Contesti d’arte - volume 2

La cappella della famiglia Brancacci

La decorazione pittorica della Cappella Brancacci nella testata del braccio destro del transetto della Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, pur nello stato incompleto e frammentario nel quale è giunta fino ai giorni nostri, è alla base della cultura figurativa occidentale moderna (31-32).
Già in antico s’indicava come committente degli affreschi Antonio Brancacci (la cui famiglia tenne il patronato della cappella dalla seconda metà del XIV secolo fino al 1780), che tuttavia morì negli ultimi anni del Trecento. All’epoca era tutt’altro che rara l’eventualità che dalla volontà testamentaria con la quale era commissionata un’opera all’effettiva realizzazione della stessa trascorressero anche molti anni. Tuttavia, il committente degli affreschi è oggi generalmente identificato con Felice Brancacci, che nel suo primo testamento del 1422 si considerava a tutti gli effetti il titolare del patronato della cappella, pur senza far cenno ad alcuna disposizione relativa alla sua decorazione pittorica. La difficile identificazione del reale committente è aumentata dal fatto che nessuno dei membri della famiglia è ritratto nella cappella. Le loro effigi pare siano state eliminate e cancellate dagli affreschi in seguito alla caduta in disgrazia della famiglia per motivi politici ed economici. Sarebbe stato questo improvviso cambiamento nelle fortune della famiglia a far sì che gli affreschi, rimasti incompiuti attorno al 1428, fossero completati da Filippino Lippi solo negli anni Ottanta del Quattrocento, con un intervento sorretto da straordinaria intelligenza critica. Si tratta di una situazione di eccezionale interesse storico-culturale, un vero unicum nella storia dell’arte italiana: il protagonista assoluto del primo Rinascimento in pittura, Masaccio, visto con gli occhi di uno degli artisti più importanti attivi a Firenze tra XV e XVI secolo, Filippino Lippi, una delle figure-chiave della crisi della stessa pittura rinascimentale.

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Masaccio e Masolino

A partire probabilmente dal 1424, dunque, Masaccio e Masolino lavorarono fianco a fianco in questo ambiente di sette metri scarsi di profondità per poco più di cinque metri e mezzo di altezza. L’impatto innovativo esercitato dall’opera comune dei due artisti – ma soprattutto, come si vedrà, di Masaccio – è paragonabile soltanto a quello dispiegatosi negli affreschi delle basiliche superiore e inferiore di San Francesco ad Assisi, dove in epoca gotica era stata all’opera una schiera di artisti eccezionali in uno spazio di svariate decine di metri quadrati.
Nonostante la vastissima letteratura critica disponibile, sia la cronologia sia le modalità esecutive da parte del binomio Masolino-Masaccio sono ancora oggi oggetto di dibattito e di ipotesi da parte degli studiosi, in assenza di elementi incontrovertibili. Secondo l'ipotesi oggi più accreditata, probabilmente i due pittori iniziarono insieme i lavori intorno al 1424 e si divisero lo spazio in modo sostanzialmente equo fino all'interruzione definitiva del rapporto di collaborazione verso la fine dell'estate del 1425, quando Masolino si trasferì in Ungheria, per rimanervi almeno fino alla fine di luglio del 1427.
La mirabile unità iconografìco-compositiva e l'omogeneità stilistica di fondo che caratterizzano la decorazione della cappella suggeriscono d'immaginare che questo fortunatissimo connubio si sia realizzato, sin dalle prime battute, con i due artisti che lavoravano in maniera parallela e sostanzialmente in parti uguali. Tale ipotesi appare del resto concretamente verificabile nel registro superiore, il solo arrivato in maniera integrale fino ai giorni nostri e che può illustrare come Masaccio e Masolino procedettero affiancati.
Il ciclo, introdotto da due scene della Genesi, raffigura le Storie di san Pietro (33): è il più importante di questo soggetto fra quelli esistenti all'epoca in Italia e dimostra l'attenzione, tutta fiorentina, per la forte riaffermazione dell'autorità del Papato rievocato nella figura di san Pietro (primo pontefice della cristianità), un'autorità che in quegli anni era fortemente messa in discussione da più parti. 

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò