ANALISI D'OPERA - Niccolò Tribolo e Bartolomeo Ammannati, Palazzo Pitti e il Giardino di Boboli

Analisi D'opera

Niccolò Tribolo e Bartolomeo Ammannati

Palazzo Pitti e il Giardino di Boboli

  • 1550-1570 ca.
  • Firenze

Giusto Utens, Belveder con Pitti, 1599, olio magro su tela 143x285 cm. Firenze, Museo della Villa Medicea della Petraia.

Nel 1550 Eleonora di Toledo, sposa di Cosimo I, acquistò il quattrocentesco palazzo di Luca Pitti e un'ampia proprietà fondiaria (la cosiddetta "collina di Boboli"). Questa comprendeva un piccolo giardino dietro l'edificio, contiguo alla cava di pietraforte da cui proveniva il materiale da costruzione usato per il palazzo. 

Descrizione

A quella data il palazzo era un parallelepipedo stretto e lungo, incompiuto al secondo piano e sul retro, senza cortili e loggiati. L'area offriva però grandi potenzialità, in una parte della città con vasti spazi inedificati. Subito dopo l'acquisto, uno degli artisti favoriti dal duca, Niccolò Tribolo, progettò la trasformazione del declivio e della cava dietro il palazzo nel nucleo centrale del futuro Giardino di Boboli: oltre a un grande teatro di verzura che regolarizzava lo spazio dell'antica cava, Tribolo previde la sistemazione delle altre zone con percorsi regolari, aiuole, fontane e grotte.

I lavori furono portati avanti da Ammannati, responsabile unico della creazione del cortile (iniziato nel 1561), che ridisegna il fronte posteriore del palazzo. Alla residenza dei Pitti vengono addossate tre nuove ali, organizzate su tre piani sovrapposti. Un quarto lato, a un solo piano con una grotta al centro, si interpone tra il cortile e il giardino, che rimane visibile solo dal piano nobile.

La sovrapposizione di ordini rustici qualifica i tre fronti: tuscanicoionico e corinzio, nella particolare versione "rustica" – cioè con rocchi (gli elementi cilindrici che costituiscono il fusto della colonna) alternativamente lisci e rustici –, creano una soluzione del tutto originale nel contesto fiorentino, ispirata alle opere di Giulio Romano e Iacopo Sansovino.

Nel corso del secolo, il complesso si arricchì della Grotta Grande di Bernardo Buontalenti, composta da tre ambienti in sequenza, decorati con dipinti e sculture, che materializzano un percorso filosofico incentrato sul concetto dell'amore.

Negli anni Novanta del Cinquecento, Palazzo Pitti divenne sede ufficiale della corte medicea, precedentemente insediata in Palazzo Vecchio, e si costruì la Fortezza del Belvedere. 

Fra il XVII e il XVIII secolo la facciata a sette assi del palazzo di Luca Pitti, lasciata invariata da Ammannati, viene portata con successivi ampliamenti (mimetici rispetto alla soluzione del XV secolo) all'estensione attuale, con la conseguente trasformazione della piazza.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
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