15.1 Dalla Seconda Repubblica al Secondo Impero

Per riprendere il filo…

Dopo la Restaurazione e la monarchia orleanista, l’ondata rivoluzionaria del 1848 aveva portato alla nascita della Seconda Repubblica. In un primo momento, il nuovo regime aveva promosso profonde riforme sociali (gli ateliers nationaux, il suffragio universale maschile), che però avevano prodotto la reazione dei moderati, dei conservatori e delle masse contadine, spaventati da possibili derive socialiste. Seguirono nuovi scontri (le “Giornate di giugno”) finché, nel dicembre 1848, il cosiddetto “partito dell’ordine” riuscì a far eleggere presidente Luigi Napoleone. Uomo dal passato rivoluzionario eppure saldo argine contro le derive democratiche e socialiste, il nipote di Napoleone I dava così alla Seconda Repubblica un’impronta più conservatrice, personalistica e non priva di ambiguità.

15.1 Dalla Seconda Repubblica al Secondo Impero

Dalla paralisi politica al colpo di Stato

Il periodo intercorso tra il giugno 1849 e il dicembre 1851 fu caratterizzato da una relativa paralisi politico-istituzionale, generata soprattutto dalle perduranti difficoltà economiche che la repubblica stava attraversando e dall’incessante dibattito parlamentare fra le forze di sinistra e il cosiddetto “partito dell’ordine”. Le prime miravano a fare dei lasciti del Quarantotto un punto di partenza per un’evoluzione in senso democratico e sociale. Il secondo, invece, considerava il nuovo corso controrivoluzionario incarnato da Luigi Napoleone come un punto d’arrivo, ed era disposto a consentire la permanenza in carica del nuovo presidente purché accettasse il programma conservatore.

Eletto con oltre il 70% dei consensi a suffragio universale maschile e intenzionato a prolungare il suo mandato oltre i limiti imposti dalla Costituzione, il presidente era però fautore di un programma non del tutto assimilabile a quello conservatore. Infatti, era sì avverso al socialismo e alla democrazia, ma anche attento alle esigenze delle masse e favorevole a un loro pur limitato coinvolgimento in politica.

Egli attese perciò che la maggioranza conservatrice in parlamento prendesse provvedimenti impopolari che avevano lo scopo di contrastare l’efficace propaganda delle sinistre e di evitarne il successo elettorale. Nel marzo 1850, infatti, i monarchici votarono la legge Falloux sull’insegnamento, che dava libertà alla Chiesa di aprire istituti, sperando che l’istruzione e le attività caritative cattoliche influenzassero le masse in senso antisocialista. Poi, pochi mesi dopo, approvarono una norma che riduceva l’accesso al voto soprattutto di indigenti e operai, privandone un elettore su tre.

A quel punto il presidente prese pubblicamente le distanze dai conservatori, accusandoli – non a torto – di preparare la restaurazione della monarchia. Quindi sostituì il capo dell’esercito a Parigi con un suo fedelissimo e propose all’Assemblea nazionale una revisione costituzionale che gli consentisse la permanenza in carica e ripristinasse il suffragio universale. La revisione fu bocciata, ma per pochi voti. Così, mentre le sinistre sottovalutavano il rischio di un colpo di Stato convinte della capacità del “popolo” di respingere armi in pugno i bonapartisti, fu chiaro che vari conservatori moderati erano disposti a seguire il presidente pur di evitare tanto un ritorno al passato monarchico quanto una vittoria delle sinistre alle successive elezioni.

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Fu così che – fra il 1° e il 2 dicembre 1851 – Luigi Napoleone occupò l’Assemblea e fece arrestare i leader repubblicani e conservatori fra cui Adolphe Thiers, prima orleanista, poi repubblicano e suo sostenitore al momento dell’elezione a presidente, ma conservatore sul piano sociale e contrario a colpi di mano. Al tempo stesso pose Parigi in stato d’assedio, schiacciò nel sangue la resistenza nei quartieri popolari della capitale (la cosiddetta “sparatoria dei Boulevard”) e fece altrettanto nelle campagne, dove però le proteste spesso mischiavano l’attaccamento alla Costituzione (il cui testo era stato diffuso dalla propaganda repubblicana) a più generiche rivendicazioni egualitariste e antipadronali.
Da “principe-presidente” a imperatore
Proprio la spietata repressione (26 000 arrestati di cui quasi 10 000 deportati in Algeria) valse a Napoleone il convinto sostegno delle forze antirepubblicane e antisocialiste: le gerarchie ecclesiastiche, i conservatori non monarchici e quei piccoli proprietari contadini che, pur non profondamente persuasi dalle sue idee, lo consideravano una garanzia di stabilità politica e un baluardo contro ogni minaccia alla proprietà privata. D’altro canto, il golpe di dicembre formalmente non abrogava la repubblica, anzi veniva presentato come il naturale prosieguo dell’era rivoluzionaria da compiersi «soddisfacendo i bisogni legittimi del popolo e proteggendolo contro le passioni sovversive». Non era un caso, infatti, che i primi atti di Luigi Napoleone mirassero da un lato a non allarmare le potenze straniere con lo spettro di una Francia nuovamente aggressiva, dall’altro a guadagnare il supporto dei tanti votanti che si erano polemicamente astenuti alle elezioni (il37% degli aventi diritto), ergendosi a tutore del popolo, ripristinando il suffragio universale in vista delle imminenti consultazioni e annunciando una nuova Costituzione.

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In pratica, però, proprio la nuova Carta pose da subito le basi per l’affermazione di un regime personale guidato da un “principe-presidente” con amplissimi poteri, coadiuvato da un parlamento eletto a suffragio universale maschile ma attivo solo tre mesi all’anno e privo di ▶ iniziativa legislativa. In questa veste, Napoleone poté pilotare le elezioni del febbraio 1852, agevolando i candidati “ufficiali” (sostenuti apertamente dal governo) e limitando come non mai la libertà di stampa. Poi fece approvare da un plebiscito il ▶ senatoconsulto con cui – il 7 novembre 1852 – il Senato aveva modificato la Costituzione repubblicana ripristinando il titolo di imperatore, in modo da potersi proclamare «imperatore dei francesi con il nome di Napoleone III»: un nome che da sé legittimava la svolta sia mediante il legame con la dinastia napoleonide sia con il richiamo alla nazione come fonte del potere [ 1].

Di nuovo, Napoleone III si sforzò subito di tranquillizzare le cancellerie europee, rassicurandole sul fatto che – come aveva affermato sin dall’ottobre precedente – «Impero significa pace». E in fondo ci riuscì, se il nuovo regime fu riconosciuto, pur malvolentieri, da tutti i principali sovrani a eccezione dello zar [ 2] .

Storie. Il passato nel presente - volume 2
Storie. Il passato nel presente - volume 2
Dal 1715 al 1900