La produzione artigianale e lo scambio erano in via di sviluppo […] a partire dal periodo carolingio. […] in numerosi luoghi, lo scambio era limitato. Ciò era meno vero per la Francia settentrionale, dove si ebbe un significativo movimento di merci lungo i grandi fiumi come il Reno e la Senna, che nell’VIII secolo aveva interessato una serie di porti del Mare del Nord. La maggior parte dello scambio italiano, invece, difficilmente si estendeva al di là dello specifico territorio civico, mentre in Inghilterra, tranne che vicino alla costa orientale, è possibile parlare di scambio quasi esclusivamente a livello di villaggio. Ciò è ancora più vero per la Scandinavia e i territori slavi e celtici, eccezion fatta per i generi di lusso che giungevano alle élite attraverso il Mare del Nord e il Baltico, e lungo i fiumi russi, con la stessa facilità con cui avveniva in Francia e in Italia. Dopo l’800 tutte queste tipologie di scambio divennero più elaborate.
La Francia tra la Loira e il Reno costituisce dopo l’800 la parte economicamente più complessa dell’Occidente. L’archeologia urbana ci mostra una maggiore attività economica, con Magonza che si aggiunge a Dorestad, Colonia e Parigi quale importante centro mercantile e artigianale. Già nel X secolo le popolazioni urbane appaiono svolgere un ruolo politico […]. Nel X secolo abbiamo anche maggiori testimonianze di un’attiva presenza commerciale ebraica nelle città della Renania. Prese a svilupparsi anche un insieme di nuovi centri urbani più piccoli, come il burgus che sorse attorno a Saint-Denis, appena fuori Parigi, e come la rete di città fiamminghe costituita da Bruges, Ghent e Saint-Omer, la cui espansione sembra sia iniziata alla fine del IX secolo e di cui registriamo in questo caso i primi segni di attività. […] Aumentano anche per l’intera Francia settentrionale le prove documentali relative ai mercati, i quali nel X secolo, come mostrano numerose concessioni di diritti di mercato da parte degli Ottoni, coprono anche la Francia orientale. La produzione di ferro è sempre più visibile nel dato archeologico. La produzione ceramica, l’indicatore di gran lunga più chiaro della scala dei sistemi economici, ebbe ulteriore sviluppo […]. La vendita della produzione delle grandi proprietà ecclesiastiche, che abbiamo visto documentata nei polittici, si inseriva in questa rete. Persino in Francia, la maggior parte dello scambio era sempre relativamente locale; l’80% circa delle monete sono state ritrovate all’interno di un raggio di 100 chilometri dai loro luoghi di conio. C’era comunque sufficiente traffico interregionale di merci di ogni tipo per offrire l’impressione di una notevole attività. Questa sarebbe proseguita ormai senza interruzione grazie al decollo della produzione di tessuti nelle città fiamminghe dopo il 1000 e le grandi fiere della Champagne del secolo successivo: elementi che determinarono un nuovo livello di complessità dello scambio e che tuttavia avevano salde radici nel IX e nel X secolo. […] Situazione analoga presenta l’Italia. Poiché la penisola era la parte più vicina del mondo latino alle importanti reti di scambio del Mediterraneo musulmano meridionale e orientale, attorno ad essa si ebbero rotte marine a lungo raggio sempre più attive, con Venezia che dopo il tardo VIII secolo divenne rapidamente un centro commerciale in specie per il commercio di schiavi verso il mondo arabo […]. Nel X secolo, nell’Italia meridionale, la parte più ricca della penisola, Venezia venne affiancata dall’attività commerciale di Amalfi, Salerno, Gaeta, Napoli (la più grande di queste città). Le quali, persino più di Venezia, guardavano al mondo arabo. Tuttavia, lo scambio internazionale non rifletteva pienamente l’attività decisamente più moderata dell’economia italiana dell’entroterra. Le città italiane dell’interno della penisola erano molto grandi secondo gli standard occidentali; avevano tutte mercati attivi e, in specie nel X secolo, come mostrano i prezzi in crescita per le abitazioni di Milano, erano in via di espansione. Alcune rappresentavano punti di riferimento per uno scambio di più ampio raggio, in particolare Pavia e Cremona. Ma le altre erano centri di scambio che operavano soprattutto a livello locale. […] Nelle pagine precedenti, ho messo in rilievo la crescente attività di scambio del periodo 800-1000, ma il suo significato non dovrebbe essere esagerato. In particolare, non dobbiamo sovrastimare l’importanza degli itinerari a lungo raggio. […] Come nel Mediterraneo, sono le economie interne dell’Europa a contare di più; la maggior parte delle merci veniva trasportata, acquistata e venduta all’interno delle regioni, non all’esterno (se questo è vero ancora oggi, figuriamoci un migliaio di anni fa), e la complessità economica, lo «sviluppo», dipendeva soprattutto da queste. […] Alla fine del periodo oggetto del nostro studio si ebbe quindi una qualche vitalità commerciale nell’Europa occidentale, ma non un vero e proprio decollo dello scambio. […] Tuttavia, cosa spiega l’attività di scambio che si può osservare nel IX e nel X secolo? Ho sostenuto […] che prima dell’800 il motore dello scambio era, grosso modo, la ricchezza e il potere d’acquisto degli aristocratici: quanto più ricche erano le élite, tanto più erano in grado di sostenere reti di produzione e distribuzione su larga scala. Dopo l’800, e in misura maggiore dopo il 950 circa, si può aggiungere a ciò l’accresciuta complessità economica che una popolazione in crescita avrebbe di per sé comportato; inoltre, persino i contadini potevano trarre benefici dall’espansione economica […] e i signori, che traevano canoni da più individui e luoghi, certamente se ne avvantaggiarono. Ma il principale motore era ancora aristocratico. E in questo contesto l’incasellamento dei contadini rappresentò un elemento di fondamentale importanza. Tutte le dinamiche tese a un più forte assoggettamento dei contadini […] ebbero quale risultato la concentrazione del surplus nelle mani dei signori, attraverso i canoni e i diritti signorili. La percentuale di produzione globale che finiva nelle mani dei signori si accresceva continuamente (talvolta, come in Inghilterra, rapidamente). Il potere d’acquisto aristocratico si accrebbe quindi di conseguenza. Fu questo ad alimentare lo scambio del IX e nel X secolo, e lo avrebbe alimentato ancora per alcuni secoli, perché fu solo molto in là nel Medioevo che lo scambio capillare poté ovunque fare affidamento sui contadini in modo sufficiente per auto sostenersi. […] Gli storici tendono a valutare positivamente la complessità dello scambio, e usano per descriverlo parole dalla forte connotazione positiva quali prosperità, sviluppo e (come ho fatto anch’io) dinamismo. Ma la complessità ha i suoi costi, e il suo costo nel periodo che stiamo studiando fu un passo decisivo verso la limitazione dell’autonomia (e talvolta, in effetti, della prosperità) di una quota tra l’80 o il 90 per cento della popolazione.
tratto da L’eredità di Roma. Storia d’Europa dal 400 al 1000 d. C., Laterza, Roma – Bari 2014