CONFRONTI E INFLUENZE - Giorgione e Tiziano: due Veneri veneziane

CONFRONTI E INFLUENZE

Due Veneri veneziane

Giorgione e Tiziano

Venere dormiente

  • 1508-1512
  • olio su tela, 108,5x175 cm
  • Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister


Giorgione e Tiziano, Venere dormiente

All’aperto Venere, nuda, colta in un momento di riposo e abbandono, quasi ignara della propria bellezza e innocente nel suo sonno pacato, si distende su un prezioso cuscino rosso; sullo sfondo è la campagna veneta, con le Alpi in lontananza e un tipico paese dell’entroterra, illuminata dai toni caldi della luce serale e scalata progressivamente in una distanza realizzata sfumando toni di colore. Già nel terzo decennio del Cinquecento la Venere dormiente, forse realizzata per le nozze del nobiluomo Girolamo Mar
cello, è considerata il frutto di una collaborazione tra Giorgione e Tiziano; probabilmente il dipinto, iniziato da Giorgione negli ultimi anni di vita intorno al 1508, restò incompiuto per la morte del maestro e vi intervenne poi il giovane Tiziano che lo portò a compimento entro il 1512, con un passaggio di consegne tra i due maestri che è assai interessante per comprendere gli sviluppi della pittura veneta nel Cinquecento. Sembra inoltre che la sua azione sia molto estesa: si può infatti parlare di una completa operazione di ridipintura dell’opera, iniziata da Giorgione ma ormai del tutto tizianesca, soprattutto nel trattamento del drappeggio e del guanciale. A Giorgione però si può ricondurre con sicurezza l’elaborazione di un tipo di bellezza ideale, che rende quasi astratto e fuori dal tempo il nudo raffigurato.

Tiziano

Venere di Urbino

  • 1538
  • olio su tela, 119x165 cm
  • Firenze, Galleria degli Uffizi


Tiziano, Venere di Urbino

La tela viene commissionata a Tiziano dal duca di Urbino, Guidobaldo II della Rovere, e giunge nella città marchigiana dopo diverse peripezie legate al pagamento avvenuto con notevole ritardo da parte del duca, che non esita a inviare a Venezia un suo incaricato per portare il dipinto a Urbino. Passata, come gran parte delle collezioni urbinati, nel patrimonio della famiglia Medici, trova collocazione prima nella fiorentina Villa di Poggio Imperiale e infine presso la Galleria degli Uffizi. L’opera è certamente debitrice della Venere dormiente, vertice della collaborazione tra Giorgione e Tiziano. La posizione della donna è infatti identica ma del tutto diverso è lo sguardo con cui si rivolge verso lo spettatore: mentre la prima è addormentata e sognante, la seconda è del tutto priva di pudicizia, con un atteggiamento sensuale e quasi sfrontato, più tipico di una vera donna che di una dea. Inoltre, differente è anche l’ambientazione: la scena della Venere dormiente è ambientata in uno sfondo agreste, un richiamo alla campagna veneta che tante volte compare nelle opere di Giorgione. Nel caso della Venere di Urbino, invece, ci troviamo in un interno: la scena sembra svolgersi in una lussuosa residenza cinquecentesca, come si desume dalla bifora che si intravede sullo sfondo, elegantemente scompartita da una colonna marmorea, e dai lussuosi arazzi alle pareti, decorati con dei disegni a candelabre. Il pavimento è reso mediante un’elaborata scacchiera. Venere è sdraiata all’interno di un’alcova mentre le due ancelle sullo sfondo, ritratte di spalle, sono intente a rovistare nei bauli, forse per cercare gli indumenti per la protagonista: i cassoni sono elegantemente decorati con un motivo che riprende quello dei girali, all’antica. Un cagnolino, simbolo di fedeltà, è accucciato e sta dormendo vicino a Venere. Come notato dal Vasari, e in modo simile alla Venere dormiente, con grande accuratezza sono resi il tessuto dei cuscini e quello dell’alcova, realizzati in rosso e in verde,  colori complementari.

Le ragioni del confronto

Il confronto tra le due tele, eseguite a circa trent’anni di distanza, consente di apprezzare lo sviluppo della pittura veneta e il rapporto di reciproca influenza tra Giorgione e Tiziano. Oltre alle affinità già individuate, si nota l’impiego della pittura tonale per rendere la profondità spaziale e la volumetria dei corpi ( p. 137). Tiziano però costruisce il quadro attraverso ampie zone di colore più nettamente individuate, che fanno risaltare in modo più evidente le forme della figura. Egli inoltre descrive una donna che, collocata in un ambiente domestico e ben caratterizzato, guarda direttamente l’osservatore mostrando un atteggiamento di più aperta e consapevole sensualità. Potremmo dire che mentre Giorgione raffigura una dea dalla bellezza innocente, Tiziano descrive una donna vera: la pittura perde un po’ della sua liricità – quel carattere contemplativo e idealizzato della tela di Dresda – divenendo più robusta e naturalistica.

Contesti d’arte - volume 2
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Dal Gotico internazionale al Rococò