4.4 La Costituzione degli Stati Uniti

4.4 La Costituzione degli Stati Uniti

I difficili equilibri della Costituzione
La guerra provocò enormi danni all’economia americana, anche a causa dell’emigrazione dei fedeli alla corona. Il problema fondamentale della nuova formazione politica fu comunque la ricerca di un accordo fra i diversi Stati, animati dalla voglia di difendere i propri interessi e di mantenere una posizione privilegiata nell’espansione verso Ovest, visto che in quella direzione c’erano le maggiori prospettive di arricchimento. Era quindi necessario da un lato affermare un’autorità interstatale e dall’altro le prerogative e le libertà delle singole ex colonie. Nel 1777 furono approvati gli Articoli di Confederazione che riconobbero al Congresso continentale solo il controllo della difesa e della politica estera. Le prerogative fiscali e il diritto di battere moneta rimasero nelle mani delle autorità delle singole ex colonie.

Tuttavia era forte la consapevolezza che queste divisioni non aiutavano certo l’inizio di un nuovo corso. Gli Stati più ricchi e popolati si fecero promotori della creazione di un governo centrale forte, capace di dare una linea comune a territori ancora dominati da interessi localistici. Iniziò una propaganda intensa, animata da personaggi intraprendenti come James Madison e Alexander Hamilton.

Nel 1786 il Congresso convocò una Convenzione per riscrivere la Costituzione in senso federale, facendo in modo che i diversi soggetti statali potessero delegare parte del loro potere a un soggetto unico. L’assemblea si riunì a Filadelfia fra la primavera e l’estate del 1787 e trovò un accordo sulla stesura di un testo completamente nuovo, in grado di superare gli ormai vecchi Articoli di Confederazione. Così si arrivò il 17 settembre all’approvazione della Costituzione degli Stati Uniti d’America. Secondo le nuove regole, il potere legislativo era affidato a un Congresso che aveva un ampio raggio di competenze (dall’economia alla giustizia) ed era diviso in due rami. Il primo era il Senato, composto da due rappresentanti per ciascuno Stato eletti indipendentemente dal numero di abitanti e in carica per sei anni. I membri del secondo ramo, la Camera, erano invece distribuiti in ragione della popolazione dello Stato che li eleggeva e restavano in carica per soli due anni [▶ fenomeni].
La separazione dei poteri acquisì una fisionomia chiara: nei sistemi europei non si era osservato mai niente di simile, visto che le diverse sfere continuavano talvolta a sovrapporsi anche nei sistemi parlamentaristi. Fu istituita una Corte Suprema come massimo organo giudiziario incaricato di controllare che la legislazione federale e quella dei singoli Stati fossero aderenti ai principi della Costituzione. Al vertice del potere esecutivo era previsto un presidente eletto dal popolo americano, anche se in maniera indiretta: gli aventi diritto al voto di ogni Stato, infatti, designavano dei “grandi elettori” che erano poi responsabili per la scelta della persona da mettere a capo del governo federale. La carica di quest’ultimo poteva durare quattro anni e per decisione di Washington non era rinnovabile oltre i due mandati.

Proprio George Washington fu il primo presidente. Egli poté sfruttare il prestigio guadagnato con le campagne militari durante la Guerra d'indipendenza, ma fu costretto a sostenere spese ingenti per sanare i debiti contratti per le spese belliche. Rimase in carica per otto anni, dal 1789 al 1797, e fu in grado di fronteggiare queste sfide affidandosi a collaboratori validi e rispettati: fu cruciale l’istituzione di una Banca degli Stati Uniti nel 1791, che contribuì a rafforzare le competenze del governo federale per regolare la moneta, il commercio, la concessione di crediti e il debito pubblico.

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  fenomeni

Costituzione, sovranità popolare e ruolo delle donne

La Costituzione affermò il principio della sovranità popolare, ma l’applicazione fu complessa, graduale e ricca di ostacoli. Come ha scritto lo storico Guido Abbattista, fu decisiva «la tendenza conservatrice delle assemblee coloniali, trasformatesi in governi provvisori e in “convenzioni” (assemblee costituenti) statali […]. Benché ampliate dalla relativa democratizzazione del suffragio avvenuta pressoché ovunque, le assemblee avevano un evidente interesse a non lasciarsi sfuggire di mano il potere a favore delle componenti più popolari, attive e protese verso la conquista di nuovi spazi pubblici. Furono dunque i conflitti politici locali fra gruppi più conservatori e gruppi più radicali a influire sulle modalità di redazione e ratifica delle costituzioni. […] In generale, la tendenza prevalente in un primo momento fu di conferire grande potere alle assemblee rappresentative e di circoscrivere l’esecutivo: in fondo la resistenza al potere imperiale britannico era avvenuta proprio a difesa dei poteri delle assemblee».

