11.1 I primi viaggi oceanici

Per riprendere il filo…

Negli ultimi decenni del XV secolo, la società europea era stata interessata da grandi trasformazioni. Alcune monarchie – in particolare la Spagna, la Francia e l’Inghilterra – stavano riuscendo ad arginare i poteri nobiliari, a perfezionare i sistemi fiscali, a favorire gli scambi commerciali e ad acquisire un maggiore grado di controllo sulle economie nazionali. Questi processi, che miravano a rafforzare i poteri centrali, contribuirono all’insorgere di nuove necessità, prima fra tutte quella di aumentare le entrate. Poiché i collegamenti mediterranei con l’Asia e con l’Africa – che alimentavano il mercato occidentale e le economie dei grandi regni europei – erano ormai ostacolati dalla forte concorrenza dell’Impero ottomano, i sovrani cominciarono ad avvalersi dell’aiuto di un ceto mercantile sempre più influente per esplorare nuove rotte, utili a raggiungere i porti del lontano Oriente.

11.1 I primi viaggi oceanici

Le suggestioni dei mondi lontani

Anche se alla fine del Medioevo le comunicazioni marittime fra l’Europa e gli altri continenti erano per lo più circoscritte al Mediterraneo e al Mar Nero, fin dai tempi di Marco Polo [▶ cap. 7.2] i viaggi verso Oriente erano stati frequenti e avevano lasciato segni profondi sul piano culturale, ispirando numerosi racconti sospesi fra realtà e finzione. Le ▶ Indie erano così legate a un’immagine di ricchezza e prosperità, mentre si favoleggiava di misteriosi domini cristiani nel cuore dell’Africa e dell’Asia. Era molto nota, in particolare, la leggenda del Prete Gianni [ 1], titolare di un mitico reame nel quale era stato portato il Sacro Graal (il calice usato da Gesù, secondo la tradizione, durante l’Ultima cena) e potenziale alleato in un’eventuale guerra contro i musulmani. Questi scenari suggestivi contribuirono non poco ad alimentare la sete di avventure, di scoperte e di nuove ricchezze.

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Conoscenze geografiche e vie del commercio

Il materiale geografico sugli “altri mondi” era però piuttosto vago e impreciso. Nel corso del Quattrocento si era tentato di raccogliere e risistemare le conoscenze acquisite nei secoli precedenti, anche se rimaneva in sostanza intatta l’autorità degli scrittori greci e romani. L’idea della sfericità della Terra era ormai accettata, come già sostenuto dalla ▶ teoria tolemaica. Tuttavia, l’Africa era ritenuta molto meno estesa di quanto non fosse in realtà e le sue coste erano raffigurate secondo criteri che non aiutavano i navigatori (quella atlantica, per esempio, era semplicemente una linea obliqua tendente a sud-est). Inoltre, l’intero blocco Europa-Asia-Africa era collocato nell’emisfero settentrionale del globo [ 2].

Al contrario di quanto si poteva supporre leggendo i resoconti che circolavano in Europa [ 3], l’Africa non era affatto immersa in una condizione di primitiva barbarie [▶ cap. 7.4]. Nella parte subsahariana del continente, conosciuta sotto l’unica definizione di Sudan, popolazioni come i pigmei, i boscimani e gli ottentotti vivevano di caccia e raccolta, ma altre praticavano l’agricoltura e l’allevamento e utilizzavano tessuti, utensili e ceramiche. A partire dal XIV secolo, inoltre, si erano sviluppate formazioni statali complesse – come il Mali e il Songhai – che, al pari dell’Impero etiopico, potevano contare su solidi sistemi fiscali e militari. Fra i centri più popolosi c’era Timbuctu, che, con i suoi 100 000 abitanti, sfruttava una posizione strategica al crocevia delle strade carovaniere che attraversavano il Sahara e sollevava lo stupore dei viaggiatori per la sua ricchezza e la varietà delle sue arti.

