3. L’espansionismo europeo

3. L’espansionismo europeo

Il declino portoghese e le fortune degli olandesi in Asia
La sfida per l’egemonia sul continente europeo ebbe importanti ripercussioni a livello globale. Il rafforzamento interno di alcuni Stati si tradusse in una più intensa iniziativa verso l’esterno: furono creati avamposti commerciali e colonie entro cui si mossero operatori economici privati e strutture di appoggio militare [ 7].

L’Impero portoghese perse le sue posizioni di monopolio in Asia, andando incontro a una fase di decadenza. Ad approfittarne furono principalmente gli olandesi che ampliarono la flotta mercantile, costituita da unità agili, veloci e condotte da equipaggi ridotti. Un ruolo centrale fu coperto dalla Compagnia delle Indie Orientali, le cui risorse finanziarie derivavano dalla vendite di quote sociali, con un meccanismo in parte simile a quello di una moderna società per azioni. La sua attività fu garantita anche da un massiccio uso delle armi: in tal modo fu possibile gestire le piantagioni, controllare il lavoro degli schiavi, placare le ribellioni delle popolazioni locali, contendere porti e tratte commerciali alla concorrenza e respingere gli attacchi dei pirati.

L’affermazione del primato inglese

Il sistema olandese cominciò a mostrare le prime incrinature fra il XVII e il XVIII secolo: il controllo della produzione e degli scambi comportava spese militari ingenti, facendo di conseguenza accrescere anche il costo di merci e rendendole meno competitive sul mercato. I francesi riuscirono ad approfittarne solo in minima parte, costruendo pochi avamposti stabili. Pesante fu invece l’influenza dell’Inghilterra, che riuscì ad approfittare della crisi dei grandi imperi (la Persia dei Safavidi, l’India moghul e la Cina dei Qing [ 8]) per imporre i propri prodotti sui mer cati asiatici. Gli inglesi affermarono così la loro presenza sulle tratte più ambite, stipularono accordi con i funzionari locali e riuscirono a evitare l’uso della forza. I principali centri di attività furono stabiliti nel subcontinente indiano (nel Bengala, nel Gujarat e nel Coromandel).

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Il continente africano e gli europei
Spagna, Inghilterra, Francia e Paesi Bassi diressero le loro attenzioni verso la costa occidentale dell’Africa, ma non riuscirono a entrare nel cuore del continente. Oltre alle malattie che falcidiavano i nuovi arrivati, fu l’Impero Oyo a frenare gli appetiti degli europei: dopo il tramonto dell’Impero Songhai, alla fine del XVI secolo, questo nuovo apparato politico fu capace, nel corso del Seicento, di diventare un punto di riferimento per tanti piccoli regni, raccogliendo le forze militari necessarie per tenere i nemici lontano dall’entroterra [ 9]. Sul versante orientale, l’Impero Rozwi affermò la sua egemonia sull’altopiano dello Zimbabwe, mentre la regione centrorientale dei Grandi laghi, tradizionalmente suddivisa in tanti piccoli regni, fu interessata dalla nascita di un organismo politico forte intorno al Buganda.

Gli equilibri di queste terre furono comunque segnati dal commercio triangolare [ 10], soprattutto nell’area compresa fra la Guinea e il Sudan Occidentale. I motori di questa tratta di esseri umani furono principalmente spagnoli, portoghesi e inglesi. Gli operatori agivano per conto di poteri politici o di interessi privati: vendevano prodotti finiti (armi e tessuti in particolare, ma anche bevande alcoliche) in Africa ottenendo in cambio schiavi che venivano trasformati in forza lavoro nelle Americhe, dove venivano sfruttati nelle grandi piantagioni e nelle miniere. Le popolazioni dell’area subsahariana pagarono sulla loro pelle gli effetti di questo meccanismo perverso, finendo in un’interminabile spirale di violenza. Divennero infatti sempre più frequenti incursioni e rapimenti organizzati da fazioni e gruppi criminali alla ricerca di veloci guadagni, intenzionati ad appropriarsi di esseri umani da poter vendere come merce [ 11]. L’abolizione della schiavitù fu avviata solo nel corso dell’Ottocento: si calcola che gli schiavi africani deportati in America furono circa 12 milioni.

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L’impatto della Francia e dell’Inghilterra sull’America del Nord

Nelle Americhe, la presenza inglese e francese si affiancò in maniera sempre più corposa a quella spagnola. Mercanti, missionari, coltivatori e soldati contribuirono a formare centri fortificati, sviluppando attività produttive e commerciali, trovando forme di convivenza o scontrandosi con le popolazioni dei nativi. Luigi XIV impose nel 1663 il controllo diretto della corona sull’immenso territorio – che andava da Canada e Terranova fino alla Bassa Louisiana – denominato Nuova Francia [ 12], affidandosi a governatori che dovevano sovrintendere le forze armate e gestire i rapporti con le popolazioni indigene. Il rispetto delle leggi e la gestione delle finanze furono delegati a intendenti che dovevano obbedire alle direttive del ministro Colbert. Molte persone – circa 50 000 – furono incoraggiate ad attraversare l’oceano e a stabilirsi nell’America settentrionale: si cambiò in tal modo la fisionomia di un dominio che, fino ad allora, era stato quasi esclusivamente commerciale.

