15.6 La Confederazione polacco-lituana e la Russia

15.6 La Confederazione polacco-lituana e la Russia

Dalla dinastia degli Jagelloni alla monarchia elettiva

L’area nordoccidentale del­l’Europa, oltre la linea ideale che congiunge il Mar Nero e il Baltico , era divisa nel secondo Cinquecento fra due grandi formazioni politiche: il Regno polacco-lituano e la Russia moscovita [ 11]. La Polonia governata dalla dinastia degli Jagelloni era reduce da un lungo processo di espansione territoriale cominciato all’inizio del XV secolo da Ladislao II (1386-1434) e aveva ampliato i confini fino a formare uno Stato che comprendeva anche l’area lituana [▶ cap. 8.6]; i due paesi si unirono poi nella Confederazione polacco-lituana (Unione di Lublino, 1586). Le popolazioni comprese in quei confini abbracciavano diverse fedi religiose: oltre alle Chiese cattolica e greco-ortodossa c’erano infatti luterani, calvinisti, anabattisti ed ebrei. I gesuiti tentarono di ricomporre questo complesso scenario sotto le insegne del cattolicesimo romano, ma senza successo. Nel 1573 fu ribadito il diritto di ciascuno alla libera professione del proprio credo, proprio mentre gli altri Stati europei, a partire dalla Francia, erano lacerati da violente guerre di religione.

In un panorama tanto composito l’affermazione di un’autorità centrale era difficile. Nelle assemblee rappresentative era presente solo la nobiltà, che aveva consistenti poteri di veto verso la monarchia. L’aristocrazia, numerosa e gelosa dei propri privilegi, riuscì comunque a promuovere lo sviluppo economico e artistico-culturale del regno, favorendo la produzione agricola, le esportazioni, l’iniziativa individuale, la circolazione dei saperi. Non riuscì però a unire il corpo sociale, distribuendo iniquamente doveri e benefici. I contadini, in particolare, avevano sulle spalle i carichi più pesanti, lavoravano in condizioni proibitive e vivevano di stenti, senza poter godere nemmeno in una minima parte dei beni dei loro signori.

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Nel 1572, dopo la morte di Sigismondo II Jagellone, la situazione precipitò. La stabilità della compagine politica era legata in maniera stretta a quella del casato, ma il re era privo di eredi. Ebbe così inizio una nuova fase, nella quale la monarchia ereditaria fu soppiantata da un sistema elettivo fondato sui poteri dei nobili, che limitarono ulteriormente il potere del sovrano fino al punto di esigere da lui un giuramento di fedeltà ai pacta conventa (“accordi convenuti”).

La Russia di Ivan il Terribile

Nella seconda metà del XV secolo il Principato di Mosca aveva completato il suo processo di rafforzamento sotto la guida di Ivan III (1462-1505), che accrebbe il suo potere opponendosi con forza ai tatari, da tempo la principale minaccia sul fronte orientale. Proprio intorno alla capitale, simbolicamente definita la “Terza Roma” (in riferimento all’antica potenza di Roma e a Costantinopoli), si cercò di costruire uno Stato russo, fondato sull’autorità del monarca moscovita e finalizzato a combattere il potere dei piccoli principi e dei feudatari.

L’espansione territoriale continuò con Ivan IV, detto “il Terribile” [▶ altri LINGUAGGI, p. 472]. Nato nel 1530, a tre anni salì al trono sotto tutela della madre, ma fu incoronato ▶ zar – il primo ad assumere questo titolo – nel 1547. A sud-est Ivan sconfisse ancora i tatari, ottenendo il controllo del bacino del Volga fino al Mar Caspio, mentre non riuscì a espandersi a ovest, arginato dalla presenza polacca, né sul Baltico, in mano alla potenza svedese.

Nella gestione del regno, lo zar mise in atto un processo inverso rispetto a quello avvenuto in Polonia: egli riuscì infatti ad arginare il potere dei nobili, fondato sulle grandi proprietà signorili, ricorrendo ad alleanze con i ceti inferiori. Attraverso una mirata distribuzione delle cariche, inoltre, cercò di creare un ceto di nuovi dignitari, dotato di spirito di servizio e fedele alla corona. Sul piano della politica estera, Ivan stabilì vantaggiosi rapporti commerciali con le monarchie occidentali, soprattutto con l’Inghilterra.

Negli ultimi anni del suo regno, Ivan IV cominciò a dare segni di squilibrio mentale, arrivando ad abbandonarsi ad atti di ferocia contro tutti coloro che erano sospettati di voler minare il suo potere. Nel 1570 ordinò il massacro della popolazione di Novgorod, convinto che i boiari (i membri dell’alta aristocrazia feudale) della città volessero concludere alleanze con la Polonia.

I “falsi Dimitri” e l’inizio dell’era Romanov

Alla morte dello zar, nel 1584, salì al trono il figlio Fëdor Ivanovič, la cui infermità mentale gli impedì però di governare. Il potere fu esercitato di fatto dal cognato Boris Godunov, che arrivò addirittura a farsi riconoscere come zar (1598) pur essendo sospettato dell’omicidio di suo nipote Dimitri (1582-91), ultimo figlio di Ivan IV e possibile erede al trono. Godunov, che apparteneva all’aristocrazia dei boiari, cercò di fronteggiare una difficile congiuntura economica, segnata da epidemie e carestie, conferendo ai proprietari terrieri la licenza di trattenere con la forza i contadini che volevano abbandonare le campagne.

Il suo potere si mostrò però fragile, minacciato persino da abili simulatori che pretendevano di appropriarsi dell’identità di Dimitri – i cosiddetti “falsi Dimitri” – pur di sedere sul trono di Russia. Dopo la morte di Godunov, avvenuta nel 1605, il paese finì in balia di una totale anarchia, che si concluse solo otto anni più tardi con la presa del potere da parte di Michele Romanov. Il nuovo zar diede inizio a una dinastia destinata a regnare fino alla rivoluzione del 1917.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
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Dal 1000 al 1715