PROTAGONISTI - Franklin inventore e comunicatore

Lo scontro armato
La rottura consumatasi fra madrepatria e americani ormai imponeva l’uso, da parte di questi ultimi, di un contingente militare ben organizzato. Il comando delle forze armate americane fu quindi affidato a George Washington (1731-99), originario della Virginia e proveniente da una famiglia di proprietari terrieri e schiavisti, già protagonista della Guerra dei Sette anni [ 6]. Gli inglesi erano certamente meglio organizzati e riportarono diversi successi nella fase iniziale. Tuttavia gli equilibri del conflitto cambiarono nel giro di pochi mesi, quando i coloni cominciarono a far ricorso a scorribande e attacchi a sorpresa, provocando gravi perdite ai nemici, rendendo inapplicabili i loro piani e distruggendo le loro sicurezze.

Decisiva fu la battaglia di Saratoga, fra il settembre e l’ottobre del 1777. L’esercito britannico guidato dal generale John Burgoyne tentò di accerchiare l’area del New England, che era ormai diventata il cuore della ribellione, ma si trovò a confrontarsi con l’ostilità della popolazione e finì intrappolato fra il fiume Hudson e il fiume Fishkill, esposto al fuoco delle truppe americane.

Le sorti del conflitto cambiarono in maniera definitiva a seguito dell’intervento delle monarchie europee. I francesi, dopo aver seguito con attenzione gli sviluppi di Saratoga, si convinsero ad appoggiare i ribelli anche per vendicare la sconfitta nella Guerra dei Sette anni. Questo cambio di strategia fu reso possibile anche da una nuova atmosfera culturale propiziata dall’opera di Benjamin Franklin (1706-90), ambasciatore in Europa del Congresso di Filadelfia. Noto per aver inventato il  parafulmine, Franklin aveva saputo far valere la sua personalità poliedrica anche nel campo del giornalismo, della musica e della politica, diventando conosciutissimo tra i filosofi del tempo [▶ protagonisti]. Una buona parte della sua rete di relazioni era riconducibile anche alla sua affiliazione massonica, che aveva origini in Pennsylvania e che lo mise in contatto negli anni successivi anche con pensatori come Gaetano Filangieri. Grazie a persone come Franklin e al costante flusso di notizie provenienti da oltreoceano, l’opinione pubblica del Vecchio continente diventò più sensibile alla causa degli americani e caldeggiò l’intervento armato a loro favore.

 >> pagina 137 
Anche la Spagna sentiva l’esigenza di recuperare terreno dopo le sconfitte dei decenni precedenti e decise di veicolare i suoi sforzi militari in aiuto degli americani: affiancando la Francia sull’Oceano Atlantico, riuscì a interrompere i contatti tra la flotta britannica e l’esercito di terra che combatteva contro i coloni, rendendo di fatto molto più difficile l’approvvigionamento. Il 19 ottobre del 1781, le truppe britanniche agli ordini del generale Charles Cornwallis furono bloccate a Yorktown (Virginia) senza la possibilità di poter ricevere aiuti da terra o da mare e dovettero arrendersi senza condizioni a George Washington. La madrepatria fu costretta ad ammettere la sconfitta e diede inizio al negoziato di pace che si concluse nel 1783 con il Trattato di Parigi. Le colonie videro riconosciuta la loro completa indipendenza: la notizia fu accolta con entusiasmo in Europa, soprattutto fra coloro che contestavano le gerarchie politiche vigenti e invocavano un radicale rinnovamento. Alla Francia furono restituiti alcuni territori dei Caraibi e dell’Africa occidentale (persi nel corso della Guerra dei Sette anni). Anche la Spagna riuscì a recuperare terreno dopo le perdite patite negli anni Sessanta e rimise le mani su parte della Florida e su Minorca.
Tra i fedeli alla corona britannica – i cosiddetti “lealisti” – alcuni decisero di tornare in patria, mentre altri si diressero in Canada, dove la fine del dominio francese aveva lasciato eredità importanti, prima fra tutte la sopravvivenza di un sistema signorile di controllo della terra unico nel Nord America. Il parlamento, con l’avallo del re Giorgio III, emanò nel 1774 il Québec Act, allargando i confini canadesi all’Ontario meridionale e a parte di Illinois, Indiana, Michigan, Ohio, Wisconsin, Minnesota. Ai francesi presenti sul territorio fu riconosciuto il diritto di continuare a osservare le loro consuetudini per lo sfruttamento del suolo e per l’amministrazione della giustizia, di parlare la loro lingua e professare la religione cattolica. Fu anche concesso alla Chiesa il diritto di riscuotere decime, quasi a perpetuare una dinamica diffusa nelle monarchie del Vecchio continente. Fu solo l’inizio di una lunga stagione di contrasti con il potere di Londra, destinata a rinnovarsi a più riprese nel corso del XIX secolo [ 7].

  protagonisti

Franklin inventore e comunicatore

Come spesso accade, l’attribuzione delle invenzioni a singoli personaggi è controversa e molto spesso la combinazione di diversi apporti individuali contribuisce in tutti i campi alle innovazioni. Il mito di Franklin inventore è stato forte per secoli, al punto di attribuirgli anche idee non sue: è stato per esempio reputato il creatore della sedia a dondolo, che in realtà appare anche in dipinti del XVII secolo. Allo stesso modo, a lui è stata attribuita l’introduzione dell’ora legale, ovvero lo spostamento in avanti delle lancette dell’orologio di 60 minuti per sfruttare meglio i raggi del Sole durante l’estate. In realtà Franklin fu solo l’autore di un articolo provocatorio pubblicato su un giornale di Parigi nel 1784, che proponeva vari espedienti per indurre le persone ad alzarsi presto la mattina e a cominciare prima la loro giornata. Solo fra XIX e XX secolo l’ora legale divenne una pratica comune in alcuni paesi, consolidandosi nel corso della Grande guerra, visto che l’emergenza rendeva ancora più importante il risparmio energetico. Al di là della paternità delle singole invenzioni (molte delle quali indubitabilmente dovute al suo genio), l’influenza di Franklin nel campo delle scienze, della tecnologia, dell’economia e della politica fu visibile anche dalla fortuna dei suoi scritti, in particolar modo delle sue Memorie, che riuscivano a restituire ai lettori la complessità della sua visione del mondo e dei suoi metodi di indagine.

In questo senso, i rapporti tra Franklin e l’italiano Filangieri furono rappresentativi di una tendenza diffusa fra gli anni Settanta del Settecento e la fine del secolo. L’indipendenza americana fu una suggestione importante per gli europei e divenne uno stimolo per costruire nuovi progetti politici. Nel 1782 Filangieri manifestò a Benjamin Franklin il desiderio di lasciare Napoli per approdare in Pennsylvania, a Filadelfia, considerata come la “città dei fratelli”, dove poter realizzare l’ordine ideale che era al centro della sua Scienza della legislazione. Non potendo com­piere questo viaggio, ispirò la fondazione in Calabria di una nuova Filadelfia sulle rovine del villaggio di Castelmonardo, distrutto da un violentissimo terremoto del 1783. Nell’impianto urbanistico geometrico del nuovo centro erano visibili alcuni valori chiave dell’Illuminismo e l’ispirazione alla città americana “sorella”: due grandi strade principali si incrociano nella grande piazza centrale che doveva essere sede delle assemblee pubbliche e del mercato, per chiamare gli abitanti alla partecipazione politica. Lo stemma della città rappresenta due mani che si stringono, di cui una guantata: un simbolo massonico.

Le guerre indiane
Sul fronte occidentale, i coloni dovettero affrontare le tribù di nativi che si trovavano a est del fiume Mississippi e che si mostrarono in maggioranza ostili alla causa americana. La loro economia, infatti, era fondata sulla caccia e la raccolta, attività non facilmente compatibili con la stanzialità dei nuovi arrivati e con i loro metodi agricoli. Infatti i coloni abbattevano foreste e trasformavano radicalmente interi ecosistemi, finendo per sottrarre alle popolazioni locali i principali mezzi di sostentamento.

Allontanati con la forza dai loro territori e indeboliti dal contatto con uno stile di vita a loro ignoto, i nativi dovettero fronteggiare gravi crisi. Oltre alle malattie infettive, furono le bevande alcoliche a provocare decessi e miserie: i bianchi le vendevano e sfruttavano in maniera indiscriminata la dipendenza creata nei nuovi consumatori.

