14.6 La Controriforma e i poteri secolari

14.6 La Controriforma e i poteri secolari

Ragion di Chiesa e “ragion di Stato”

Le trasformazioni legate alla Controriforma cattolica ebbero un impatto importante sulla vita politica delle monarchie europee rimaste fedeli al pontefice, in particolar modo negli Stati italiani. Uno dei nodi più difficili da sciogliere fu il rapporto tra la diffusione dei modelli di religiosità postridentini e i percorsi di affermazione o consolidamento dei poteri secolari. Nel 1589 fu pubblicato il trattato Della ragion di Stato di Giovanni Botero (1544-1617): contro le tesi di Machiavelli, l’autore sosteneva che lo Stato si dovesse adeguare alla morale della Chiesa ed esponeva ai sovrani la necessità di ottenere la fedeltà dei sudditi reprimendo i comportamenti devianti, le pratiche rituali lontane dalle liturgie ufficiali, le simulazioni di santità e le superstizioni, favorendo al contempo la stretta osservanza delle prescrizioni romane nel campo delle cerimonie e delle liturgie. L’opera ebbe una notevole risonanza, ma ben presto l’espressione “ragion di Stato” divenne utile a legittimare le iniziative dei sovrani per rafforzare il loro potere.

Di fatto, le autorità secolari delegarono al clero la gestione di settori sempre più ampi della vita civile, legando la lotta all’eresia alla conservazione del consenso e facendo coincidere il controllo dell’ordine pubblico con l’imposizione di idee e pratiche uniformi in materia di fede. Il viceré spagnolo di Napoli – minacciato dal dissenso interno e da periodiche rivolte che coinvolgevano tanto i ceti privilegiati quanto quelli popolari – tese per esempio a lasciare ampi margini di manovra ai giudici di fede, al fine di esercitare un forte controllo sulle credenze e sulle coscienze. In altre aree della penisola, come nel Granducato di Toscana, nei ducati di Savoia e di Ferrara, i regnanti cercarono in un primo momento di conservare un potere di intervento sulla vita religiosa dei loro sudditi, ma finirono comunque per rinunciare a svolgere un ruolo di primo piano nel controllo delle coscienze, delegandolo alle autorità ecclesiastiche.

I giudici ecclesiastici e il braccio secolare

Anche i sovrani più riluttanti finirono dunque per accettare l’operato dei tribunali ecclesiastici: in molti casi i giudici confessionali disponevano di carceri e di una polizia salariata e potevano richiedere l’intervento dei poteri secolari per rendere esecutive le loro sentenze. I loro spazi di azione erano notevoli, tanto da indurci a vedere nel rapporto tra Chiesa e Stati un sostanziale accordo e una docile sottomissione delle autorità civili al potere di Roma.

Non mancarono tuttavia i conflitti: fra il 1605 e il 1607 la Repubblica di Venezia fu al centro di un duro scontro con Roma per aver incarcerato alcuni ecclesiastici accusati di delitti comuni, sottraendolì ai tribunali papali. A sostegno della repubblica si schierò il teologo Paolo Sarpi (1552-1623), che si oppose al centralismo monarchico imposto dal pontefice, finendo nel mirino dell’Inquisizione. I punti cruciali del suo pensiero confluirono nell’opera intitolata Istoria del concilio tridentino, che offrì la prima imponente ricostruzione di quanto era avvenuto nel mondo cattolico nella seconda metà del XVI secolo. Il 22 ottobre del 1619 il testo fu condannato ufficialmente dalla Congregazione dell’Indice ed entrò nel novero dei libri proibiti.

L’aperta resistenza di Venezia all’ingerenza papale rappresenta comunque un episodio isolato nel panorama italiano ed è da mettere in collegamento alla difficile situazione politico-economica della repubblica, in lotta per mantenere un proprio spazio di autonomia tra le ingombranti presenze dell’Impero, degli spagnoli (sulla stessa linea del papato) e della potenza turca sul Mediterraneo.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715