2.3 La riforma del papato e lo Scisma d’Oriente

2.3 La riforma del papato e lo Scisma d’Oriente

I pontefici riformatori

Le varie istanze di riforma della Chiesa provenienti dal mondo monastico, episcopale e laico entrarono in alcuni casi in relazione fra loro, in altri casi in conflitto, e fra le varie opzioni in campo alla fine prevalse quella promossa dalla sede vescovile di Roma, il papato. Ciò avvenne, paradossalmente, proprio in seguito alla forte iniziativa degli imperatori tedeschi: questi infatti imposero alla guida della Chiesa figure che, elaborando una visione autonoma del ruolo del papato, accelerarono poi gli esiti delle riforme in senso contrario agli interessi dell’Impero.

Il primo fra gli imperatori tedeschi portatori di iniziative di riforma fu Enrico III (1046-56), influenzato dal pensiero di Pier Damiani. Nel 1046 egli intervenne duramente nel caos prodotto a Roma dalla compresenza di ben tre papi, ciascuno nominato da fazioni avversarie dell’aristocrazia romana. In forza del Privilegium Othonis (962) [▶ cap. 0] e del titolo di patricius Romanus, che gli imperatori detenevano dal tempo di Carlo Magno, egli impose un proprio candidato, Clemente II (1046-47). Si stabiliva così un forte controllo imperiale sulla gerarchia ecclesiastica anche a Roma, in Lombardia, nel Veronese e nell’Esarcato, secondo un modello che va sotto il nome di “Chiesa imperiale”. Clemente e i suoi successori, Leone IX (1049-54) e Vittore II (1055-57), anch’essi nominati dall’imperatore, promossero con decisione alcuni progetti di riforma. Leone IX, strettamente legato all’imperatore Corrado II, si circondò di uomini di grande autorevolezza – oltre a Pier Damiani, Ugo di Cluny, Umberto di Moyenmoutier, Anselmo da Baggio (futuro papa Alessandro II), Ildebrando di Soana (futuro Gregorio VII) – per condurre una politica di contrasto radicale alla pratica della simonia e al matrimonio ecclesiastico.

Fu appunto durante il pontificato di queste illustri personalità che si definì con chiarezza un nuovo modello ideologico della Chiesa occidentale che, diversamente da quanto ci si aspettava in Germania, negava radicalmente il modello di Chiesa imperiale posta sotto il controllo della massima autorità laica del continente. Il nucleo della riforma propugnato da Roma consisteva infatti nell’affermazione dell’assoluta centralità e universalità della figura del pontefice, superiore a ogni altra autorità in quanto successore e vicario di Cristo. Il papa era l’immagine vivente del Cristo in terra e in quanto «solo ▶ primate apostolico della Chiesa universale», per usare le parole di Leone IX, gli era riconosciuta una pienezza del potere (plenitudo potestatis) che comprendeva non solo le prerogative esercitate in accordo con le leggi (potestas ordinaria et ordinata), ma anche, in senso astratto, un’autorità che poteva completamente trascenderle (potestas absoluta). Si affermava insomma una visione pienamente ▶ ierocratica del potere.

Lo scontro con le Chiese orientali

Tali concetti di supremazia dottrinale e giuridica del papato sconvolsero l’intera cristianità. In primo luogo, contribuirono alla completa rottura con le Chiese orientali, già da tempo divise da quelle occidentali su diversi nodi politici e dottrinari: Tali concetti di supremazia dottrinale e giuridica del papato sconvolsero l’intera cristianità. In primo luogo, contribuirono alla completa rottura con le Chiese orientali, già da tempo divise da quelle occidentali su diversi nodi politici e dottrinari:

  • le divergenze politiche e territoriali legate al controllo delle missioni evangelizzatrici nell’Europa orientale e delle chiese nell’Italia meridionale bizantina;
  • la dottrina della ▶ consustanzialità fra Padre e Figlio, che, affermata con forza dalle Chiese occidentali per combattere l’arianesimo (sostenitore invece della superiorità del Padre), aveva trovato il dissenso di quelle orientali in quanto contraddiceva i concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381), nei quali si era stabilito che lo Spirito santo procede soltanto dal Padre e non dal Padre e dal Figlio (messi in questo modo sullo stesso piano);
  • la disciplina contraria al matrimonio ecclesiastico, che, come abbiamo visto, Roma cercava di imporre anche in Oriente.

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A causa di questi contrasti la comunione delle due sedi di Roma e Costantinopoli si era già interrotta da molto tempo; nel 1054, la pretesa di assoluta supremazia pontificia proclamata da Leone IX condusse alla definitiva rottura con la reciproca ▶ scomunica , dando luogo al cosiddetto Scisma d’Oriente (“Grande Scisma” nelle fonti bizantine). Questa data è così divenuta simbolo della definitiva separazione delle due Chiese, profondamente diverse e ormai reciprocamente estranee. La Chiesa bizantina, in opposizione a quella latina ma anche ad altre Chiese cristiane orientali, fondò da questo momento la propria identità sulla figura del ▶ patriarca, sul ▶ sinodo permanente dei vescovi e soprattutto sul ruolo di un imperatore competente in materia dogmatica, diffusore dell’ortodossia e persecutore degli eretici [ 6].

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715