11.6 Le conseguenze globali della colonizzazione

11.6 Le conseguenze globali della colonizzazione

Una nuova rete commerciale mondiale 

Le conseguenze culturali, demografiche ed economiche dell’arrivo degli europei nel continente americano ebbero una portata globale, portando alla nascita di nuove rotte commerciali, al cambiamento nella composizione della popolazione e alla trasformazione del paesaggio agrario di intere regioni del pianeta. L’abbondanza di metalli preziosi, localizzati soprattutto in Messico e in Perù, influì sui rapporti fra le aree coloniali e l’Europa, inaugurando un costante e cospicuo afflusso di oro e argento verso la Spagna, che sarebbe continuato fino alla metà del Seicento. Alcuni dei più grandi centri urbani sorsero proprio intorno ai giacimenti e diventarono poli d’attrazione anche per l’attività agricola e manifatturiera.

I metalli provenienti dalle Americhe giocarono un ruolo importante – anche se non determinante, come si è creduto fino a qualche decennio fa – nel rafforzare in Europa l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, dei cereali e di altri prodotti alimentari, dovuto al notevole incremento demografico avvenuto agli inizi del XVI secolo. Ma soprattutto contribuirono allo sviluppo di una rete di scambi che coinvolgeva aree del pianeta molto distanti e fino ad allora reciprocamente estranee. Oro e argento furono per esempio utilizzati per importare spezie e altre merci dall’Oriente. In questo nuovo sistema, gli europei si specializzarono nella produzione di manufatti e nella gestione di attività finanziarie (per esempio i prestiti di denaro concessi ai mercanti per finanziare i loro viaggi), mentre i territori colonizzati assunsero il compito di fornire materie prime, derrate alimentari e forza lavoro a basso costo.

Questa distribuzione di funzioni contribuì gradualmente allo sviluppo di dinamiche economiche su scala planetaria.

Le monarchie europee – alcune sul breve periodo, altre in tempi più lunghi – beneficiarono in maniera tangibile di questi cambiamenti. La disponibilità di nuove risorse e il ruolo preminente del potere centrale nella gestione degli itinerari commerciali consentì ai sovrani di regolare in misura maggiore le economie nazionali, nonché di investire in eserciti e armi. Gli stessi regnanti beneficiarono indirettamente anche della crescita del ceto mercantile, che controbilanciò il potere delle nobiltà terriere, tradizionalmente gelose delle loro prerogative locali e poco favorevoli al rafforzamento di strutture statali tendenti ad accentrare il potere e a sottrarre loro autonomie decisionali e risorse.

Migrazioni volontarie e forzate 

I nuovi rapporti tra i continenti non riguardarono soltanto lo spostamento di merci e capitali, ma anche di esseri umani. La rapida e radicale riduzione della popolazione indigena stimolò infatti l’importazione di numerosi schiavi africani: un fenomeno che, oltre ad avere effetti devastanti sulle loro terre di provenienza, consentì una forma di feroce sfruttamento del lavoro che divenne elemento strutturale nell’organizzazione del sistema produttivo delle colonie [ 18].

Inoltre, circa 220 000 persone (in maggioranza maschi) emigrarono dall’Europa nei primi 75 anni del secolo, contribuendo a una massiccia europeizzazione dei costumi locali. Gli europei, infatti, si stabilivano in prevalenza nei centri urbani, sposavano donne indie, usavano manufatti provenienti dai Paesi Bassi, si vestivano con lane inglesi, bevevano vini portoghesi, costruivano chiese ispirandosi ai disegni di artisti italiani.

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Cambiamenti delle abitudini e trasformazioni del territorio 

A subire cambiamenti significativi, talvolta graduali e realizzatisi solo sul lungo periodo, fu anche la vita quotidiana degli europei e in particolare le loro abitudini alimentari. Il contributo del mais, della patata e del pomodoro alla dieta europea, per esempio, si fece rilevante nel corso del Seicento. Lo zucchero, che fino al Cinquecento era un prodotto decisamente raro, divenne di uso comune tra le classi più elevate. Altri generi accessori e non legati all’alimentazione di base – come il caffè, il cacao, il tè e il tabacco – contribuirono a cambiare le dinamiche della vita sociale, diventando presenze costanti nelle case nobiliari, o anche in quelle di persone semplicemente benestanti che si concedevano momenti di pausa dalle loro occupazioni [ 19].

Le isole caraibiche, dopo la fine della “corsa all’oro” di cui erano state oggetto nella prima fase della colonizzazione, furono destinate alla coltivazione della canna da zucchero. Lo sfruttamento agricolo, insieme all’arrivo di nuove piante e nuovi animali, modificò in profondità il paesaggio del Perù: alla coltivazione del mais fu abbinata quella del frumento, dell’olivo e della vite. Effetti ancora più evidenti ebbe l’allevamento, poco praticato in epoca precolombiana: gli indios delle Ande si specializzarono nella cura delle greggi ovine e nella produzione della lana, mentre i cavalli e i buoi ebbero maggiore fortuna nelle zone orientali del continente.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715