9.1 L’Europa di Hitler e di Stalin in un nuovo conflitto mondiale

Per riprendere il filo…

Nella seconda metà degli anni Trenta la politica estera aggressiva della Germania nazista (prima con l’intervento nella guerra civile spagnola, poi con l’occupazione dell’Austria e della Cecoslovacchia) divenne una minaccia per l’Europa intera. Tuttavia, di fronte alla volontà di Hitler di rovesciare l’ordine che era stato stabilito dai trattati di Versailles, i governi democratici di Francia e Regno Unito si mostrarono incerti e arrendevoli. L’Unione Sovietica, da parte sua, aveva attraversato violente fasi di trasformazione per tutto l’arco del decennio e, pur propugnando a livello internazionale la politica dei Fronti popolari (lanciata nel 1935 per combattere il dilagare del fascismo), cercava di garantire anzitutto la sicurezza dei propri confini, scendendo a patti anche con la Germania nazista (Patto Molotov-Ribbentrop). Il Giappone, infine, perseguiva vaste ambizioni di conquista a danno della Cina dopo l’invasione militare della Manciuria e di ampie zone della Cina orientale.

9.1 L’Europa di Hitler e di Stalin in un nuovo conflitto mondiale

Le premesse di una nuova guerra totale

A oltre vent’anni dalla conclusione del più violento ed esteso conflitto mai conosciuto dall’umanità – la Grande guerra del 1914-18 – l’Europa e il mondo ricaddero nell’incubo di una nuova guerra totale. Infatti, le persistenti eredità della violenza bellica avevano complicato lo sforzo di ricostruzione dell’ordine europeo. Inoltre, le dure condizioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles nel 1919 avevano causato un senso di malcontento e un’ansia di rivincita nei confronti delle potenze uscite vittoriose dalla guerra. Negli anni Trenta, con l’ascesa di Hitler [▶ cap. 8.2] al cancellierato tedesco, l’obiettivo di sovvertire l’ordine stabilito a Versailles fu quindi realizzato tramite un’aggressiva politica estera, a partire dall’annessione dell’Austria, e poi dall’occupazione della Cecoslovacchia.

Infine, il Patto Molotov-Ribbentrop [▶ cap. 8.7], firmato con l’Urss il 23 agosto 1939, aprì la strada allo scoppio di un conflitto armato generale sul vecchio continente e alla spartizione dell’Europa orientale tra le sfere d’influenza tedesca e sovietica: da un lato, infatti, il patto sanciva un vincolo reciproco di non aggressione fra Germania nazista e Urss, garantendo alla prima la possibilità di invadere la Polonia senza conseguenze e alla seconda di rimandare il conflitto con il potente rivale tedesco; dall’altro, l’accordo conteneva un protocollo segreto (rivelato ufficialmente solo nel 1989), con cui si riconosceva alla Germania il possesso della Polonia occidentale, mentre all’Urss quello della Polonia orientale (oggi parti occidentali di Bielorussia e Ucraina), dei paesi baltici e della Bessarabia, una regione appartenente al Regno di Romania.

L’inizio del conflitto

Oltre all’annessione dei territori europei abitati in maggioranza da popolazioni di cultura e lingua tedesche, quali erano appunto l’Austria e i Sudeti cecoslovacchi, Hitler mirava a invadere la Polonia per risolvere alla radice la controversa questione del “corridoio di Danzica”: la striscia di terra che, attribuita alla Polonia dal Trattato di Versailles, separava la Prussia orientale dal resto del Reich e ospitava la città portuale di Danzica, a maggioranza tedesca ma dichiarata nel 1919 “città libera”.

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Il ministro degli Esteri tedesco Ribbentrop aveva richiesto alla Polonia di permettere la costruzione di un’autostrada e di una ferrovia che collegassero Danzica alla Germania, ma il governo polacco aveva opposto un rifiuto. Così, all’alba del 1° settembre 1939, senza alcuna formale dichiarazione di guerra, tre colonne della Wehrmacht entrarono in Polonia da nord, da ovest e da sud, mentre l’aviazione bombardava Varsavia e la Polonia occidentale. Il 3 settembre, Regno Unito e Francia dichiararono guerra alla Germania, senza però muovere i propri eserciti. Il 17 settembre fu la volta dell’Armata rossa, che entrò in una Polonia già piegata dall’offensiva tedesca occupandone le province orientali, da Vilnius a Leopoli [ 1].

