1.6 Città, vie di comunicazione e commerci

1.6 Città, vie di comunicazione e commerci

La ripresa del fenomeno urbano

Tra il X e l’XI secolo i processi di privatizzazione della terra e dei poteri di origine pubblica [▶ cap. 0], l’incremento demografico e l’espansione dei coltivi trasformarono in profondità i paesaggi europei. Nuovi insediamenti di varia tipologia – castelli, casali, borghi, villaggi – nacquero con il fine, perseguito dai poteri aristocratici, di controllare e sfruttare più efficacemente le campagne. Fu questo il momento culminante del fenomeno, già avviatosi al termine del IX secolo, conosciuto con il nome di incastellamento, ovvero la diffusione degli insediamenti fortificati, sia per motivi di difesa militare, sia per ragioni legate all’esercizio di poteri di controllo del territorio, della produzione agricola e delle risorse boschive e minerarie [▶ luoghi].

Anche la vita urbana riprese vigore. Grazie all’iniziativa dei vescovi, che esercitavano in modo autonomo ampi poteri (giurisdizionali, normativi, fiscali), nacquero infatti nuovi centri, specialmente nell’Europa settentrionale, mentre in area meridionale spesso si ripopolarono gli insediamenti più antichi. Tra il X e l’XI secolo l’urbanizzazione fu poi rafforzata da due fenomeni:

  • il miglioramento della produttività agricola, che, oltre a rendere disponibile una maggiore quantità di beni da scambiare nei mercati urbani, permise di liberare manodopera impiegata nei campi e spinse molti individui a trasferirsi in città;
  • l’emergere nel governo delle città di ceti urbani competenti e consapevoli di essere accomunati da una memoria storica, culturale e artistica condivisa e ritenuta superiore a quella del villaggio rurale.

Le città divennero insomma luoghi di mercato e di inurbamento dalle campagne, ma anche di condivisione di identità, e costituirono, come vedremo diffusamente in seguito, uno degli elementi di più ampia e duratura portata del più generale processo di crescita economica europea.

Vie d’acqua e di terra

Il maggior numero di insediamenti comportò la necessità di collegamenti più rapidi ed efficienti, stimolando lo sviluppo delle vie di comunicazione. Vennero sfruttate in particolare le vie d’acqua, con la moltiplicazione di approdi e porti e con la realizzazione, a partire dai fiumi maggiori (Reno, Danubio, Senna, Rodano, Po, Oder), di una fitta rete di canali utili al trasporto di persone e merci. Viaggiare via fiume, sfruttando la corrente o navigando a vela, era infatti più agevole, più economico e relativamente più sicuro che spostarsi via terra. Grandi vantaggi presentavano anche i trasporti via mare, specie con la navigazione di ▶ cabotaggio tipica del Mediterraneo.

Anche le reti di trasporto terrestre furono migliorate e incrementate. Nell’alto Medioevo, infatti, la rete viaria si era fatta più complessa di quella romana, ma era meno facilmente individuabile nei tracciati e meno stabile. Spesso le strade altomedievali erano tortuose e di ampiezza modesta, con ponti di attraversamento stretti e raramente di pietra. I progressivi investimenti permisero così di rafforzare il reticolo di strade e sentieri, dotandolo di tracciati e di ponti più larghi e solidi.

La ripresa dei commerci
 Più ampie reti di comunicazione favorirono, tra il XII e il XIII secolo, le opportunità di commercio, creando molteplici luoghi di mercato a livello locale e occasioni di incontro tra mercanti provenienti da varie parti d’Europa. Gli scambi furono inoltre favoriti da una serie di miglioramenti e innovazioni tecniche nei trasporti terrestri (carovane di muli e cavalli, carri a due o quattro ruote) e marittimi (bussola magnetica, carte nautiche e portolani, tavole trigonometriche, timone di poppa). Allo stesso modo, alcune innovazioni sul piano contrattuale e giuridico favorirono ulteriormente gli investimenti di capitali nel rischioso commercio a lunga distanza:
  • la commenda, che nasceva dall’associazione di uno o più soci finanziatori e un mercante (che talvolta poteva egli stesso apportare una quota);
  • la compagnia commerciale, i cui membri si associavano mettendo in comune un capitale iniziale per poi ripartire in proporzione a esso profitti.

Grazie alla ripresa degli scambi mercantili con l’Impero bizantino, con il mondo musulmano, per loro tramite, con il lontano Oriente, nei porti del Mediterraneo giungevano prodotti rari e lussuosi come seta, tessere da mosaico, allume (necessario per la produzione dei panni), cuoio, spezie, schiavi e monete d’oro. Molte città italiane giocarono un ruolo di primo piano in questo nuovo sviluppo dei commerci: non solo i quattro principali centri marinari, Amalfi, Venezia, Genova e Pisa, ma anche Napoli, Gaeta, Bari, Ancona, Palermo, Messina. Anche il Nord Europa sviluppò una fitta rete di centri di mercato (in Inghilterra, nelle Fiandre e, più a est, a Nòvgorod).

