Il razionalismo italiano
Gli imponenti interventi urbanistici promossi dal regime comportarono spesso la radicale ristrutturazione di interi quartieri già esistenti della capitale, o addirittura il loro abbattimento, come nel caso di quello medievale intorno a San Pietro. Ma le grandi opere riguardarono anche il resto del territorio. Nuovi insediamenti, detti anche “città di fondazione”, furono per esempio edificati nei territori bonificati dalle paludi, soprattutto nel Lazio (nella zona dell’Agro Pontino), come Littoria (oggi Latina), Pomezia, Aprilia e Sabaudia.
Nonostante le sue esigenze celebrative e monumentali, il regime fascista lasciò un certo spazio alla creatività degli architetti, che in questo periodo si espressero prevalentemente, come si è detto, con i linguaggi del razionalismo modernista e nel neoclassicismo. Tra i capolavori dell’epoca va ricordata la Casa del fascio di Como, che fu progettata nel 1932 dal maggior esponente del razionalismo italiano, Giuseppe Terragni (1904-43). L’anno successivo fu invece realizzato l’importante progetto razionalista di Giovanni Michelucci (1891-1990), relativo alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, un’opera capace di integrarsi efficacemente nel tessuto urbano fiorentino.