CONFRONTI E INFLUENZE - Camille Corot, Il ponte di Narni

CONFRONTI E INFLUENZE

Camille Corot, Il ponte di Narni

Studio en plein air

  • 1826
  • olio su carta applicata su tela, 34x48 cm
  • Parigi, Museo del Louvre

Il bozzetto dal vero 

Il dipinto fu eseguito da Corot durante il suo soggiorno in Italia (1825-1828). Attratto dalla luce calda e dai resti delle architetture antiche, egli realizza una serie di paesaggi  en plein air: posto di fronte al suo soggetto, il pittore lo descrive senza costruire il disegno, ma applicando i colori direttamente sul supporto con larghe e dense pennellate che appaiono come macchie compatte. Non descrive quindi con attenzione gli elementi del paesaggio, perché il suo interesse è rivolto agli effetti di luce e di colore.

Versione in atelier

  • 1827
  • olio su tela, 68x94,6 cm
  • Ottawa, National Gallery of Canada

Il dipinto rielaborato in atelier 

Questo dipinto mostra sensibili differenze rispetto ai risultati ottenuti dallo studio condotto en plein air: il taglio è infatti più ampio sulla sinistra, e il punto di vista è più ravvicinato e abbassato rispetto alla strada che costeggia il fiume. La scena presenta una maggiore attenzione nella descrizione dei dettagli, individuati grazie a una stesura più controllata e precisa. Allargando e appianando la via a sinistra, Corot riequilibra il peso visivo della collina sulla destra inserendo un gruppo di alberi. Anche la luce è meno accesa e più bilanciata nei contrasti.

Le ragioni del confronto

Corot, pur essendo stato un importante esponente della Scuola di Barbizon e un attivo partecipante al rinnovo della pittura di paesaggio, differisce dai suoi colleghi per l’attaccamento alla pratica dell’atelier. Essendo il più anziano tra i suoi compagni, era ancora legato ai procedimenti tradizionali che consideravano le sedute di lavoro all’aria aperta una tappa del processo, una base su cui intervenire in un secondo momento. Corot porta dunque in atelier le sue impressioni fermate su carta o su tela e qui le rielabora, accomodando la composizione, aggiustando i toni e i contrasti luminosi.

LE FONTI

Per comprendere la differenza di approccio di Corot, risulta interessante leggere una testimonianza e una riflessione in merito al metodo en plein air di Auguste Renoir, uno dei maggiori rappresentanti della pittura impressionista; questo artista farà tesoro della lezione dei barbizoniers nella ripresa della natura dal vero, per poter cogliere al meglio i dettagli cromatici e luminosi di un paesaggio o di una scena, distinguendo tra composizione ed effetto.
«[…] All’aperto c’è una maggior varietà di luce che in studio, dove rimane sempre la stessa; ma appunto per questo all’aperto siete preso dalla luce, non avete il tempo di occuparvi della composizione, e poi non vedete bene quello che state facendo. […] Dipingendo direttamente dal vero, il pittore cerca solo l’effetto, non studia più la composizione e presto cade nella monotonia. […] Corot ha dipinto all’aperto gli studi preparatori, certo, ma le sue composizioni erano eseguite in studio. E poi Corot poteva fare tutto quello che voleva. Lui era ancora un antico: correggeva la natura... Tutti dicevano che Corot sbagliava a rifinire i suoi lavori in studio. Gli parlo delle difficoltà che trovo a lavorare all’aperto, e lui replica: “Il fatto è che all’aperto non si può mai essere sicuri di quello che si è fatto. Bisogna ripassare tutto in studio”. E questo non ha impedito a Corot di rappresentare la natura con una realtà che nessun “impressionista” ha mai raggiunto. [...]»

(Auguste Renoir, Conversazione con Ambroise Vollard, in Lettere e scritti teorici, a cura di E. Pontiggia, Milano, 1995.)

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Contesti d’arte - volume 3
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