 >> pagina 139 
Diversi gruppi indiani avevano quindi deciso di schierarsi con l’Impero britannico, nella speranza di ottenere un aiuto per fermare l’espansione verso occidente degli immigrati. Tuttavia le divisioni non mancarono. All’interno della Confederazione delle Sei nazioni che occupava la regione dei Grandi Laghi – formata dai Mohawk, dagli Oneida, dai Tuscarora, dagli Onondaga, dai Cayuga e dai Seneca – molti decisero di combattere al fianco degli americani e diedero vita a sanguinose rappresaglie fratricide che per lungo tempo erano state scongiurate dai grandi capi. Gli Irochesi, che avevano mostrato fino ad allora una predisposizione a mantenersi uniti, subirono delle scissioni interne. Anche altre popolazioni stanziate nei territori sudorientali degli Stati Uniti di oggi, come gli Cherokee, si divisero fra sostenitori e nemici degli americani [▶ protagonisti].

Alla conclusione del conflitto né gli uni e né gli altri ottennero i risultati sperati. Con il Trattato di Parigi del 1783, i britannici lasciarono ai coloni il diritto di sfruttamento di gran parte dei territori indiani, senza nemmeno chiedere il parere di coloro che li avevano sostenuti militarmente. I nativi erano infatti considerati come un pericolo nelle aree di frontiera o come un ostacolo nei processi di colonizzazione. Gli strascichi di queste decisioni, percepite come ingiuste, furono enormi. Nel Nordovest le tensioni più forti furono raccolte dai gruppi dei Miami, degli Shawnee e dai Lenape, che abitavano le ampie aree degli attuali Stati del Michigan, Indiana, Ohio, Kentucky e le zone interne della Pennsylvania: dopo aver inflitto gravi sconfitte agli americani, furono costretti a capitolare nel 1794 nella battaglia di Fallen Timbers (oggi contea di Lucas, in Ohio). L’anno successivo firmarono il Trattato di Greenville, cedendo agli Stati Uniti una larga parte dell’Ohio, del Michigan e dell’Illinois (compresa la zona dove sorgerà la città di Chicago). Ai primi dell’Ottocento, ricominciarono le ostilità a Sudest. Protagonisti furono i Creek, soprattutto quelli che abitavano il territorio dell’odierno Alabama. Essi cercarono l’appoggio britannico contro gli americani, ma ancora una volta furono traditi e costretti a trattare la pace a condizioni umilianti, rinunciando a gran parte dei loro territori (Guerra Creek, 1813-14).

  protagonisti

I Cherokee e le Cinque Tribù civilizzate

I Cherokee erano prevalentemente sparsi per i territori del sudest della sezione settentrionale del continente americano. Facevano parte – insieme ai Chickasaw, ai Seminole, ai Creek e ai Choctaw, residenti in un territorio enorme che toccava gli odierni Georgia, Alabama, Mississippi, Arkansas e Oklahoma – delle cosiddette Cinque Tribù civilizzate, definite tali dai bianchi perché avevano acquisito molte delle loro usanze e si erano mostrate disponibili a rapporti cordiali. Fu proprio George Washington a farsi promotore di un tentativo di “civilizzazione”, fondato sull’idea che le disuguaglianze fra nativi e bianchi fossero dovute allo stile di vita e all’organizzazione sociale. Era quindi necessario iniziare un’opera di istruzione e, a tale scopo, furono nominati degli agenti che si occuparono di diffondere la scrittura dei colonizzatori, il loro modo di costruire abitazioni e di coltivare la terra, la loro religione. Tuttavia, queste forme di addottrinamento non sempre ebbero il successo sperato e talvolta furono accolte dai nativi come imposizioni, generando risentimenti e resistenze. Il progetto di integrazione era destinato a scontrarsi con nuove difficoltà nel corso del XIX secolo, quando queste popolazioni furono sottoposte a violente deportazioni.

Storie. Il passato nel presente - volume 2
Storie. Il passato nel presente - volume 2
Dal 1715 al 1900