La prosperità del mondo arabo aveva favorito una fioritura commerciale della quale aveva beneficiato soprattutto la costa orientale del continente, dove i centri più importanti fondavano la loro fortuna sugli scambi con il Mar Rosso e l’Asia meridionale, fino all’Indonesia. Lo stesso Mar Rosso era un transito obbligato per coloro che dall’Europa volessero accedere all’Oceano Indiano e al Mar Cinese. Su quegli itinerari si incontravano mercanti indiani, malesi, persiani e turchi, che davano vita a incontri di culture e religioni diverse e scambiavano prodotti molto ambiti, tra cui in particolare le spezie (il pepe, il cardamomo, la cannella, lo zenzero), utili a trasformare il sapore dei cibi ma anche a fabbricare profumi, pozioni e rimedi medici.

A seguito dell’avvento della dinastia Ming in Cina (1368) e dell’espansione della potenza ottomana, le tradizionali vie di comunicazione verso l’Oriente e l’Africa erano invece diventate meno praticabili [ cap. 7.2]. I mercanti veneziani avevano perso i loro monopoli ed erano ormai costretti a ricorrere alla mediazione degli arabi, che controllavano i porti di Beirut e Alessandria. Di conseguenza, l’arrivo di beni preziosi come l’oro e l’avorio dall’Africa era diventato difficile e dispendioso, così come gli scambi di schiavi, fiorenti nell’Egitto dei mamelucchi e negli Stati ▶ barbareschi del Maghreb.

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Le esplorazioni portoghesi

Il primo Stato a sostenere la ricerca di nuove rotte marittime, utili a superare questi problemi, fu il Portogallo. La dinastia Aviz stabilì una solida alleanza con il ceto mercantile, intenzionato ad ampliare i propri mercati e la sua influenza politica. Il principe Enrico (1394-1460), detto non a caso “il Navigatore”, mostrò grande interesse per le coste occidentali dell’Africa e favorì la crescita delle conoscenze cartografiche e astronomiche. Tali conoscenze giocarono un ruolo importante nell’incentivare nuovi viaggi, insieme al perfezionamento di nuove tecnologie.

La bussola [ 4] ad ago magnetico, per esempio, si affiancò ad altri strumenti che misuravano la latitudine in base alla posizione degli astri. Tuttavia, fu l’introduzione delle caravelle [ 5] a rappresentare la vera svolta. Si trattava di velieri di piccole dimensioni (lunghi 20 metri e con una stazza di 60/100 tonnellate) con tre alberi dotati di vele triangolari e quadre, utili ad aumentare la velocità e a facilitare le manovre. Sfruttando al massimo la forza del vento, queste imbarcazioni potevano percorrere maggiori distanze e restare in mare aperto per lungo tempo, perché non avevano bisogno di un equipaggio numeroso e potevano stivare molte provviste e merci.

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Così, all’inizio del XV secolo, l’espansione europea nel mondo era già cominciata. Nel 1415 i portoghesi avevano preso Ceuta, a sud di Gibilterra, e successivamente avevano occupato Madera e le Azzorre (1420-30), spingendosi progressivamente più a sud, verso le isole di Capo Verde (1456) e il Golfo di Guinea (1472). I viaggi si erano dimostrati fruttuosi sul piano economico: le imbarcazioni tornavano a casa cariche di oro e di schiavi (catturati con la forza o venduti dai capi indigeni).

Il nuovo re Giovanni II (1481-95) espresse apertamente la volontà di circumnavigare l’Africa per arrivare ai porti dell’Oceano Indiano. Il passo decisivo verso questo ambizioso obiettivo fu quello del navigatore Bartolomeo Diaz (Bartolomeu Dias, 1450-1500): spinto anche dal desiderio di incontrare il Prete Gianni, nel 1487 egli oltrepassò l’estremità meridionale del continente, cui attribuì il nome augurale di Capo di Buona Speranza, e risalì un pezzo di costa, dando così ulteriore vigore ai progetti di Giovanni che, a quel punto, manifestò l’intenzione di organizzare spedizioni dirette all’interno dell’Asia [ 6]. Di lì a breve, tuttavia, la morte del sovrano intervenne a interrompere questi ambiziosi progetti.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715