3.2 Dal febbraio all’ottobre 1917

3.2 Dal febbraio all’ottobre 1917

La caduta della monarchia
Il razionamento alimentare e la mancanza di materie prime nelle industrie avevano peggiorato le condizioni di vita delle masse popolari, soprattutto nelle grandi città. I moti per il carovita – verificatisi nel corso del 1916 in molti dei paesi in guerra – assunsero nell’Impero russo un carattere più acuto che altrove. Di fatto, fu sufficiente che si accendesse la miccia nella capitale (che aveva nel frattempo cambiato il nome da San Pietroburgo – dal suono troppo tedesco – in Pietrogrado) perché in tutto l’impero si producesse un’esplosione rivoluzionaria. A porsi alla testa delle sommosse per il pane dell’8 marzo 1917 (23 febbraio, secondo il  calendario giuliano) furono in particolare le donne, molte delle quali operaie [ 2]. Seguì l’ammutinamento della guarnigione della città, che rifiutò di sparare sui manifestanti, con i quali, anzi, fraternizzò, marciando poi insieme a loro verso il Palazzo d’Inverno, sede della corte. Si avviò così il processo che in meno di una settimana portò all’abdicazione di Nicola II e alla rinuncia al trono da parte di suo fratello, il granduca Michele II.

Il vuoto di potere
Si formò dunque un governo provvisorio, guidato dal liberale Georgij L’vov, che riconobbe le libertà individuali fondamentali, concesse un’amnistia generale per i reati politici e promise la rapida convocazione di un’Assemblea costituente. Sul fronte internazionale, il governo provvisorio assicurò invece alle potenze dell’Intesa l’intenzione russa di continuare la guerra contro gli Imperi centrali. Nonostante la contemporanea introduzione di misure di riforma radicale dell’esercito, finalizzate a sottoporlo a un controllo democratico, questa decisione del governo provvisorio provocò la profonda delusione dei soldati al fronte, che speravano nella fine imminente della guerra.

Nel frattempo, come già nel 1905, cominciavano a costituirsi i soviet, i consigli degli operai e dei soldati, i più importanti dei quali si trovavano a Pietrogrado e Mosca [▶ cap. 1.2]; si trattava di organismi per la partecipazione popolare diretta, in attesa della convocazione della Costituente. Nella primavera del 1917 erano ancora dominati da una maggioranza di socialrivoluzionari e menscevichi, ma nei mesi successivi i bolscevichi ne assunsero l’egemonia. I soviet, influenzati dalle formazioni socialiste e sindacali, esprimevano spesso indirizzi politici divergenti da quelli del governo provvisorio, dominato da forze liberaldemocratiche e costituzionali (con l’eccezione di Aleksandr Kerenskij, vicino al gruppo “trudovico”), e per questo si è spesso parlato di un “dualismo di potere”. In realtà, più che in un dualismo, questa compresenza si traduceva di fatto in un vero e proprio vuoto di potere, poiché non erano stati definiti i criteri della legittimazione politica.

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Nei territori dell’impero la notizia della fine della dinastia Romanov, sul trono da oltre tre secoli ma ormai completamente screditata, fu accolta senza particolari sussulti. Nonostante ciò, i fattori di instabilità continuavano a moltiplicarsi. Nel Caucaso e in Asia centrale crescenti agitazioni sociali e nazionali si innestarono su preesistenti divisioni religiose e tribali. In Ucraina si formò un movimento nazionale, che però doveva fare i conti, nelle città come Kiev o Charkov, con la numerosa componente russa della popolazione, sulla quale l’influenza bolscevica esercitava un peso sempre più significativo. Nel marzo 1917 si giunse alla costituzione della Rada centrale (Assemblea centrale d’Ucraina) che spinse per un accordo con il governo provvisorio russo, contenente la richiesta di autonomia per l’Ucraina.

L’entrata in scena dei bolscevichi
Nell’aprile del 1917, mentre gli Stati Uniti di Wilson entravano nel primo conflitto mondiale, Lenin fece ritorno in Russia da Zurigo attraverso l’Europa in guerra, su un vagone piombato diretto a Pietrogrado [▶ eventi]. In patria, Lenin riprese subito la sua attività rivoluzionaria, pubblicando sulla Pravda, il quotidiano bolscevico, le famose Tesi di aprile [▶ FONTI, p. 115], nelle quali operava una significativa revisione della dottrina marxista. Infatti, mentre secondo Marx il comunismo doveva scaturire dalla fase finale dello sviluppo capitalistico, quindi in paesi industrialmente avanzati, Lenin avanzava l’ipotesi che una rivoluzione socialista fosse possibile anche nell’arretrata società russa. Nel maggio 1917 a Lenin e al bolscevismo si avvicinò Lev Trockij (pseudonimo di Lev Davidovič Bronstejn), fautore di una “ rivoluzione permanente ” che dai paesi meno sviluppati si estendesse anche ai più avanzati.

D’altro canto Lenin, sulla base della lezione del 1905, era anche consapevole che la rivoluzione avrebbe avuto successo solo se fosse stata capace di appropriarsi delle istanze contadine (redistribuzione delle terre) e, come si è già accennato, delle rivendicazioni nazionali (autodeterminazione dei popoli). A suo avviso, infatti, la vecchia ostilità della Seconda Internazionale per il mondo rurale e per i movimenti nazionali privava il processo rivoluzionario di energie fondamentali. Con questi argomenti si lanciò quindi nella battaglia politica in corso, proclamando le parole d’ordine «Tutto il potere ai soviet!» e «Pace, pane e terra» contro le incertezze del governo provvisorio, che continuava a rimandare la convocazione dell’Assemblea costituente.

  eventi

Il treno di Lenin

Nel marzo 1917, alla notizia dell’abdicazione dello zar e delle conseguenti agitazioni scoppiate nella capitale, Lenin decise di partire per Pietrogrado. Francia e Regno Unito non intendevano però permettere il rientro in patria di un oppositore politico dello zar, loro alleato; tuttavia, il capo bolscevico ottenne l’autorizzazione al viaggio dalle autorità tedesche, che gli concessero il lasciapassare per il motivo opposto: la speranza, cioè, che la sua presenza contribuisse a destabilizzare l’Impero russo. Insieme alla moglie Nadežda Krupskaja e ad altri bolscevichi, Lenin partì il 9 aprile e attraversò con un treno blindato – come un «bacillo di peste», secondo il commento del leader conser- vatore britannico Winston Churchill – l’Impero tedesco e la Svezia, prima di giungere, otto giorni più tardi, alla stazione Finlandia di Pietrogrado.

Gli ultimi atti del governo provvisorio
Nei primi giorni di luglio, proprio mentre il generale Brusilov conduceva una vana offensiva contro l’esercito austro-ungarico, a Pietrogrado si scatenò una sommossa (cui contribuirono agenti bolscevichi) che fu però rapidamente repressa [ 3]. Il governo provvisorio, ora guidato da Aleksandr Kerenskij, bruciò in questa occasione il proprio residuo consenso popolare. Lenin fuggì in Finlandia, dove scrisse il suo testo programmatico Stato e rivoluzione (pubblicato nel 1918). In agosto il generale Lavr Kornilov tentò a sua volta un colpo di Stato controrivoluzionario, che mirava a contenere le spinte disgregative dell’Impero. Il suo fallimento, in realtà, ne accelerò la disintegrazione: i bolscevichi, che presero parte in prima linea alla lotta contro il colpo di Stato, videro crescere notevolmente la propria influenza. Kerenskij restò a capo del governo, ma i bolscevichi conquistarono la maggioranza assoluta nei soviet di Pietrogrado e di Mosca.

Nel frattempo si aggravava la crisi dell’esercito, con la moltiplicazione dei casi di diserzione, spesso stroncati con la fucilazione, e la fuga dei soldati dai propri reparti, che abbandonavano per raggiungere i movimenti di liberazione nazionale e combattere per i diritti della “propria” patria.

Storie. Il passato nel presente - volume 3
Storie. Il passato nel presente - volume 3
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