Rivoluzione industriale: progresso e regresso
La Rivoluzione industriale, che si diffonde progressivamente in tutto il continente a partire dall’Inghilterra, non porta a un generalizzato miglioramento delle condizioni di vita di tutta la popolazione. Infatti, la sostituzione dell’industria domestica (botteghe artigiane) con il sistema di fabbrica ha come principali effetti l’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi (nasce la figura del capitalista) e lo sfruttamento della forza lavoro (proletariato). Questo mutamento socio-economico ha portato notevoli ripercussioni sulla vita delle masse popolari, che si riversano nelle città per lavorare nelle fabbriche in condizioni di estrema precarietà.
Il forte malcontento e la progressiva presa di coscienza della drammatica situazione dei ceti più umili (la cosiddetta “questione sociale”, che rende urgenti degli interventi e delle riforme a livello sociale) sfociano nei moti insurrezionali del 1848 che coinvolgono tutto il continente europeo. A ciò contribuisce anche il diffondersi di nuove idee politiche che si volgono contro l’autoritarismo dei governi (chiedendo la concessione di carte costituzionali), incapaci di dare una risposta efficace alle problematiche connesse all’introduzione di un nuovo sistema di sviluppo.
In Francia l’azione congiunta della borghesia, che rivendica il proprio ruolo rispetto al prevalere delle classi aristocratiche tradizionali, e della compagine popolare (artigiana e operaia) porta alla nascita della Seconda Repubblica, che ha però vita breve: nel 1851, con un colpo di stato, Luigi Napoleone Bonaparte impone una svolta accentratrice dell’ordinamento statale che, l’anno seguente, sfocia nel Secondo Impero (1852-1870). In Italia, invece, i moti assumono la forma di una lotta di liberazione dalla dominazione straniera (la Penisola è divisa in vari regni tra cui il Lombardo-Veneto, territorio italiano dell’Impero d’Austria), un momento fondamentale nel processo risorgimentale che si concretizza nella Prima guerra d’indipendenza, di cui si fece promotore Carlo Alberto, re di Sardegna. La sconfitta di Novara contro l’esercito austriaco e il conseguente armistizio segnano il fallimento dei moti rivoluzionari; tuttavia, il processo che porterà all’unificazione nazionale è ormai innescato (1861).