Gustave Courbet

3.3 Gustave Courbet

Pressoché da autodidatta, Gustave Courbet (Ornans 1819-La Tour-de-Peilz 1877) si forma nel solco della tradizione romantica, che lo educa all’osservazione attenta del vero e all’esercizio della copia dei grandi capolavori esposti al Louvre. L’elaborazione del linguaggio pittorico courbettiano passa dunque dalla lezione di Correggio, Tiziano, Caravaggio e Rembrandt, ai quali si aggiungono Géricault e Delacroix. Nel 1846 Courbet è già consapevole di aver “discusso sugli errori dei romantici e dei classici” e di essere pronto a consacrarsi all’“arte realista”. Conduce un’esistenza libera e anticonformista che gli consente di prendere le distanze dall’ambiente della borghesia moraleggiante e dalla tradizione accademica. Nonostante l’aperto rifiuto per la canonizzazione del linguaggio pittorico, nel 1861 fonda una propria scuola, nella quale, contrariamente a quanto avveniva nell’Accademia, incoraggia gli allievi a sviluppare un proprio stile, poiché “non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittori”. Insegna loro come avvicinarsi alla pittura con un atteggiamento empirico, osservando con attenzione le modalità pittoriche del maestro per poi rielaborarle secondo le proprie esperienze e speculazioni. Un vero e proprio manifesto della sua poetica è rappresentato da Courbet ne L’atelier del pittore (10).

L’atelier del pittore

Si tratta di un dipinto di quasi 6 metri di base che, secondo i piani dell’artista, avrebbe dovuto mostrare i risultati della pittura realista all’Esposizione Universale di Parigi del 1855. Vedendoselo rifiutato, Courbet decide di realizzare a proprie spese un Padiglione del Realismo e di esporlo con altre trentotto opere. Organizza dunque una mostra personale autogestita: un gesto di coraggio che dà la misura di come stesse cambiando il mercato dell’arte, sempre più autonomo rispetto alle mostre ufficiali.
La tela riprende l’impianto dei grandi dipinti accademici, ma il contenuto è di una novità dirompente: l’artista si ritrae al centro della scena mentre sta ultimando un paesaggio dall’evidente matrice realista. Accanto a lui, un bimbo dagli abiti sdruciti sembra appartenere al dipinto stesso. Una trentina di altri personaggi affollano l’atelier: nella penombra a sinistra si riconoscono operai, saltimbanchi e reietti di vario genere, mentre sulla destra Courbet ritrae alcuni personaggi in abito borghese che fanno realmente parte della sua vita.
La presenza degli animali aggiunge una nota di colloquiale quotidianità. Come sottolinea lo stesso autore con il lungo sottotitolo (Allegoria reale determinante un periodo di sette anni della mia vita artistica e morale), il dipinto è, appunto, una grande allegoria del concetto stesso della pittura. Courbet si rappresenta al lavoro secondo un’iconografia che ha illustri precedenti – da Velázquez a Goya – attorniato dai soggetti che predilige e ispirato dalla musa della “nuda verità”, in piedi alle sue spalle. Nell’insieme la tela sembra una grande mise en scène (messa in scena) in cui i personaggi si muovono di fronte a un grande scenario sul quale è appena leggibile un paesaggio. Una volta esposto, il dipinto sconcertò sia il pubblico sia la critica: entrambi vi colsero un clima di generale volgarità perché i soggetti furono ritenuti triviali e il nudo eccessivamente esplicito.

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Fanciulle sulla riva della Senna

Sono altrettanto smaliziate le due Fanciulle sulla riva della Senna (11) che Courbet termina nel 1857, dopo almeno due anni di lavoro testimoniati da alcuni studi preparatori.
L’impressione che le due donne siano state colte di sorpresa su un prato in riva al fiume è in realtà il risultato di una profonda riflessione sulla composizione e sulla scelta della palette (tavolozza). A Courbet non solo preme ottenere un effetto d’immediatezza ma, attraverso la posa delle fanciulle, la scelta degli abiti e la resa vivida del paesaggio intende calare la scena nella contemporaneità, distante da soluzioni classiche o idealizzate. Anzi, la posa della ragazza assopita in primo piano e quella estremamente rilassata dell’altra sfiorano persino la volgarità, tanto che alcuni critici pensano che le due donne siano prostitute. La tavolozza ha una predominanza di colori freddi – il verde, l’azzurro e il grigio – sapientemente stesi in modo da far risaltare le tinte sgargianti dei fiori tenuti in grembo dalla donna in secondo piano, l’arancio della sua gonna e l’incarnato della signora stesa a terra. Il disaccordo di Courbet nei confronti della cultura dominante va oltre la pittura: nel 1870 rifiuta la prestigiosa onorificenza della Legione d’Onore, perché simbolo di un establishment culturale e politico che non condivide, e fonda la Federazione degli artisti a sostegno di un’arte libera da censura. Dopo i fatti della Comune parigina (1871), che lo videro coinvolto in prima persona come delegato delle Belle Arti, fu costretto ad abbandonare la Francia per non pagare una pesante ammenda. Si spense, modestamente e in solitudine, a La Tour-de-Peilz, in Svizzera, nel 1877.

GUIDA ALLO STUDIO
Gustave Courbet
  • Pittore francese, massimo esponente della pittura realista
  • Distacco dalla tradizione accademica
  • Fondatore di una propria scuola volta a promuovere l’autonomia stilistica degli artisti
  • Rappresentazione di scene e soggetti tratti dal quotidiano su tele di grandi dimensioni

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi