Unità 3 Il Realismo

Le coordinate dell’arte

Rivoluzione industriale: progresso e regresso 

La Rivoluzione industriale, che si diffonde progressivamente in tutto il continente a partire dall’Inghilterra, non porta a un generalizzato miglioramento delle condizioni di vita di tutta la popolazione. Infatti, la sostituzione dell’industria domestica (botteghe artigiane) con il sistema di fabbrica ha come principali effetti l’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi (nasce la figura del capitalista) e lo sfruttamento della forza lavoro (proletariato). Questo mutamento socio-economico ha portato notevoli ripercussioni sulla vita delle masse popolari, che si riversano nelle città per lavorare nelle fabbriche in condizioni di estrema precarietà.
Il forte malcontento e la progressiva presa di coscienza della drammatica situazione dei ceti più umili (la cosiddetta “questione sociale”, che rende urgenti degli interventi e delle riforme a livello sociale) sfociano nei moti insurrezionali del 1848 che coinvolgono tutto il continente europeo. A ciò contribuisce anche il diffondersi di nuove idee politiche che si volgono contro l’autoritarismo dei governi (chiedendo la concessione di carte costituzionali), incapaci di dare una risposta efficace alle problematiche connesse all’introduzione di un nuovo sistema di sviluppo.
In Francia l’azione congiunta della borghesia, che rivendica il proprio ruolo rispetto al prevalere delle classi aristocratiche tradizionali, e della compagine popolare (artigiana e operaia) porta alla nascita della Seconda Repubblica, che ha però vita breve: nel 1851, con un colpo di stato, Luigi Napoleone Bonaparte impone una svolta accentratrice dell’ordinamento statale che, l’anno seguente, sfocia nel Secondo Impero (1852-1870). In Italia, invece, i moti assumono la forma di una lotta di liberazione dalla dominazione straniera (la Penisola è divisa in vari regni tra cui il Lombardo-Veneto, territorio italiano dell’Impero d’Austria), un momento fondamentale nel processo risorgimentale che si concretizza nella Prima guerra d’indipendenza, di cui si fece promotore Carlo Alberto, re di Sardegna. La sconfitta di Novara contro l’esercito austriaco e il conseguente armistizio segnano il fallimento dei moti rivoluzionari; tuttavia, il processo che porterà all’unificazione nazionale è ormai innescato (1861).

Positivismo e Socialismo, due facce di una stessa medaglia 

Lo sviluppo industriale con lo straordinario aumento della produttività, la nuova prospettiva offerta dalla capillare diffusione della rete ferroviaria, insieme all’avanzamento della scienza, della medicina e della tecnica creano due diversi sistemi di pensiero che rappresentano due facce dello stesso fenomeno.
Da una parte, le alte aspettative di alcuni pensatori nei confronti di uno sviluppo che sembra inarrestabile sono ben espresse dalla filosofia positivista – i cui princìpi si trovano espressi nell’opera Corso di filosofia positiva del francese Auguste Comte (1798-1857) – secondo la quale il solo sapere reale è quello delle scienze, lontano da ogni approccio metafisico e dogmatico. La stessa prospettiva di sviluppo e progresso viene applicata anche allo studio della Storia e all’analisi della società: ne deriva una visione ottimistica che confida nel continuo e costante progresso e che guarda con favore e fiducia alla modernità, ovvero alla nuova realtà industriale e urbana che si va definendo, certa che i contrasti sociali si sarebbero appianati e risolti.
L’altra faccia dello sviluppo economico e del trionfo del liberalismo e della borghesia è rappresentata dalla nascita del pensiero socialista e dell’organizzazione sindacale e politica degli operai. Il filosofo tedesco Karl Marx (1818-1883), analizzando la situazione, arriva a conclusioni diverse: se l’affermazione del sistema capitalistico era espressione della vittoria della borghesia sull’aristocrazia, le forti contraddizioni che lo sviluppo economico portava con sé (la ricchezza e i benefici erano per pochi, mentre la maggioranza della popolazione viveva in condizioni di miseria) erano invece il segnale della sua crisi. La rivoluzione operaia, che, secondo l’analisi di Marx, si sarebbe verificata di lì a poco, avrebbe portato all’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e alla creazione di un nuovo sistema economico e sociale, socialista e comunista, privo di divisione in classi sociali e forme di sfruttamento.

