Cappella Cerasi
Una vicenda analoga a quella della Cappella Contarelli è la realizzazione, sempre tra 1600 e 1601, della Cappella Cerasi nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo. Per il piccolo ambiente della cappella, che imponeva una visione profondamente scorciata, obbligando cioè ad avere una fruizione fortemente obliqua del dipinto, Caravaggio esegue la Conversione di san Paolo e la Crocifissione di san Pietro, su incarico ricevuto il 24 settembre 1600 da monsignor Tiberio Cerasi. Come già per l’altare della Cappella Contarelli, Caravaggio realizza due versioni delle tele. Secondo un’antica tradizione, riferita dal pittore Giovanni Baglione (Roma 1573 ca.-1644), entrambe le tele furono rifiutate dai committenti, perché giudicate troppo movimentate e realistiche per uno spazio sacro, mentre oggi si ritiene che fu lo stesso Caravaggio, non soddisfatto delle sue realizzazioni, a tornare sui soggetti, anche perché il pittore si trovò ad aver completato le due prime versioni delle tele prima che l’architettura della cappella fosse terminata. Del resto Giovanni Baglione, come poi Pietro Bellori (Roma 1613-1696), è l’autore di una biografia di Merisi molto parziale, inserita nelle Vite de’ pittori, scultori, architetti e intagliatori (1642), in cui numerosi giudizi sono dettati da animosità personali: il suo tentativo di avvicinarsi all’arte di Caravaggio dopo il successo della Cappella Contarelli fu così aspramente deriso dall’artista stesso con sonetti diffamatori che Baglione, nel 1603, durante un celebre processo, querelò il rivale. Il processo segna l’inizio di anni difficili per il Merisi, in un crescendo di scontri con i colleghi, risse, episodi di violenza e imprigionamenti.
Le due tele della Cappella Cerasi, in intimo dialogo, presentano caratteristiche simili: in entrambe i personaggi, illuminati da una luce chiarissima e violenta, emergono dal buio, in posizione diagonale. Nella Crocifissione di san Pietro
(7-8) i carnefici, che stanno sollevando la croce, sembrano piuttosto "operai" indaffarati, secondo una fortunata definizione di ▶ Roberto Longhi, quasi incolpevoli nei loro gesti quotidiani, uomini semplici costretti a un lavoro faticoso. Una luce calda investe la croce e il santo, illuminando ogni realistico particolare della scena: le venature del legno della croce, i piedi neri, i volti rugosi degli aguzzini, lo sguardo corrucciato e quasi perplesso di Pietro. Più che i movimenti, lenti e pesanti, è proprio la luce a dare tensione drammatica alla raffigurazione, definendo i volumi e i corpi.
Nella Conversione di san Paolo (9) Caravaggio ritrae il momento fondamentale della conversione di Paolo, così come è descritto negli Atti degli apostoli: a Paolo di Tarso, fino ad allora persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco appare Gesù Cristo, che gli ordina di cessare le persecuzioni e di diventare suo "ministro e testimone". Caravaggio sceglie non tanto il momento della folgorante apparizione, ma quello, più dinamico, della caduta, con Paolo disarcionato dalla potenza della rivelazione. Riduce poi la scena ai soli personaggi "reali": Paolo, a terra, con le braccia spalancate in segno di umile obbedienza, un vecchio aiutante, il cui volto rugoso emerge dalla penombra, e soprattutto il grosso cavallo centrale, fermo e come sospeso nel gesto per non calpestare il suo cavaliere disarcionato. Solo la luce che illumina Paolo e l'animale segnala la presenza divina: Cristo non è raffigurato nella scena, come se tutto si svolgesse semplicemente in un quotidiano umile e terreno, in cui l'animale arriva curiosamente a occupare gran parte della tela, risaltando plastico sul fondo nero.