Storie. Il passato nel presente - volume 1

I longobardi

Durante il Risorgimento l’interpretazione del ruolo dei longobardi nella storia della penisola ebbe un ruolo centrale nella storiografia. Alcuni, sulla scorta della riflessione di Machiavelli, facevano risalire all’invasione longobarda e al loro successivo insediamento il frazionamento politico della penisola, fonte di una debolezza che avrebbe segnato l’avvio del dominio straniero; altri, insistendo sulla barbarie longobarda, leggevano invece positivamente il ruolo avuto dal papato nel salvare l’Italia. Attualmente simili interpretazioni sono superate. In primo luogo, come per ogni altra popolazione barbarica, è errato pensare a compagini etniche ben definite e stabili: si tratta infatti sempre di agglomerati dinamici di famiglie e clan di varia provenienza e non di popoli come noi li intenderemmo oggi. Inoltre, la conquista longobarda si inserì in un quadro già sconvolto dalla guerra greco-gotica e sebbene causasse la costituzione di molteplici linee di frontiera con i territori rimasti sotto controllo imperiale, non comportò una rivoluzione né nei luoghi di insediamento, dove le città vescovili mantennero un ruolo fondamentale, né nella dotazione di infrastrutture. Il degrado del tessuto urbano era invece già in atto quando i longobardi giunsero in Italia, e semmai non ebbero i mezzi o le capacità di arrestarlo.

Il percorso di superamento della frammentazione sociale e religiosa fu molto lungo e mai del tutto compiuto e reso più complesso dalle rivalità interne tra re e duchi; al conflitto con Costantinopoli si aggiunsero poi altri attori, il papa, ma soprattutto i franchi, che con maggiore efficacia riuscirono a stabilire una duratura egemonia su gran parte della penisola, ponendosi anche come eredi dell’esperienza politica longobarda.

La donazione di Sutri

Tradizionalmente si fa risalire alla donazione del Castello di Sutri, situato tra Roma e Viterbo, l’inizio del potere temporale dei vescovi di Roma. Agli inizi dell’VIII secolo, il re longobardo Liutprando (712-44) si fece forte della propria adesione al cattolicesimo per cercare di imprimere una svolta al regno, sul piano sia sociale che militare. Ampi territori in mano bizantina vennero conquistati e lo stesso Ducato di Roma fu minacciato. Convinto da papa Gregorio II a recedere, Liutprando gli cedette il controllo di Sutri nel 728. Sulla natura giuridica di questa cessione si sono confrontate varie interpretazioni: alcuni hanno sostenuto che si è trattato di una semplice reintegrazione di diritti privati su beni già di proprietà della Chiesa di Roma; altri hanno sottolineato come questa cessione avesse pur sempre un carattere militare di fatto, che andava oltre il possesso privato, sebbene non comportasse nulla sul piano della sovranità formale.

Si tratta dunque di un’originale ambiguità giuridica e istituzionale, in cui la natura privata di alcune restituzioni e donazioni si intrecciava con la natura pubblica dei poteri che venivano esercitati di fatto sulle terre concesse al vescovo di Roma. Questi avrebbe poi iniziato a elaborare un concetto di res publica autonomo da quello imperiale e su scala italica: tra l’VIII e il IX secolo, grazie all’appoggio carolingio, la Chiesa di Roma riuscì a stabilire definitivamente il proprio controllo diretto sui territori dell’antico Ducato bizantino di Roma.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
Storie. Il passato nel presente - volume 1
Dal 1000 al 1715