 › pagina 93 

IL TEMPO
LE OPERE 
1800
1824 Personale di Constable a Parigi  
1827 Joseph Nicéphore Niépce realizza una camera ottica in grado di fermare un’immagine su una lastra di peltro  
1830   Camille Corot, La Cattedrale di Chartres
1834 Gli inglesi ottengono la prima stampa su carta  
1838 Louis Daguerre brevetta il dagherrotipo    
1848 Rivolte popolari in molti Paesi europei; Prima guerra d’indipendenza in Italia  
1848-1852 Seconda Repubblica francese  
1849   Gustave Courbet, Gli spaccapietre  
1849-1850   Gustave Courbet, Funerale a Ornans
1850
1851 Prima Esposizione Universale a Londra Joseph Paxton, Crystal Palace
1852 Napoleone III è incoronato imperatore di Francia  
1853 Il barone Georges-Eugène Haussmann è incaricato del nuovo progetto urbanistico di Parigi  
1855 Gustave Courbet realizza il Padiglione del Realismo  
1857   Jean-François Millet, Le spigolatrici
1859 Seconda guerra d’indipendenza in Italia  
1861 Proclamazione dell’Unità d’Italia  
1862 Un critico introduce per la prima volta il termine “macchiaioli” sulla “Gazzetta del Popolo”  
1862-1864   Honoré Daumier, Vagone di terza classe
1863-1889   Alessandro Antonelli, Mole Antonelliana
1864   Telemaco Signorini, L’alzaia
1866   Giovanni Fattori, La rotonda di Palmieri
1887-1889   Alexandre Gustave Eiffel, Tour Eiffel
 › pagina 94 

Naturalismo, Verismo e Realismo 

L’attenzione per la questione sociale, la fiducia nelle capacità dell’uomo e la convinzione di dover assumere un approccio razionale e oggettivo per leggere e descrivere la realtà hanno avuto notevoli ripercussioni nella cultura del tempo, che dalla filosofia (Positivismo) si riversa nella letteratura (Naturalismo) e nell’arte (Realismo).
In Francia sono i romanzi di Honoré de Balzac (1799-1850), Gustave Flaubert (1821-1880) ed Émile Zola (1840-1902) a definire i temi e i tagli narrativi del nuovo romanzo realista, la cui intenzione è descrivere la realtà senza alcun filtro idealizzante, una restituzione oggettiva del mondo circostante. In Italia, tale tendenza prende il nome di Verismo e trova in Giovanni Verga (1840-1922) il suo massimo rappresentante; senza alcun compiacimento egli narra le vicende dei suoi personaggi – pescatori, contadini, minatori – ricercando la maggiore aderenza possibile alla realtà sociale del tempo, fatta di miseria e sfruttamento. Il ritardo economico dell’Italia è evidente nella dimensione rurale che Verga racconta e nella sua visione sostanzialmente pessimista: ogni tentativo compiuto dai personaggi delle sue opere di migliorare le proprie condizioni di vita si rivela inutile e controproducente; al contrario, i suoi colleghi francesi calano il racconto in un contesto cittadino e industrializzato, trasmettendo una maggiore fiducia nel futuro e nel progresso.
In pittura è Gustave Courbet (1819-1877) a dare una forma a queste nuove istanze; i protagonisti della sua opera Gli spaccapietre, andata distrutta a causa dei bombardamenti su Dresda durante la Seconda guerra mondiale, possono essere considerati una sorta di manifesto. Il pittore, in una lettera all’amico Champfleury (1850), descrive le due figure, i loro atteggiamenti e i loro miseri abiti, concludendo: «Non ho inventato nulla, caro amico, ogni giorno andando a spasso vedevo questi personaggi».
Nel 1855, in seguito al rifiuto della giuria del Salon (esposizioni di arte promosse e organizzate dall’Accademia Reale di Francia a cadenza regolare) di esporre le sue opere, finanzia a sue spese la realizzazione del Pavillon du Realisme e pubblica un opuscolo a corredo della mostra, in cui precisa: «L’attributo di realista mi è stato imposto. [...] Ho studiato, al di fuori di qualsiasi sistema e senza prevenzioni, l’arte degli antichi e quella dei moderni. Non ho voluto imitare gli uni né copiare gli altri; non ho avuto l’intenzione di raggiungere l’inutile meta dell’arte per l’arte. No. [...] Essere capace di rappresentare i costumi, le idee, l’aspetto della mia epoca, secondo il mio modo di vedere; [...] in una parola fare dell’arte viva, questo è il mio scopo».

