donne; essi erano l’espressione di una nuova società giovanile che aspirava a modificare in profondità i propri stili di vita e le proprie aspettative nel futuro. Questo nuovo attivismo trovò un precoce momento di espressione nel moto di solidarietà con cui molti ragazzi intervennero a Firenze, dopo l’alluvione del 1966 [ 11].
I movimenti degli anni Sessanta
I giovani protagonisti della contestazione erano ispirati da ideologie confuse di ispirazione vagamente marxista, che esprimevano una radicale volontà di partecipazione e di mutamento. I movimenti studenteschi che prendevano forma in quegli anni rappresentarono un fenomeno trasversale che, con le specifiche differenze, coinvolse i giovani di molti paesi europei di entrambi i blocchi [▶ cap. 12.4-12.5] in nome di un rinnovamento della società. Una presa crescente esercitarono esotiche mitologie rivoluzionarie provenienti dalle esperienze di lotta armata in America Latina come in Estremo Oriente (Che Guevara, Fidel Castro, Mao Zedong, Ho Chi Minh), che suscitavano atteggiamenti di fascinazione per l’insurrezione violenta.In Italia, andò componendosi un universo di ▶ gruppuscoli rivoluzionari (divisi da forti rivalità), per lo più ispirati al marxismo-leninismo, che muovevano severe critiche alla strategia parlamentare e riformista del Partito comunista, in quanto erano convinti dell’imminenza della rivoluzione anticapitalistica e antiborghese in Occidente [ 13]. Gli studenti italiani seguirono con passione le vicende europee e globali di quell’anno, dall’offensiva del Tet in Vietnam [▶ cap. 12.3] al Maggio francese, fino alla Primavera di Praga e alla sua tragica repressione.
L’“autunno caldo”
Nel nuovo contesto sociale creato dal boom economico, la visione marxista della storia, articolata attraverso il conflitto fra il capitale e il lavoro, sembrava corrispondere a una realtà in cui la classe operaia occupava in effetti una posizione centrale. Gli scioperi nell’industria, che riguardarono soprattutto il settore metalmeccanico, raggiunsero la cifra consistente di 230 milioni di ore nel 1968 (equivalente a una giornata di sciopero per quasi 30 milioni di lavoratori): gli operai, che spesso provenivano direttamente dalle campagne o da altre regioni, e subivano anche il disagio dell’inurbamento, si scontrarono con le strutture e i ritmi di lavoro della fabbrica automatizzata su modello fordista [▶ cap. 7.1]. Al tempo stesso, la crescita economica, iniziata nel 1958, si arrestò nel 1963, dando seguito a sei anni di recessione. In questo periodo si riaccesero lotte sociali contro i licenziamenti massicci e furono aperte vertenze contrattuali per alzare i salari.
Storie. Il passato nel presente - volume 3
Dal 1900 a oggi