In alcune città sul Mare del Nord e sul Mar Baltico (in particolare Lubecca, Bruges, Amburgo, Gand, Brema, Danzica) i mercanti di stoffe diedero origine a un modello di compagnia commerciale (la hansa), che permise a questi centri di rivestire, al Nord, lo stesso ruolo di impulso commerciale che svolgevano le città italiane nel Mediterraneo.

Nord e Sud Europa entravano in contatto grazie alle sei fiere della Champagne (ciascuna della durata di sei settimane), nella Francia settentrionale, cui si collegò successivamente anche l’importante circuito fieristico fiammingo nelle Fiandre: in esse le merci provenienti dall’Oriente e dal Mediterraneo (vino, olio, frumento) venivano scambiate con i prodotti settentrionali (ambra, cera, legname, pellicce, pesce salato, lana, metallo). Fu questo il primo mercato internazionale (successivo all’età romana), dominato dai mercanti italiani e provenzali, il cui successo fu dovuto alla posizione strategica tra l’economia mediterranea e quella nordeuropea, alla regolarità del loro svolgimento, all’assistenza e alla protezione militare garantita ai mercanti dai conti di Troyes [ 10].

  luoghi

Il Parco archeominerario di Rocca San Silvestro

Esempio notevole di villaggio fortificato, sorto per iniziativa signorile al fine di sfruttare le grandi risorse minerarie, è Rocca San Silvestro a Campiglia Marittima (Livorno).

La storia del castello

Il castello di Rocca a Palmento (da palmentum, macina da frantoio), com’era chiamato in età medievale, venne fondato tra il X e l’XI secolo dalla famiglia aristocratica dei Della Gherardesca su un’altura che domina la costa tra il Golfo di Baratti e le Colline metallifere, nella Maremma pisana, luogo interessato da attività estrattive sin dal periodo etrusco. L’insediamento fortificato doveva garantire il controllo sui processi di estrazione, trasformazione e lavorazione dei minerali per ottenere rame, piombo e argento. La struttura iniziale presentava una cinta muraria a mezzacosta rispetto all’altura, che comprendeva le abitazioni, e una seconda cinta che, in cima, racchiudeva l’area signorile.

L’apice fu raggiunto tra la fine dell’XI e i primi del XII secolo, sotto il dominio dei Della Rocca: grazie all’opera di maestranze altamente specializzate l’insediamento fu dotato di un’alta torre quadrata e di una chiesa, e contemporaneamente si ampliò la cinta muraria. Alla fine del XIII secolo iniziò la decadenza del castello a causa dei crescenti conflitti con Pisa e della scoperta di nuove miniere in Sardegna, che rendevano meno conveniente la produzione in un luogo privo di energia idraulica. Tra il XV e il XVI secolo vi fu un rinnovato interesse da parte dei Medici per l’attività mineraria in questo comprensorio, che fu tuttavia definitivamente abbandonato nel 1559.

Oggi le abitazioni, la chiesa, gli impianti di lavorazione del piombo argentifero e del rame, le cave di marmo, il frantoio per l’olio, i forni per pane e ceramica sono tutti ancora in ottimo stato di conservazione, consentendo un’eccezionale ricostruzione della vita di un villaggio di minatori nel Medioevo.

Il sistema museale

Lo scavo venne avviato e condotto negli anni Ottanta del Novecento da Riccardo Francovich, grande protagonista dell’archeologia medievale italiana. I risultati delle ricerche archeologiche, tuttora in corso, portarono nel 1989 alla costituzione di un gruppo di lavoro per realizzare un coerente piano di valorizzazione non solo di questa originale testimonianza sociale ed economica preindustriale, ma anche dell’intero territorio.

L’ampia condivisione del progetto tra archeologi, storici, amministratori pubblici e imprenditori privati condusse alla realizzazione del Parco archeominerario di San Silvestro (1996), ulteriormente ampliato nel 2002 grazie alla collaborazione tra Università di Siena, Soprintendenza archeologica, Comune di Piombino e Società Parchi della Val di Cornia, che comprende vari musei e percorsi storico-archeologici, geologici e naturalistici. Un modello di ricerca, didattica e valorizzazione che è stato poi adottato con successo da altre realtà dello stesso comprensorio (Populonia, Campiglia, Poggibonsi, Piombino).

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715