Furono invece più di 700 000 gli inglesi che arrivarono nelle Americhe, stabilendosi in gran parte lungo le coste atlantiche. Erano spinti dal desiderio di una vita più agiata, dalla ricerca di fortune economiche ma anche da motivazioni religiose. Molti di essi si misero al seguito di predicatori che intendevano diffondere la fede cristiana in maniera radicale e senza dover sottostare ai precetti della Chiesa anglicana, giudicata troppo vicina a quella cattolica. I rapporti con i nativi furono controversi, spesso sospesi fra conflittualità e volontà di collaborazione: in alcuni casi, gli scambi di materie prime, cibo, merci furono decisivi per la stabilizzazione delle nuove comunità. È quello che accadde, per esempio, proprio alla colonia di Jamestown (fondata nel 1607), che dopo decenni di tensioni e rappresaglie integrò i superstiti delle tribù dei powhatan insieme ad altri gruppi di origine africana.

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Le 13 colonie e la nuova geografia del continente

Agli inizi del XVIII secolo i nuclei coloniali inglesi sulla costa atlantica erano 13, indipendenti l’uno dall’altro ma tutti subordinati alla madrepatria. La corona britannica non stabilì confini a occidente per i migranti, lasciando ampi margini di azione per l’occupazione di nuovi territori e ponendo le basi per disegnare una nuova geografia politica della porzione settentrionale del continente.

Questo orientamento favorì l’insorgere di contrasti con la Francia, animata da notevoli interessi commerciali e politici. Anche olandesi e spagnoli mantennero un atteggiamento intraprendente, cercando di esercitare il proprio controllo sulle trattative con i nativi. Questi ultimi decisero di non rimanere neutrali nella contesa fra europei. Cercarono di volta in volta alleati per preservare le attività economiche più remunerative, prima fra tutte la caccia, che consentiva di scambiare pelli di daino, alce, procione, scoiattolo e castoro con i mercanti del vecchio continente in cambio di armi e alcol [ 13].

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L’America del Centrosud
Nel settore centromeridionale del continente americano, gli spagnoli estesero la loro presenza a nord del Messico fino a raggiungere i territori dell’attuale Texas e della California, mentre a sud si spinsero dalla Cordigliera delle Ande all’area più interna. Acquisì sempre maggiore importanza l’attività estrattiva di materie prime e metalli preziosi come oro e argento, usati anche per la produzione di gioielli che arrivarono sui mercati di tutto il pianeta.

L’agricoltura manteneva un carattere estensivo e faceva leva sull’impiego di numerosi schiavi africani, affiancati dalle popolazioni meticce e dagli indios, tutti costretti a lavorare per paghe misere. Nell’area del Rio de la Plata si sviluppò la città di Buenos Aires, che divenne uno snodo importante per gli scambi con la madrepatria [ 14]. In Brasile, quasi sempre rimasto in mani portoghesi, furono scoperte alla fine del Seicento nuove miniere di metalli preziosi nella regione di Minas Gerais, anche se la speculazione su queste risorse si andò rapidamente esaurendo. Le Antille – divise fra inglesi, francesi e olandesi – furono coperte da ampie coltivazioni di canna da zucchero, nelle quali trovarono una morte prematura molti degli uomini caduti nella rete del commercio triangolare, vittime di uno sfruttamento atroce.

Strategie commerciali e relazioni politiche
Le attività produttive e commerciali non erano condizionate solo dalle dinamiche di domanda e offerta determinate dal mercato, ma anche dalla presenza di regimi politici talvolta capaci di sottomettere territori enormi e di creare le condizioni adatte per favorire alcune tratte, ostacolandone altre. Le traiettorie di connessione fra Europa, Asia e Africa, per esempio, furono percorse da compagnie commerciali inglesi, olandesi e francesi, capaci di trarre vantaggi dai rapporti con lo Stato ottomano, con i Safavidi e l’Impero moghul. Nello spazio più a est,invece, si presentava il problema di stabilire un rapporto con grandi  apparati egemonici. Quello cinese aveva trovato il suo punto di riferimento nella dinastia Qing, capace di far rientrare territori ampi in un sistema produttivo e commerciale abbastanza omogeneo, fino a esercitare un influsso sulle economie del Tibet, del Turkestan e della Mongolia. Nel frattempo, come abbiamo visto, la Russia allargava la sua sfera di influenza fino al cuore dell’Asia settentrionale, inglobando gradualmente la Siberia in tutti i suoi complessi aspetti produttivi e commerciali.

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I flussi migratori
 Stimolati di volta in volta da motivazioni economiche, politiche o religiose, i flussi migratori ebbero effetti rilevanti tanto nelle società che perdevano popolazione, tanto in quelle che ne guadagnavano. In Africa, in regioni come il Congo, l’Angola e la Costa d’Oro la popolazione maschile si ridusse drasticamente: gli uomini erano più ricercati dai mercanti di schiavi per via della durezza del lavoro nelle piantagioni e nelle miniere. Le donne assunsero quindi un ruolo sempre più importante nella manifattura e nelle coltivazioni; la sproporzione numerica fra i due sessi stimolò anche la diffusione di strutture familiari poligamiche.

Si sperimentarono anche diverse forme di integrazione ed esclusione. Le Americhe furono interessate per esempio dallo sviluppo massiccio di  comunità multietniche dominate da gruppi di origine europea, ma in diverse aree rimasero forti, per lungo tempo, i caratteri identitari di alcuni gruppi di ascendenza africana o delle comunità indigene.

Storie. Il passato nel presente - volume 2
Storie. Il passato nel presente - volume 2
Dal 1715 al 1900