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Ellis Island

L’isolotto di Ellis Island si trova nella baia di fronte alla città di New York e fu a lungo un avamposto militare. Dal 1892 alla sua chiusura nel 1954 esso divenne invece la sede del primo Centro di immigrazione federale statunitense e vide passare circa 12 milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo. Solo alcune di queste conquistarono grande fama (attori come Cary Grant e Rodolfo Valentino, scrittori co­me Isaac Asimov, compositori come Irving Berlin), ma nel complesso i migranti passati per Ellis Island sarebbero stati gli avi di circa 1/3 dell’attuale popolazione americana.

Nonostante i lavori di ampliamento (circa 1000 letti e altrettanti pasti serviti ogni giorno) la struttura stentò a reggere i flussi, soprattutto quando fra 1905 e 1914 gli arrivi erano ormai circa un milione l’anno e gli ufficiali dell’Immigrazione dovevano verificare circa 5000 persone al giorno (il record fu raggiunto il 17 aprile 1907 con 11 747 arrivi). In realtà, a Ellis Island gli immigrati giungevano per lo più in traghetti provenienti dal porto di New York, dove i transatlantici attraccavano (le acque attorno all’isola erano troppo basse) e lasciavano scendere i cittadini americani, i passeggeri di prima classe e qualcuno abile a corrompere i controllori con un dollaro o due: una pratica – pare – abbastanza diffusa a fine Ottocento.

Al loro arrivo al Centro, i migranti passavano una rapidissima visita medica e venivano identificati sulla base delle liste passeggeri fornite dalle compagnie di na­vigazione, il che produceva frain­tendimenti e storpiature dei cognomi (molti erano analfabeti e non anglofoni, perciò non discutevano sul proprio nome), pur senza mai configurarsi come un sistematico e strumentale tentativo di anglizzare i nomi per fa­cilitarne l’assimilazione nella nuova patria. Poi dovevano rispon­dere ad alcune domande sulle loro generalità e sul denaro in loro possesso, poiché il governo pretendeva che avessero un minimo per non gravare sullo Stato (in media 18-25$ dell’epoca, pari a circa 600$ attuali). In caso contrario, erano respinti come “LPC”, ossia Liable to become a Public Charge (“passibile di diventare un peso pubblico”).

Chi non aveva controindicazioni restava di solito dalle 2 alle 5 ore a Ellis Island e poi era accompagnato al traghetto per Manhattan. Chi invece presentava sintomi di malattie fisiche o mentali era segnato con il gesso in base alla patologia (“X” per psicopatie, “H” per cardiopatie, “PG” per gravidanze) e trasferito all’attiguo ospedale per ulteriori accertamenti, le cure del caso (i morti furono in totale circa 3000) e un rapido rimpatrio: la stessa sorte che toccava ai sospetti di simpatie anarcosocialiste e ai criminali, che venivano immediatamente reimbarcati sulle navi che li avevano portati negli Usa, come previsto dalla legge americana.

Nonostante la popolarità delle teorie eugenetiche e le periodiche ondate di xenofobia che si registravano nel paese, nel complesso solo il 2% dei richiedenti fu respinto: una percentuale comunque sufficiente a ribattezzare Ellis Island “L’isola spezzacuore” o “L’Isola delle lacrime”, un soprannome quest’ultimo che però nasceva al contempo dalle esternazioni di gioia degli immigrati già residenti negli Usa che attendevano commossi i loro congiunti in un’area adiacente alla stanza del registro, il cosiddetto Kissing Post. Furono semmai le restrizioni all’immigrazione degli anni Dieci-Venti a ridurre drasticamente gli arrivi, fissando quote predefinite per ogni paese e trasformando Ellis Island principalmente in un centro di detenzione in attesa dei rimpatri. La storia del Centro e dei milioni di uomini e donne che vi passarono è oggi ricostruita nel National Museum of Immigration, che ha sede negli stessi locali teatro di quelle vicende.

Storie. Il passato nel presente - volume 2
Storie. Il passato nel presente - volume 2
Dal 1715 al 1900