Le “seconde invasioni”
Per spiegare la crisi del mondo carolingio, oltre al frazionamento politico su base ereditaria, è necessario guardare sia alla nuova stagione di incursioni («seconde invasioni», secondo la definizione di Marc Bloch) provenienti dal Mare del Nord, dal Mediterraneo e dall’Europa orientale, sia all’evoluzione dei poteri di comando propria della società occidentale [ 10]. Nel corso del IX secolo, autonomi nuclei di saraceni (nome attribuito dalle fonti occidentali ai musulmani nordafricani) e alcuni emirati musulmani, in particolare quello di Qayrawan (nell’attuale Tunisia), condussero nel Mediterraneo occidentale e centrale un’azione militare su larga scala con ambizioni di conquista. Attaccarono e depredarono grandi monasteri e città (nell’846 il saccheggio di Roma suscitò grande scandalo), costituirono varie roccaforti nel Mediterraneo occidentale, fondando anche un effimero emirato a Bari, ma soprattutto assoggettarono, nel corso del IX secolo, la Sicilia romano-orientale.
Notevoli successi ebbe poi l’espansione scandinava, sviluppatasi lungo tre assi principali:
- verso l’Islanda e la Groenlandia;
- verso l’Europa dell’Est, dove nuclei svedesi (rus’) erano impiegati come truppe d’élite (vareghi o variaghi) a Costantinopoli e nelle nascenti formazioni politiche degli slavi orientali a Kiev e Novgorod;
- verso Occidente, guidata in particolare da uomini provenienti da Norvegia e Danimarca (normanni, “uomini del nord”, nelle fonti latine; vichinghi, probabilmente da vik, “baia” o wike, “emporio commerciale”, in quelle frisone e anglosassoni).
Volte al saccheggio dei principali insediamenti urbani e monastici, le incursioni scandinave avvenivano a bordo delle lunghe navi con la prua a forma di testa di drago (drakkar) e interessarono sia le isole britanniche, dove nel tardo IX secolo arrivarono a costituire un dominio nell’Inghilterra nordorientale con base a York (Danelaw), sia le coste continentali della Manica, lungo la Senna, la Garonna e la Loira. Qui si formarono dapprima insediamenti autonomi, i cui guerrieri talvolta partecipavano come mercenari alle contese tra regni franchi. In seguito si giunse a una organizzazione unitaria, ai primi del X secolo, con Rollone, un capo militare cui il re franco occidentale Carlo “il Semplice” concesse nel 911 il titolo di conte (e poi di duca) di Normandia, ricevendone in cambio il giuramento di vassallaggio.
Diverso fu l’impatto degli ungari, o magiari, popolazione seminomade proveniente dalle steppe della Russia centrale. Nell’ultimo decennio del IX secolo si stanziarono in Pannonia (attuale Ungheria), disgregando in questo modo il Regno slavo della Grande Moravia, che comprendeva anche la Boemia e la Polonia meridionale, e dividendo gli slavi settentrionali da quelli meridionali. Dalla pianura pannonica gli ungari procedevano annualmente a rapide spedizioni di cavalleria leggera volte al saccheggio lungo la penisola italica e verso le regioni meridionali e centrali delle attuali Germania e Francia.
Le progressive conversioni al cristianesimo e la forte capacità militare della dinastia sassone nel Regno di Germania, capace di ottenere con Ottone I una definitiva vittoria a Lechfeld (955), spinsero questa popolazione a diventare stanziale e a integrarsi nell’Occidente: nel 1001 fu creato un regno legato alla Chiesa romana nella persona di re Vajk, ribattezzato Stefano, ancor oggi patrono dell’Ungheria. Poco prima aveva ugualmente cercato legittimazione e protezione presso Roma il re polacco Mieszko I, fondatore della dinastia dei Piasti.