Stati Uniti e Giappone il 5 settembre si erano dichiarati neutrali; anche l’Italia, nonostante il Patto d’acciaio, dichiarò lo stato di non belligeranza.

L’occupazione nazista della Polonia

A fine settembre le truppe tedesche fecero ingresso a Varsavia. L’invasione fu molto più che una campagna militare convenzionale, svolta da un esercito contro l’altro: lo scopo dei nazisti era distruggere il nemico “slavo”, considerato inferiore sotto il profilo razziale, annientando non solo le sue forze militari, ma anche e soprattutto la sua classe dirigente. Hitler stesso aveva affermato che «solo una nazione in cui i livelli più alti sono distrutti può esser sospinta nei ranghi della schiavitù»; in Polonia, egli affidò tale compito alle Einsatzgruppen, unità di riservisti della polizia ordinaria tedesca che si distinsero per la loro brutalità, uccidendo circa 50 000 civili polacchi fra intellettuali, politici, imprenditori, avvocati, ingegneri, mentre le Ss e la Gestapo assumevano il controllo assoluto dei nuovi territori.

La distruzione dello Stato polacco portò alla costituzione di due territori sotto il controllo tedesco: il Warthegau, direttamente annesso al Reich e soggetto a un’intensa germanizzazione, attraverso l’immissione di personale tedesco nelle pubbliche amministrazioni, nelle forze di polizia, nelle ferrovie, nelle scuole, nelle poste; e il Governatorato generale, che comprendeva le aree occupate militarmente dai nazisti ma non annesse al Reich e che divenne il luogo di concentrazione degli oltre due milioni di ebrei polacchi. A Varsavia e a Lodz, infatti, gli ebrei (rispettivamente oltre 400 000 e 150 000) furono radunati in enormi ghetti, costretti a indossare la stella di David gialla come segno identificativo e a essere sottoposti a regolamenti umilianti.

La sovietizzazione dell’Europa nordorientale

L’invasione sovietica della Polonia orientale fu giustificata da Stalin come azione liberatrice dei territori appartenenti all’ex Impero russo, occupati dai polacchi dopo la Grande guerra. Militanti e attivisti polacchi legati a Mosca si mobilitarono per importare il modello sovietico, con l’organizzazione di elezioni per i soviet locali e l’eliminazione dei nemici di classe, mentre la polizia politica sovietica compì una sistematica ondata di arresti (soprattutto fra le élite), imponendo la deportazione di oltre un milione di persone in Kazakistan e in Siberia. A Katyn, nella foresta bielorussa, nell’aprile del 1940 furono fucilati circa 22 000 prigionieri polacchi, fra cui 4000 ufficiali dell’esercito.

Analoghe politiche di assimilazione al sistema sovietico, con il ricorso al terrore e alla deportazione di massa, furono adottate anche nei paesi baltici (Lituania, Lettonia ed Estonia), di cui l’Unione Sovietica si impadronì nella primavera del 1940 sulla base del Patto Molotov-Ribbentrop, e nella Bessarabia, regione rumena occupata durante l’estate. Nel novembre del 1939, intanto, Stalin aveva invaso la Finlandia, ma la strenua resistenza dell’esercito finlandese, oltre che la scarsa preparazione di quello sovietico (indebolito dalle repressioni degli anni precedenti) ostacolarono il piano di una rapida occupazione. Mentre l’Unione Sovietica veniva espulsa dalla Società delle Nazioni per queste aggressioni, la guerra si concentrò per mesi lungo la linea Mannerheim, un fronte di fortificazioni erette dai finlandesi a difesa di un’eventuale aggressione sovietica, che fu superata dall’Armata rossa solo nella primavera del 1940. A quel punto fu firmato un trattato che prevedeva la cessione della Carelia all’Urss, salvaguardando però l’indipendenza e la neutralità della Finlandia [ 2]. La prova militare sovietica nella cosiddetta “guerra d’inverno” fu infelice e illuse Hitler che avrebbe potuto facilmente battere Stalin, una volta regolati i conti con la Francia e il Regno Unito.

Storie. Il passato nel presente - volume 3
Storie. Il passato nel presente - volume 3
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