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La città del fascismo

In molte città italiane è possibile imbattersi in alcune delle eredità più vistose e durature che il regime fascista ha lasciato: monumenti, edifici pubblici e privati, spazi urbani di tipo celebrativo o funzionale. Nel Ventennio, infatti, urbanistica e architettura si posero al servizio del regime e delle sue esigenze di grandezza monumentale, finalizzate a esaltare la nazione e l’impero.

La Roma fascista

Fu soprattutto a Roma che si materializzò la volontà di costruire la capitale di una nuova civiltà, fondata sul richiamo alla romanità antica. Un possibile itinerario attraverso la Roma fascista parte dal Foro italico (già Foro Mussolini), si snoda per via della Conciliazione, incrocia la via dei Fori imperiali (allora via dell’Impero) e si allarga infine all’area archeologica compresa tra piazza Venezia e il Colosseo.

Una vera e propria impresa fu la costruzione integrale del Quartiere dell’Eur, concepito per l’Esposizione universale che era in programma a Roma nel 1942, ma che non si tenne per lo scoppio della Seconda guerra mondiale (molti di questi edifici furono poi completati in vista delle Olimpiadi di Roma del 1960). Nelle realizzazioni monumentali dell’Eur, l’architettura classica romana era rivisitata dagli architetti italiani del periodo, alla luce delle istanze moderniste e razionaliste, tipiche dei movimenti artistici e architettonici internazionali che, nella prima metà del secolo, cercavano nuove forme di espressione, in parte richiamandosi all’antichità, in parte promuovendo una nuova attenzione per l’equilibrio delle forme e l’armonia fra le parti.

Il razionalismo italiano

Gli imponenti interventi urbanistici promossi dal regime comportarono spesso la radicale ristrutturazione di interi quartieri già esistenti della capitale, o addirittura il loro abbattimento, come nel caso di quello medievale intorno a San Pietro. Ma le grandi opere riguardarono anche il resto del territorio. Nuovi insediamenti, detti anche “città di fondazione”, furono per esempio edificati nei territori bonificati dalle paludi, soprattutto nel Lazio (nella zona dell’Agro Pontino), come Littoria (oggi Latina), Pomezia, Aprilia e Sabaudia.

Nonostante le sue esigenze celebrative e monumentali, il regime fascista lasciò un certo spazio alla creatività degli architetti, che in questo periodo si espressero prevalentemente, come si è detto, con i linguaggi del razionalismo modernista e nel neoclassicismo. Tra i capolavori dell’epoca va ricordata la Casa del fascio di Como, che fu progettata nel 1932 dal maggior esponente del razionalismo italiano, Giuseppe Terragni (1904-43). L’anno successivo fu invece realizzato l’importante progetto razionalista di Giovanni Michelucci (1891-1990), relativo alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, un’opera capace di integrarsi efficacemente nel tessuto urbano fiorentino.

Storie. Il passato nel presente - volume 3
Storie. Il passato nel presente - volume 3
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