Correggio

4.8 Correggio

Antonio Allegri (1489-1534) nasce a Correggio, capitale di un piccolo Stato indipendente tra Modena e Reggio Emilia retto da una signoria locale. Il nome della città diventa anche lo pseudonimo dell’artista, che si forma e opera prevalentemente nell’ambiente emiliano, ricevendo solo indirettamente gli stimoli del dibattito culturale del primo Cinquecento. Dopo un apprendistato svolto tra il paese natale e Modena è presente a più riprese a Mantova, dove entra in contatto con l’ambiente colto e cosmopolita della corte gonzaghesca.
La provenienza provinciale e una carriera per lo più appartata rispetto ai centri trainanti dell’innovazione artistica del suo tempo non hanno impedito a Correggio di cogliere le suggestioni del colorismo veneto e del Rinascimento fiorentino e romano, che egli rielabora in modo del tutto originale in una pittura di grande forza inventiva, caratterizzata da una tecnica raffinata e da una inedita resa della complessità spaziale e della modulazione luminosa. Nelle sue opere gli episodi sacri o mitologici si tramutano in occasioni per comporre scene di straordinaria articolazione prospettica e vivacità cromatica, in cui i personaggi sono disposti liberamente in spazi scenografici che anticipano i risultati illusionistici dell’arte barocca.

Compianto sul Cristo morto 

Pochi anni più tardi, intorno al 1524, per una cappella privata della stessa chiesa di Parma l’artista dipinge il Compianto sul Cristo morto (89). In una nebbiosa e violacea atmosfera mattutina, Gesù è stato deposto dalla croce e attorno al suo corpo esanime si raccolgono i personaggi a creare una composizione di figure fortemente asimmetrica: Nicodemo sta scendendo dalla scala, la Maddalena piange a destra, san Giovanni sorregge la Madonna sconvolta dal dolore, la seconda Maria, tagliata dalla cornice, entra nella scena da sinistra, dalla direzione privilegiata riservata allo spettatore: la tela, infatti, doveva essere apprezzata da un’angolazione obliqua, sulla parete laterale sinistra della cappella. È proprio la figura femminile a rappresentare il tratto più saliente di un’opera contrassegnata da un’ innovativa mobilità e da un’energia emozionale che tendono a superare i limiti dello spazio pittorico, entrando in continuità con lo spazio reale e coinvolgendo l’osservatore; in questo modo Correggio anticipa alcune peculiarità della pittura seicentesca.

Adorazione dei pastori 

Così come altri capolavori di Correggio, anche l’Adorazione dei pastori  (90) mostra caratteri di innovazione rispetto a un soggetto per tradizione statico: inusualmente i personaggi sono disposti su di un’estesa diagonale e sono animati da una notevole tensione dinamica ed espressiva, mentre il tema della luce, articolato al massimo grado, abbandona ogni intento veristico per rivelare unicamente l’intensità e la bellezza dell’evento inaspettato.
La scena si svolge negli ultimi momenti di oscurità della notte, mentre l’aurora si apre all’orizzonte. Un potente flusso luminoso emana miracolosamente dal corpo del Bambino e, investendo gli astanti, enfatizza con la sua vibrazione chiaroscurale i movimenti causati dalle loro reazioni.
La luce è più che mai strumento di narrazione, attivo e pervasivo: si irradia lungo il cuscino di spighe dove giace Gesù; lumeggia i capelli di Maria; accende i volti e le mani dei personaggi più vicini alla mangiatoia, fino a lambire la figura del grande pastore anziano in primo piano che, flettendo le gambe, si regge al lungo bastone.
Come nel caso della seconda Maria del Compianto sul Cristo morto, Correggio inserisce un elemento di mediazione tra dipinto e realtà, una sorta di tramite per stabilire un rapporto, non solo psicologico ma quasi fisico, con lo spettatore: questa volta si tratta di un gruppo di angeli che sovrastano la scena e che, nelle posizioni oblique e nei movimenti di torsione, sembrano estendere la loro presenza fino a invadere lo spazio di chi osserva l’opera.
Nel quadro sono presenti tutti gli artifici impiegati dall’autore per tramutare la rappresentazione sacra in un dispositivo di comunicazione fondamentale, precorrendo ancora una volta un aspetto primario degli sviluppi artistici futuri. Tali accorgimenti sono rappresentati dagli imponenti gruppi di figure dislocati in composizioni asimmetriche e diagonali, dal ruolo di primo piano affidato alla luce e dalla prevalenza di visioni drammaticamente scorciate.

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Gli Amori di Giove 

Nella stagione della sua maturità artistica, pur continuando a realizzare opere per il mercato della devozione religiosa, Correggio si dedica a dipinti a soggetto mitologico tra i quali spicca il ciclo degli Amori di Giove, commissionato da Federico Gonzaga. La serie, contrassegnata da colti riferimenti classici, è composta da quattro tele che raffigurano il dio accanto a Ganimede, Leda, Io e Danae.
Allontanandosi dal sacro per affrontare in questo caso temi spiccatamente erotici, l’artista adotta uno stile equilibrato e permeato di grazia, estremamente attento alla lezione dell’Antico. Ciò è ben evidenziato dalla tela con Danae (91) in cui la scena, ripresa frontalmente, si svolge in un’ambientazione intima ed essenziale. La protagonista in piena luce si offre sorridente a Giove che cade dall’alto sotto forma di pioggia dorata, mentre Cupido svela le nudità della giovinetta affinché il re degli dèi si possa unire a lei. Il dipinto è intriso di una sensuale eleganza e Correggio ribadisce la sua abilità nell’usare la luce e i colori nel morbido incarnato della fanciulla e nei fasci di pieghe delle lenzuola.
GUIDA ALLO STUDIO
Correggio
  • Originale organizzazione delle composizioni (asimmetriche/scorciate)
  • Uso articolato della prospettiva
  • Tecnica raffinata
  • Originale resa luministica

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò