3.1 L’Impero russo in guerra

Per riprendere il filo…

La grave e inattesa sconfitta zarista nella guerra contro il Giappone (1904-05) aveva dato avvio a profonde trasformazioni nell’Impero russo. La rivoluzione del 1905 aveva condotto all’instaurazione temporanea di un regime liberale, portando nei territori imperiali una ventata di aspirazioni democratiche simili a quelle del 1848 europeo. Presto, però, le tendenze alla repressione e all’autoritarismo ripresero con più vigore di prima. Così, nonostante le spinte alla modernizzazione in atto nelle campagne e nelle città, l’Impero di Nicola II giunse alla vigilia della Grande guerra come una compagine statale ancora in gran parte segnata dall’arretratezza e attraversata da violenti conflitti sociali e nazionali.

3.1 L’Impero russo in guerra

I costi della guerra
La Grande guerra e il processo rivoluzionario avviatosi nell’Impero russo nel 1917 sono fenomeni strettamente legati tra loro. Lo sforzo bellico, infatti, mise a durissima prova la società e l’economia russe, spingendo entrambe al collasso. L’esercito zarista – il “rullo compressore”, come veniva chiamato per via della sua forza d’urto apparentemente irresistibile – giunse ad arruolare fino a 15 milioni di effettivi, a un prezzo altissimo, soprattutto per le popolazioni rurali: tra l’agosto 1914 e il febbraio 1917 morirono infatti oltre 2 milioni di soldati, la maggior parte dei quali contadini.

Negli anni del conflitto, lo Stato svolse un ruolo di primo piano nell’organizzazione e nella mobilitazione dell’economia per le esigenze belliche, ricorrendo a misure come la requisizione di grano per gli  ammassi destinati alle città o il ricorso ai prigionieri di guerra per il lavoro forzato. Nonostante ciò, la carenza di manodopera maschile, l’inflazione, la proliferazione del  mercato nero, l’insufficienza della rete ferroviaria e l’isolamento dell’impero dai rifornimenti degli alleati resero le condizioni economiche del paese drammatiche. Al fronte, la durezza delle condizioni di vita portò a un grave deterioramento delle relazioni sociali; nelle retrovie, si fece ricorso a vaste misure di repressione preventiva.

Per assicurare la tenuta del fronte interno furono organizzate deportazioni che riguardarono dapprima i cittadini di paesi nemici, come i tedeschi, poi le minoranze considerate inaffidabili e passibili di tradimento, come gli ebrei. Furono spostate con la forza fino a un milione di persone. A questi si aggiunsero circa 6 milioni di rifugiati in fuga dalle zone di guerra, che con i loro flussi migratori mutarono profondamente la composizione nazionale e sociale dei territori occidentali dell’impero. In un quadro quanto mai caotico si moltiplicarono le violenze contro le popolazioni civili da parte dell’esercito zarista e i pogrom contro le comunità ebraiche [▶ fenomeni, p. 110]. Per contraccolpo, si intensificarono le agitazioni antirusse nei territori periferici dell’impero che erano anche quelli più direttamente coinvolti dalle operazioni belliche, dove si verificò una netta radicalizzazione dei movimenti nazionalisti. Le prime agitazioni sorsero nell’estate del 1916 in Asia centrale, dove il potere delle autorità imperiali era visto sempre più come un dominio che calpestava i diritti delle società musulmane locali e il rifiuto della guerra (la protesta ebbe origine dalla resistenza a una nuova leva di giovani, che sarebbero stati sottratti ai lavori dei campi per sostenere la produzione bellica o per combattere al fronte) assunse il significato di una rivolta anticoloniale.

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  fenomeni

pogrom nell’Impero russo

Le manifestazioni antisemite, che avevano una lunga tradizione in tutta Europa fin dal tardo Medioevo, avevano dato vita nell’Impero russo a pogrom particolarmente gravi e sanguinosi negli anni Ottanta dell’Ottocento, dopo l’assassinio dello zar Alessandro II, e nei primi anni del Novecento, soprattutto durante la rivoluzione del 1905, quando nella confusione dei moti di protesta, frange antisemite della popolazione si scagliarono contro la comunità ebraica.

Gli ebrei, nell’Impero russo, erano concentrati nella cosiddetta “zona di residenza”, ossia la fascia più occidentale del territorio russo, annessa con la spartizione della Polonia; fu qui, e in particolare nella regione ucraina, che si verificarono i pogrom più gravi. La fase più intensa e virulenta di questo fenomeno coincise con la guerra civile del 1918-22, quando gli episodi di saccheggi e distruzioni delle abitazioni e degli esercizi commerciali ebraici, nonché delle sinagoghe e di altri circoli associativi e religiosi, si moltiplicarono.

Nel caos di questo periodo nacque tra l’altro il mito del “giudeo-bolscevismo”, attraverso il quale i nemici della rivoluzione tendevano a identificare gli ebrei con i bolscevichi. Anche se si trattava di un’associazione arbitraria, molti ebrei, specie giovani, cominciarono percepire i comunisti come una forza a loro favorevole, malgrado le politiche antireligiose. I massacri più terribili si ebbero nel 1919 tra Ucraina e Bielorussia. Essi furono condotti soprattutto da forze irregolari, opposte al nascente regime, o da persone comuni, che trovavano negli ebrei un soggetto su cui riversare risentimenti e frustrazioni private, e nei pogrom un modo per appropriarsi dei loro beni materiali. Ma vi presero parte anche unità degli eserciti, specie bianchi e poi polacchi, ucraini e, su scala minore, rossi.

La crisi della monarchia zarista
Durante la guerra, le gerarchie militari avevano perso ogni fiducia nei vertici politici e, verso la fine del conflitto, i generali spingevano ormai lo zar Nicola II alle dimissioni. Dal canto suo la corte non aveva compreso la gravità della situazione ed era rimasta lontana dalla società, soggiogata dal fascino del monaco siberiano Grigorij Rasputin (ucciso nel dicembre 1916 da una congiura di palazzo), che con i suoi intrighi aveva acquisito un’influenza sempre più importante nelle scelte dello zar [ 1].

I socialisti assunsero invece due atteggiamenti diversi verso la guerra: tra i menscevichi e i socialrivoluzionari erano dominanti le correnti che sostenevano il difensivismo rivoluzionario, cioè l’“unione sacra” di tutte le forze politiche che erano critiche verso gli obiettivi imperialisti dello zar, ma disponibili a difendere la patria; tra i bolscevichi a prevalere era invece il disfattismo rivoluzionario, che auspicava la sconfitta in guerra come fattore che avrebbe accelerato l’avvio di una rivoluzione. Infatti, il gruppo bolscevico guidato da Vladimir Lenin, dopo il traumatico scioglimento della Seconda Internazionale socialista nell’estate del 1914 [▶ cap. 2.2], si era radicalizzato in particolare sulla questione dell’avversione alla guerra. Mentre si trovava in esilio in Svizzera a causa della sua attività antizarista, Lenin si era posto alla testa della fazione più intransigente del movimento che, a partire dal settembre 1915, aveva riunito le correnti socialiste contrarie alla guerra nella città svizzera di Zimmerwald. Nel suo testo L’Imperialismo, fase suprema del capitalismo, scritto nel 1916, Lenin sostenne la necessità di trasformare la guerra mondiale in guerra civile, superando il vecchio internazionalismo socialista, avverso al nazionalismo: egli era ormai convinto, infatti, che i movimenti di liberazione nazionale che sarebbero sorti dalla caduta dell’Impero russo (un impero multireligioso e multinazionale) avrebbero svolto un ruolo decisivo nell’avvento di un nuovo ordine sociale e politico.

La scena politica russa alla vigilia della Rivoluzione

Corrente

Esponenti principali

Obiettivi politici

Democratici-costituzionali (“cadetti”)

Georgij L’vov

Pavel Miljukov

Creazione di istituzioni liberaldemocratiche

Laburisti (“trudoviki”)

Aleksandr Kerenskij

Formazione di un governo democratico; redistribuzione delle terre

Socialrivoluzionari

Viktor Cernov

Formazione di una repubblica democratica e federale; socializzazione delle terre

Menscevichi

Julij Martov

Theodor Dan

Formazione di una coalizione socialista per rafforzare le istituzioni democratiche

Bolscevichi

Vladimir Lenin

Conquista del potere con la forza per imporre il comunismo; collettivizzazione delle terre

Storie. Il passato nel presente - volume 3
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