I limiti dell’emancipazione rivoluzionaria furono visibili proprio nella condizione delle donne, che avevano avuto un ruolo importante nelle fasi iniziali della protesta, nel boicottaggio delle merci britanniche e nel dibattito pubblico. Il nuovo ordine repubblicano non conferì a loro un ruolo di cittadinanza attiva: furono destinate a salvaguardare l’integrità dei valori e dei costumi americani nello spazio privato e domestico, come mogli, figlie, sorelle e madri.

Il dibattito intorno al federalismo

Ben presto si aggiunsero nuovi Stati ai 13 già esistenti: nel 1791 il Vermont, nel 1792 il Kentucky, nel 1796 il Tennessee e nel 1802 l’Ohio. Il principale spazio di espansione per gli Stati Uniti fu l’Ovest e il governo federale ebbe l’arduo compito di assegnare le terre, evitando abusi. Le tensioni più forti riguardavano gli Stati del Sud, che avevano un’economia incentrata sulle grandi piantagioni e si trovavano spesso a fronteggiare il bisogno di terreni più ampi da coltivare, visto che la fertilità dei suoli sfruttati con la monocoltura si esauriva rapidamente.

Le stesse ex colonie del Sud ebbero interesse nel mantenere buoni rapporti con la Gran Bretagna: la rivoluzione industriale aveva infatti contribuito alla crescita della domanda di materie prime per la produzione di tessuti e il cotone dei latifondi meridionali era vitale per questa impresa. In cambio venivano offerti manufatti a basso costo o beni di lusso che andavano a soddisfare i bisogni dei grandi proprietari, reiterando un meccanismo già consolidato prima della rivoluzione. Negli Stati del Centronord crebbero ancora di più l’artigianato e il commercio, rendendo auspicabile l’imposizione di dazi doganali proprio contro i concorrenti inglesi. Boston e New York divennero i due fulcri dello sviluppo economico del nuovo paese e contribuirono, con i loro porti, alla crescita esponenziale delle esportazioni (quasi quintuplicate, secondo calcoli di storici dell’economia).

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Furono proprio gli interessi divergenti fra Stati a creare correnti di opposizione all’interno del Congresso, che misero in discussione l’orientamento federalista dominante. Ciò anche per salvaguardare gli interessi finanziari e produttivi del Nord, coagulatisi intorno a un “partito repubblicano” [▶ FONTI]. Nel 1797 il fronte federalista riuscì a resistere facendo eleggere ancora una volta un suo esponente (John Adams), ma quattro anni più tardi si invertì la rotta con il passaggio della carica al repubblicano Thomas Jefferson (1743-1826), che si fece portatore di nuovi orientamenti. La spesa pubblica fu ridotta soprattutto per l’apparato militare, per la burocrazie e per i corpi diplomatici. I singoli Stati recuperarono parte dei loro poteri, ma nel 1803 il governo federale ritornò a far sentire il suo peso comprando l’intero territorio della Louisiana dalla Francia (che lo aveva ottenuto poco prima dalla Spagna) per una cifra che si aggirava intorno ai 15 milioni di dollari.

FONTI

L’antifederalismo e gli emendamenti alla Costituzione

Gli antifederalisti cominciarono a far sentire fin da subito la loro voce, cercando di far valere i diritti dei singoli Stati e di limitare il potere del Congresso. I risultati della loro azione divennero visibili già nel 1791, quando furono incorporati nella Costituzione i primi dieci emendamenti. Riportiamo qui il primo, il secondo e il quarto, riguardanti la libertà di stampa, di parola, di religione e petizione, il diritto di ritenzione e porto d’armi, il diritto di perquisizione e sequestro (questione ancora oggi al centro del dibattito pubblico statunitense): su tali argomenti gli organi federali si videro sottratta ogni possibilità di intervento.


I. Il Congresso non potrà approvare nessuna legge che riguardi il riconoscimento di una religione o la proibizione del suo libero esercizio; oppure che limiti la libertà di parola e di stampa; oppure ancora che limiti il diritto delle persone di riunirsi pacificamente e di rivolgere petizioni al Governo per riparare ingiustizie.

II. Dato che una milizia ben regolata è necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, il diritto delle persone di tenere e portare armi non sarà violato.

IV. Il diritto alla sicurezza personale, della propria casa, dei propri documenti ed effetti personali, contro perquisizioni e sequestri ingiustificati, non verrà violato; nessun mandato potrà essere emesso se non per una causa ragionevole e rafforzato da un giuramento o una promessa solenne che descriva in modo particolareggiato il luogo da perquisire e le persone o le cose sequestrate.


G. Dall’Olio, Storia moderna. I temi e le fonti, Carocci, Roma 2004

Storie. Il passato nel presente - volume 2
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Dal 1715 al 1900