Declinazioni surrealiste in scultura

8.11 Declinazioni surrealiste in scultura

La riflessione surrealista sulla forma biomorfica e metamorfica, a vario modo declinata nei linguaggi pittorici dei diversi artisti, ha un naturale sviluppo nella ricerca plastica, a cui si aggiunge anche l’attenzione verso le forme essenziali dell’arte primitiva, oltreché una particolare sperimentazione dell’ assemblage. In questo scenario assume rilievo il lavoro di artisti come Alberto Giacometti, Alexander Calder, Hans Arp, Henry Moore e Joan Miró, che partecipano alle varie mostre surrealiste, proseguendo in una dimensione autonoma le proprie ricerche nel corso degli anni.
Lo scultore svizzero Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa 1901-Coira 1966) si avvicina al Surrealismo fra il 1926 e il 1935. Dopo questa fase si volgerà verso una ricerca “esistenzialista” con la quale normalmente è identificato (► pp. 406-411). Egli guarda all’opera di Brancusi, alla scultura cubista e all’arte primitiva africana ed esplora tematiche legate all’immaginario sessuale. Nei primi anni Trenta realizza alcune sculture mobili. Questa ricerca raggiunge una particolare originalità nella Sfera sospesa (47), costituita da una struttura metallica aperta che contiene al proprio interno una sfera sospesa che oscilla sopra una forma a mezzaluna. È evidente un gioco di rimandi al femminile (la forma morbida e accogliente) e al maschile (la forma aggressiva e tagliente). Ma l’aspetto più importante del lavoro è il movimento potenziale e reale della forma plastica, che può infatti, se sospinta, oscillare come un pendolo. La sfera e la mezzaluna sembrano accarezzarsi vicendevolmente, ma di fatto non si toccano, generando un sentimento di frustrazione e impotenza.
Il movimento è al centro anche della ricerca di Alexander Calder (Lawton 1898-New York 1976). Di origine americana, Calder si trasferisce a Parigi nel 1926. Dalla sua riflessione sul movimento, negli anni Trenta nascono i mobiles, definizione che si deve a Duchamp. Si tratta di strutture in filo di ferro e motivi policromi, che ricordano le forme biomorfiche di Miró, il cui movimento è affidato unicamente allo spostamento dell’aria. Trappola per aragoste e coda di pesce (48), per esempio, è una composizione di fili di acciaio, figure e foglie metalliche verniciate; è appesa al soffitto e si muove grazie a un meccanismo di bilancieri e leve che la rendono sensibile a ogni soffio, sotto la forza delle correnti d’aria, trasformandone continuamente la forma.
Dopo il Dadaismo, Hans Arp (► p. 319) conduce una propria ricerca plastica surrealista. Crea delle forme morbide e sensuali che definisce “concrezioni plastiche” (49), riflettendo sul concetto di “arte concreta” nell’accezione proposta nel 1936 dallo scultore, pittore, architetto e designer svizzero Max Bill (Winterthur 1908-Berlino 1994). Bill ricorre all’utilizzo dell’espressione “concreto”, intendendo con questo concetto un’arte il cui punto di partenza non è un processo di astrazione dal reale, ma una ricerca basata sull’armonia degli elementi formali. Uno dei momenti fondamentali della sua riflessione sono i numerosi Nastro senza fine (50). «Sono convinto – osservava Bill – che la loro efficacia stia in parte nel loro valore simbolico; essi sono modelli per la riflessione e la contemplazione». Il Nastro senza fine non è che la resa plastica del nastro di Möbius, identificato in matematica come una superficie non orientabile. Infatti, mentre le superfici “normali” hanno due facce, per cui è sempre possibile percorrerne una senza mai raggiungere l’altra, il nastro di Möbius presenta un solo lato e un solo bordo.

L’organicità della scultura è alla base anche della ricerca dello scultore britannico Henry Moore (Castleford 1898-Much Hadham 1986), il quale oscilla dalla creazione di forme astratte a sculture con un più evidente aggancio figurativo. Il poeta e storico dell’arte Herbert Read, in riferimento alla sua poetica, parla della combinazione di due componenti: “il vitale e il mitico”. La dimensione mitica e atemporale deriva dalla sua fascinazione per la scultura primitiva e arcaica, nonché per le forme pure di Brancusi; il vitale emerge con la definizione di forme plastiche biomorfiche basate sui giochi fra volumi pieni e vuoti, con un rimando evidente all’archetipo femminile. Si veda per esempio Figura distesa (51), in cui i fori e le cavità del metallo permettono di “esplorare” la scultura anche al suo interno. Fra il 1937 e il 1940 Moore realizza una serie di stringed figures scolpite nel legno, sulle quali tende delle corde o stringhe: sono forme astratte dalla valenza organica. Come possiamo vedere in La gabbia d’uccello (52), il senso della tensione è molto forte, quasi che la forma possa mutare con il tempo e trovare un nuovo equilibrio. 

Un’altra dimensione della scultura surrealista è costituita dall’assemblaggio, che possiamo rintracciare fra le sperimentazioni di Miró, il quale, oltre alla pittura, esplora questa modalità figurativa quale negazione della forma elaborata e come valorizzazione dell’oggetto trovato. L’artista catalano utilizza materiali vari come pezzi di legno, chiodi e catene, frammenti di immagini, giocattoli, associati talvolta a interventi pittorici. Prendono pertanto forma strani agglomerati dalla forte carica onirica e simbolica come l’Objet (53).

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi