IDEE - Tra vivi e morti: cacce selvagge e fuochi del Purgatorio

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Tra vivi e morti: cacce selvagge e fuochi del Purgatorio

Tra l’XI e il XII secolo, sul piano culturale e folklorico, si assiste a un mutamento di grandissimo rilievo nella percezione del mondo dei morti da parte delle società medievali europee. Molti testi infatti rielaborano il tema dell’apparizione minacciosa dei morti: un “esercito furioso”, detto anche “caccia selvaggia”, a volte composto dai soli morti anzitempo (soldati uccisi in battaglia, bambini non battezzati), alla testa del quale si trovano generalmente personaggi maschili mitici come Wotan e Odino. A loro vennero poi associate anche divinità e figure femminili come Diana, Berta, Oriente, che si diceva conducessero, in determinati giorni dell’anno, schiere di donne in groppa ad animali. Si tratta del sabba (dall’ebraico shabbat, “sabato, giorno di riposo”, con interpretazione negativa), generalmente inteso come convegno di streghe ma sostanzialmente, dal punto di vista folklorico, un viaggio compiuto da viventi, in condizione di estasi, verso il mondo dei morti.

Questo nucleo mitico, alla base dell’intreccio di numerose fiabe, alimentò poi nello stesso periodo la tradizione legata ad Artù, il mitico re della Tavola rotonda: la caccia selvaggia, infatti, viene talvolta definita chasse Arthur, guidata dal sovrano in groppa a una sorta di caprone, che si presenta come vero e proprio re dei morti.

La nascita del Purgatorio

Questo “mondo dei morti” inizia a essere razionalizzato e cristianizzato proprio in questi secoli, attraverso un processo in cui l’elaborazione teorica di alcuni Padri della Chiesa, in particolare Agostino, si somma a una rinnovata curiosità verso l’aldilà, testimoniata dal proliferare di “visioni” di cui sono protagonisti monaci o sovrani. Gradualmente si forma l’immagine di un tempo e un luogo di espiazione per quei defunti che si trovino in una condizione intermedia tra lo stato di perfezione e quello di dannazione eterna: appunto il Purgatorio, termine associato al fuoco (ignis purgatorius, “fuoco purificatore”).

Suggestioni provenienti dai culti pagani e dall’ebraismo, lezioni tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento, tradizioni celtiche e nordeuropee concorrono alla formazione di questo “terzo luogo” dell’aldilà, dopo Paradiso e Inferno, di cui Dante fornisce una mirabile sintesi teologica e poetica.

Essenziale è il rapporto che in questo “luogo” si stabilisce tra vivi e morti: i primi infatti possono, attraverso la preghiera, alleviare la permanenza e la durata dell’espiazione che i defunti devono sostenere. Cluny gioca un ruolo fondamentale, ai primi dell’XI secolo, nel preparare il terreno all’affermazione del Purgatorio, da un lato insistendo sulla necessità della mediazione sacerdotale tra i due mondi, dall’altro introducendo nella liturgia un giorno dedicato al suffragio per i morti, il 2 novembre, subito dopo la festa di Tutti i santi.

Riti e rituali dei morti

Il legame tra vivi e morti non si esprime solo attraverso la preghiera recitata secondo i canoni ecclesiastici, ma anche con altri rituali. Il consumo di particolari cibi, come legumi o semi di cereali e di frutti come melagrane, noci, nocciole, mandorle, carrube (il seme è simbolo di rinnovamento del ciclo agrario e della vita), o il lasciare un posto a tavola per i parenti defunti, o ancora l’accensione di fuochi, magari all’interno di una zucca, costituiscono un’ulteriore testimonianza della comunicazione tra due mondi: progressivamente ordinata e razionale in un sistema teologico, per la dottrina cristiana; oscura e pericolosa, ma non meno affascinante, per grandissima parte della tradizione folklorica euroasiatica.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715