 › pagina 95 

Forma, funzioni e idee

La filosofia positivista sembra dunque plasmare e influenzare le diverse forme d’arte, sollecitandole a confrontarsi con soggetti nuovi e a cercare soluzioni formali che, lasciando da parte gli insegnamenti accademici, siano in grado di raccontare in modo efficace la realtà. Anche la nascente tecnica fotografica concorre alla definizione di un orizzonte culturale di stampo positivista: ai suoi albori la fotografia sembra in grado di restituire la realtà in modo obiettivo e distaccato. Si tratta di uno stimolo importante per gli artisti che la utilizzeranno come aiuto e strumento di lavoro.
L’urgenza di registrare in modo immediato e fedele la realtà circostante si esplica in una progressiva perdita d’importanza del tradizionale momento di rielaborazione in atelier in favore di un’esecuzione sempre più guidata dall’osservazione diretta e nella ricerca di un linguaggio pittorico in grado di restituire il vero così come lo percepiscono i sensi. I pittori della Scuola di Barbizon scelgono di raccontare in modo nuovo il paesaggio, mentre Courbet (che all’interno di quel gruppo mosse i primi passi) applica l’osservazione dal vero anche per la descrizione delle classi più umili. Non si tratta di un’operazione di denuncia, ma dell’applicazione di un principio di adesione al dato reale, senza filtri che potessero in qualche modo togliere schiettezza e verità. Una ricerca per molti aspetti simile è quella portata avanti dagli artisti della corrente dei macchiaioli, la cui intenzione, per usare le parole di uno dei suoi interpreti principali, Giovanni Fattori, era condurre uno «studio scrupoloso della natura, com’è e come si presenta». Anche in questo caso si osserva la scelta di soggetti non convenzionali e una ricerca formale (una stesura antiaccademica) che ha l’ambizione di restituire in modo più efficace la realtà.
Le grandi trasformazioni di questi decenni influenzano direttamente anche l’architettura e l’urbanistica in particolare. Tecniche costruttive innovative si affermano grazie alla disponibilità di nuovi materiali – ferro, ghisa e vetro – che, prodotti in serie, si rivelano estremamente pratici e di facile montaggio: nasce la cosiddetta “architettura del ferro”, che contribuisce a ridisegnare il volto delle principali città europee. Parigi, Vienna e Firenze saranno inoltre oggetto di interventi urbanistici tesi a ridefinirne gli spazi affinché diventino, secondo un approccio ancora una volta positivista, più salubri e sicuri. Oltre a ciò, i nuovi e ambiziosi piani urbanistici intendono rendere evidente e manifesta la capacità e l’efficienza del governo nel ridisegnare la città sui nuovi bisogni della popolazione, in altre parole un potente strumento per ottenere consenso.

GUIDA ALLO STUDIO
I concetti chiave
  • I moti rivoluzionari: in Italia i moti costituiscono un momento importante nel processo che porterà all’unificazione nazionale nel 1861.
  • Pensiero positivista: la filosofia positivista afferma che la vera conoscenza deve basarsi su leggi e metodi di indagine di tipo scientifico e guarda con favore e fiducia alla modernità, in quanto indizio sicuro del percorso di progresso continuo compiuto dall’umanità.
  • Pensiero socialista: il filosofo tedesco Karl Marx afferma che le forti contraddizioni legate allo sviluppo economico sono da considerarsi segnale di un’imminente e irrevocabile crisi.
  • Naturalismo, Verismo, Realismo: il contesto delineato viene recepito dalle arti che, attraverso modalità diverse, danno spazio alla rappresentazione dei ceti più umili con approccio oggettivo.
  • Le arti figurative: ricercano temi e soluzioni formali per raccontare la realtà in modo schietto e diretto. La Scuola di Barbizon, Courbet e i macchiaioli toscani danno risposte diverse e personali alla comune ricerca delle modalità di rappresentazione della realtà.

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi