11.5 Nuovi assetti territoriali, nuovi problemi culturali

11.5 Nuovi assetti territoriali, nuovi problemi culturali

La colonizzazione spagnola

Nel corso del Cinquecento, la colonizzazione spagnola arrivò a toccare entrambe le sponde del continente americano, creando un impero enorme che andava dalle attuali California e Florida fino all’Argentina e al Cile meridionale.

Le città fondate dai conquistatori costituirono importanti snodi di questa rete coloniale; dai maggiori centri urbani si esercitava infatti un attento controllo dei territori circostanti, assegnati in gestione ai membri della comunità [ 17]. Nelle aree rurali più inaccessibili o prive di metalli preziosi, invece, l’influenza dei conquistatori non fu altrettanto forte. In tali zone – come per esempio lungo il Rio delle Amazzoni – sopravvissero insediamenti indigeni che continuarono a vivere di caccia e di raccolta, preservando le loro tradizioni.

L’organizzazione delle terre coloniali si basò sull’encomienda (“commenda, affidamento”): a un conquistador o a un suo discendente veniva assegnata una circoscrizione territoriale, formata da città, villaggi e terre da coltivare. Pur essendo privo della proprietà formale del suolo, l’encomendero amministrava parzialmente la giustizia e gestiva la forza lavoro, offrendo in cambio la sua protezione; di fatto, l’encomienda divenne la base sulla quale si instaurò il sistema di sfruttamento forzoso del lavoro degli indigeni. Gli obblighi dell’encomendero verso la corona spagnola erano invece quelli di riscuotere tributi e convertire al cristianesimo i suoi sottoposti.

Un difficile controllo del territorio

La Spagna mirava a instaurare un modello di dominio che, a differenza di quello portoghese (essenzialmente marittimo), era finalizzato a esercitare un controllo uniforme su spazi molto ampi. I due vicereami, la Nuova Spagna e il Perù, furono divisi in province, mentre l’amministrazione della giustizia venne formalmente affidata alle audiencias (circoscrizioni territoriali). La macchina burocratica, però, era molto stratificata, tanto che spesso i sudditi la percepivano come farraginosa e inefficace. In più, le distinzioni fra spagnoli e indigeni rimasero fortissime, anche quando il potere centrale si sforzò di affermare che questi ultimi erano sottomessi direttamente alla corona e non vincolati agli encomenderos da forme di vassallaggio.

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La corona spagnola fece dunque molta fatica ad affermare la sua presenza in un universo lontano dalla madrepatria, dove i soprusi finivano per essere la regola. Nel corso del XVI secolo, di conseguenza, fu costretta in diverse occasioni a escogitare dei metodi utili a sanare gli squilibri che si erano venuti a creare tra potere centrale e poteri locali, ricorrendo all’intervento di funzionari regi per affermare una giurisdizione meno particolaristica.

Colonizzazione, cristianizzazione, civilizzazione

Al fine di acquisire il controllo territoriale, i conquistatori sfruttarono anche la capacità di influenza sui fedeli (non solo europei immigrati, ma anche nativi) esercitata dalle parrocchie, in un’ottica di stretta collaborazione tra potere politico e religioso. Ai funzionari e ai giudici si affiancavano infatti i vescovi: i titolari delle 22 diocesi erano nominati dal Consiglio delle Indie, crea­to nel 1524 per sovrintendere al governo dei territori del Nuovo Mondo.

Pur nel quadro di una rigida gerarchia socio-economica che vedeva i nativi subordinati ai conquistatori, l’azione evangelizzatrice della Chiesa contribuì anche a dare una certa omogeneità a un universo politico-culturale dominato dai particolarismi. Sin dalle prime spedizioni, missionari e conquistadores riconobbero ai nativi un’umanità “incompleta”, di un livello inferiore rispetto a quello dell’Europa cristiana e, quindi, bisognosa di essere elevata attraverso la cristianizzazione. Alla forza delle armi si aggiungeva così il potere di un messaggio salvifico che trasformava la colonizzazione in civilizzazione, le armi in strumenti di salvezza e redenzione, il sangue versato in un sacrificio necessario a divulgare la parola di Dio a culture barbare e incivili.

Gli ordini religiosi ebbero tuttavia una funzione di rilievo, oltre che nell’affermare la disciplina del culto, anche nel denunciare le forme di sfruttamento disumano sulle quali molti coloni costruivano le loro ricchezze. Emblematico fu il caso di Bartolomé de Las Casas, frate domenicano che ricopriva anche il ruolo di encomendero. Nel 1542 egli scrisse una Breve relazione sulla distruzione delle Indie, che impressionò non poco l’imperatore Carlo V, inducendolo a formulare nuove leggi per regolare il rapporto fra spagnoli e nativi [▶ fenomeni, p. 368].

Storie. Il passato nel presente - volume 1
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Dal 1000 al 1715