2.7 L’etica cristiana e la cavalleria

2.7 L’etica cristiana e la cavalleria

Il cristianesimo e la guerra
 L’ambiguità del rapporto fra Chiesa e potere politico si misura anche sul complesso piano degli atteggiamenti relativi alla guerra. Se originariamente il cristianesimo aveva adottato un completo rifiuto della violenza, lo svolgimento di funzioni pubbliche in età tardoantica e altomedievale aveva indotto larga parte dell’episcopato a teorizzare la possibilità di una guerra legittima (bellum iustum) e ad assumere obblighi militari nell’ambito delle strutture regie. D’altro canto, si è visto come i vescovi provenissero in gran parte dalle aristocrazie militari, condividendone dunque l’etica guerresca.

La crisi dell’ordinamento carolingio, con la conseguente perdita di controllo sul territorio, e la forte concorrenza fra i poteri signorili accentuarono i fenomeni di disordine e violenza propri della società medievale. Alla tradizionale aggressività dell’aristocrazia militare si aggiungeva ora anche quella proveniente dai ceti sociali più bassi, con numerose bande armate che non esitavano a razziare popolazioni rurali inermi e ricchi patrimoni ecclesiastici. Era dunque opportuno che le élite ecclesiastiche, muovendosi nello stesso contesto culturale e sociale dei guerrieri nobili, cercassero di incanalarne e disciplinarne le energie, sia a fini di riordinamento interno della cristianità occidentale, sia ai fini della sua espansione. Sotto questo aspetto, la riforma della Chiesa rappresentava il contesto più adeguato per imprimere una svolta concettuale ed etica al mestiere delle armi.

Il codice del cavaliere cristiano

La prima formulazione di un codice etico del cavaliere cristiano e dell’idea della liceità della guerra è contenuta nelle opere di Bonizone vescovo di Sutri, patarino e acceso sostenitore di Gregorio VII. In esse, fra i doveri dei cavalieri figura non solo la fedeltà al proprio signore, anche se questa comporta la morte, ma anche la difesa dei deboli, delle vedove e degli orfani, nonché l’eliminazione dei nemici della Chiesa e della fede, scismatici ed eretici, contro i quali l’intervento armato è dichiarato lecito.

I concili episcopali tentarono inoltre di disciplinare l’uso delle armi attraverso le cosiddette “tregue” o “paci di Dio”, cioè periodi di sospensione dell’attività militare, sotto pena di gravi sanzioni spirituali. Il bellator (guerriero) o miles (cavaliere) era dunque indotto a porsi al servizio della cristianità e veniva così incluso nell’ordine sociale, divenendo uno dei cardini dello schema trifunzionale della società, insieme con oratores e laboratores [▶ cap. 1.5]. Venne sfruttato a fondo il ricco repertorio ideologico dell’Antico Testamento collegato all’immagine del Dio degli eserciti, e alcuni santi e arcangeli – san Michele, san Giorgio, san Teodoro, san Demetrio – furono arruolati nelle file delle milizie terrene. Erano le premesse per la creazione di un esercito di “testimoni di Cristo” che, come vedremo nel prossimo capitolo, alla fine dell’XI secolo si sarebbe messo in marcia verso i nemici della Chiesa [ 10]: i musulmani che detenevano il controllo del Santo Sepolcro e di Gerusalemme; gli ebrei, ritenuti responsabili della morte di Cristo; gli scismatici bizantini; gli eretici dottrinari e gli avversari politici.

Ritualità e letteratura cavalleresca

Tra il XII e il XIII secolo la cristianizzazione della cavalleria – una professione ormai diventata un onore, il segno distintivo dell’appartenenza a un “ordine” sociale – è pienamente riconoscibile nell’epica d’area francese (chansons de geste, “canzoni di imprese eroiche”) e nella diffusione della cerimonia di vestizione del cavaliere [ 11]. Il rito si connotò sempre più in senso sacramentale, prevedendo momenti di penitenza e di preghiera che legavano il candidato cavaliere alla sfera religiosa.

Questo processo di cristianizzazione della cavalleria, tuttavia, non cancellò del tutto l’originario nucleo laico della militia (cavalleria), rivendicato sia sui campi di battaglia sia nella cultura cortese. Con il mito del Graal – la coppa leggendaria cui erano attribuiti poteri soprannaturali – il filone laico dell’epopea cavalleresca avrebbe arricchito il tema della difesa della fede con elementi legati al servizio d’amore verso la dama e alla ricerca di sé [▶ altri LINGUAGGI, p. 86].

Storie. Il passato nel presente - volume 1
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Dal 1000 al 1715