ANALISI D'OPERA - Rogier van der Weyden, Compianto sul Cristo morto

Analisi D'opera

Rogier van der Weyden

Compianto sul Cristo morto

  • 1450 ca.
  • tavola, 111x95 cm
  • Firenze, Galleria degli Uffizi

Questo capolavoro della pittura fiamminga si trovava nel 1492 sull’altare della cappella della Villa medicea di Careggi, dove lo menziona Giorgio Vasari nella seconda edizione delle sue Vite (1568). In epoca antica l’opera fu attribuita dapprima a Hans Memling e, in seguito, ad Albrecht Dürer. Il riconoscimento della paternità di Rogier van der Weyden avvenne soltanto nell’Ottocento e non è stato mai più posto in dubbio. Una parte della critica ritiene che l’opera sia stata eseguita nelle Fiandre e non durante il celebre viaggio in Italia dell’artista. Ad ogni modo, la composizione del dipinto deriva da un modello italiano e in particolare dalla tavola centrale della predella della Pala di San Marco – raffigurante per l’appunto il Compianto di Cristo – commissionata nel 1438-1440 a Beato Angelico da Cosimo il Vecchio de’ Medici.

Descrizione

Il dipinto ha forma rettangolare e mostra la sepoltura di Cristo, mentre Maria e Giovanni evangelista ne piangono la morte. I due dolenti reggono con l’aiuto di Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo il corpo morto di Cristo, tenendone le mani e ricreando così la postura della Crocifissione. In basso sta la figura inginocchiata della Maddalena.
Il maestro fiammingo, pur giovandosi dello spunto iniziale fornitogli dal pittore italiano, imposta una composizione più complessa e, soprattutto, la organizza sullo sfondo di una grandiosa apertura paesaggistica, maggiormente ricca di personaggi e dotata di una gamma cromatica più accesa e variegata.
La scena è più affollata e complessa, soprattutto se confrontata con il dipinto di Beato Angelico, grazie alla presenza di un gruppo posto a semicerchio attorno al Cristo, sbilanciato dall’asse diagonale che va dalla Maddalena a Giovanni tramite la pietra del sepolcro. Perpendicolare a quest’asse è Cristo, leggermente inclinato di lato. Il punto di vista e la linea dell’orizzonte sono molto alti, i profili ritmicamente spezzati, gli sguardi tesi e angosciati: questi elementi contribuiscono alla partecipazione emotiva dello spettatore. Il nitido paesaggio è descritto con minuzia lenticolare e colori brillanti e accesi; al contrario della drammatica scena in primo piano, è pervaso da una serenità e luminosità straordinarie, ma culmina al centro con la collina del Golgota, dove campeggiano le tre croci: si tratta dell’unico accento drammatico in un contesto ispirato alla raffigurazione della natura resa ancora più bella dalle opere dell’uomo e dagli eleganti monumenti. Con la stessa minuzia è trattato il prato in primo piano, in cui il pennello del pittore sembra descrivere ogni singola foglia, ogni goccia di rugiada.
L’opera ebbe un notevole impatto sull’arte fiorentina del secondo Quattrocento, in particolare su artisti quali Domenico Ghirlandaio e lo stesso Leonardo da Vinci, i quali ne derivarono spunti inequivocabili per i loro dipinti.

Contesti d’arte - volume 2
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