ANALISI D'OPERA - Tintoretto, San Marco libera lo schiavo dal supplizio della tortura

Analisi D'opera

Tintoretto

San Marco libera lo schiavo dal supplizio della tortura

(detto anche Miracolo dello schiavo)

  • 1547-1548
  • olio su tela, 41,5 x 54,1 cm
  • Venezia, Gallerie dell'Accademia

Il grande dipinto è stato eseguito per la Sala Capitolare della Scuola Grande di San Marco. Le Scuole erano istituzioni di grande rilievo a Venezia che avevano come funzione primaria quella di dare assistenza ai poveri. La Scuola di San Marco apparteneva al gruppo delle cosiddette "Scuole grandi", cioè le confraternite più importanti, fondate tutte alla metà del XIII secolo con l’eccezione della Scuola di San Rocco creata nel 1480. Solo ai nobili era consentito far parte delle Scuole, mentre le cariche onorifiche e di autorità erano riservate al ceto medio. Il dipinto, per ampiezza e struttura compositiva, si mostra pienamente adeguato alla magnificenza architettonica dell’edificio, rinnovato fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. Nel 1797 fu portato a Parigi e restituito a Venezia nel 1815.

Descrizione

Il soggetto del dipinto è la liberazione, per intercessione di san Marco, di uno schiavo condannato ad avere le gambe spezzate e all’accecamento per essere andato a pregare sulle reliquie del santo senza il permesso del proprio padrone. La figura del santo irrompe dall’alto impedendo l’atroce punizione che stava per essere inflitta allo schiavo, raffigurato quasi esanime al centro della scena. Personaggi con abiti orientaleggianti si mischiano a figure con armature e vesti di foggia cinquecentesca a rendere reale e presente l’evento raffigurato. Colpisce i contemporanei la figura del personaggio che mostra al padrone (sulla destra) gli strumenti di tortura.
Il partito architettonico, caratterizzato da monumentali colonne binate su un alto piedistallo, è improntato a un raffinato classicismo. Un simile linguaggio informa l’apertura della transenna che separa lo spazio dove si svolge la scena dal lussureggiante giardino sullo sfondo: le quattro erme e il frontone triangolare, qualificato da due sculture sdraiate, attestano la conoscenza delle opere di Jacopo Sansovino e Sebastiano Serlio.
Il telaio prospettico è quasi frantumato dalla disposizione delle figure che affollano la scena, ma la pavimentazione nella parte inferiore del dipinto, con i riquadri di laterizio e le liste di marmo bianco, visualizza il reticolo geometrico alla base della rappresentazione controbilanciando il senso di concitazione e pathos che emana la composizione.
La concitazione e la drammaticità dell’episodio è restituita dalle pose dei personaggi, caratterizzati da una spiccata teatralità e da un intenso cromatismo. Il trattamento dei corpi tradisce lo studio della scultura antica e, in particolare, l’ammirazione di Tintoretto per l’opera di Michelangelo e Iacopo Sansovino. La scelta delle pose delle figure, infatti, enfatizza la muscolatura e le caratteristiche anatomiche delle membra, valorizzando appieno l’espressività del corpo. Un particolare virtuosismo caratterizza la figura di san Marco, apprezzato ed elogiato da Pietro Aretino in una lettera all’artista: Aretino riconosce in questo personaggio il fulcro dell’intero dipinto ed elogia Tintoretto per l’arditezza della soluzione compositiva.

GUIDA ALLO STUDIO
Tintoretto
  • Intenso cromatismo
  • Toni caldi e sfumati
  • Scene complesse
  • Rappresentazione della carica emotiva della natura
  • Resa della plasticità e dell’espressività dei corpi
  • Studio della luce e degli effetti chiaroscurali

Contesti d’arte - volume 2
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