Tiziano Vecellio

4.6 Tiziano Vecellio

Tiziano nasce a Pieve di Cadore, nel Bellunese, tra il 1488 e il 1490. Già in tenera età si trasferisce a Venezia: della sua iniziale formazione si conosce molto poco; tuttavia, appena adolescente, frequenta diverse botteghe della Serenissima, tra cui quella di Giovanni Bellini. Pochi anni dopo è presente nella bottega di Giorgione di cui diviene uno dei più valenti collaboratori. Al momento della prematura scomparsa del maestro di Castelfranco, Tiziano, appena trentenne, si ritrova a essere il principale pittore di Venezia, di cui dominerà la scena artistica per oltre sessantanni. Ben presto aumentano le commissioni che gli giungono anche dal Governo cittadino. La sua fama in poco tempo oltrepassa i confini della Repubblica e sue opere sono richieste in numerosi Stati italiani, soprattutto nelle ricche e colte corti del Nord. Lavora per gli Este a Ferrara, per i Gonzaga a Mantova e per i Della Rovere a Urbino, come pure per papa Paolo III Farnese per il quale dipinge uno dei suoi più celebri ritratti. In questo periodo visita Roma e ha modo di studiare l’opera pittorica di Michelangelo e di conoscere personalmente il grande maestro fiorentino. Ormai tale è il suo prestigio che anche l’imperatore Carlo V lo sceglie come suo pittore ufficiale. Tiziano si spegne a Venezia nel 1576: negli ultimi venti anni della sua vita risiede nella città lagunare ed è a capo di una grande bottega. Nonostante l’età avanzata, rimane sempre in attività, riservando per sé le commissioni più prestigiose e lasciando le altre ai suoi collaboratori, che comunque operano secondo lo stile del maestro.

Dipinti e pale per le famiglie veneziane

Amor sacro e Amor profano 

L’opera è realizzata da Tiziano nel 1515, quando si avvia a essere il più affermato e famoso pittore della Serenissima: si tratta di un dipinto celebrativo delle nozze di Niccolò Aurelio con Laura Bagarotto, nobili veneziani (76). La scena, dai complessi significati allegorici, è ambientata in un contesto agreste: due figure femminili, una vestita e l’altra nuda, si appoggiano a un sarcofago antico – che funge anche da fonte – nel quale un amorino ha infilato il suo braccio destro, quasi per cercare qualcosa o per mescolarne il contenuto. Il paesaggio veneto sullo sfondo è stato anche interpretato come una citazione dei luoghi conosciuti da Tiziano: è il caso della torre di San Floriano e del lago Morto (Treviso). Al di là del titolo con cui l’opera è nota, che è posteriore e vuole contrapporre due tipi di amore, le due figure femminili rappresentano due aspetti, entrambi positivi, del matrimonio: quello inerente alla sfera privata, evocato dalla figura nuda, e quello relativo alla sfera pubblica, simboleggiato dalla donna vestita .
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Assunta 

La definitiva affermazione di Tiziano arriva nel 1518, quando è terminata la grande pala d’altare con l'Assunta per la chiesa francescana dei Frari (77). L’opera viene iniziata due anni prima, nel 1516, in una data quasi simbolica per comprendere lo svolgimento della pittura veneziana del Cinquecento: nel 1516 infatti scompare, al termine di una lunghissima carriera, Giovanni Bellini, mentre Giorgione era morto già nel 1510. Secondo quello che raccontano le fonti, l’opera, così rivoluzionaria per composizione e accostamenti cromatici, rischiò di essere rifiutata dai frati che si convinsero a collocarla sull’altare maggiore soltanto quando giunse loro voce che l’ambasciatore austriaco si era offerto di acquistarla: al di là di queste difficoltà iniziali, l’opera, visibile da un grande pubblico, consacrò Tiziano come maestro indiscusso della scena veneziana. 
La tavola è nettamente divisa in due parti: in basso sono gli apostoli, concitati e stupiti, che assistono all’evento intorno al sepolcro della Vergine, su cui si legge la firma di Tiziano; al centro, circondata da una folla di angeli e accolta da Dio Padre nella luce dorata del Paradiso in cui si intravedono infinite teste di cherubini, Maria è assunta in cielo dove sta salendo con le braccia aperte. Lo spettatore si trova a partecipare attivamente al dramma sacro: i colori accesi dalle tonalità calde, e in particolare il rosso delle vesti, i gesti pronunciati, i contrasti tra luce e ombra guidano lo sguardo verso la figura ampia e monumentale dell’Assunta. L’organizzazione della pala in due fasce ben distinte pone l’accento sulla spettacolarità dell’evento soprannaturale che gli apostoli e i fedeli che osservano il dipinto vedono svolgersi davanti ai loro occhi. Questo coinvolgimento emotivo dello spettatore, in profonda rottura con la tradizione figurativa delle pale d’altare venete, in genere molto più composte e statiche, è uno dei principali insegnamenti di Tiziano per l’arte dei decenni successivi.
Secondo una tradizione tipica della pittura veneziana, ma che qui è applicata in grande scala in una pala d’altare, tutta la scena è costruita senza che vi siano architetture o linee prospettiche ben visibili: la spazialità del dipinto è data solo attraverso l’uso dei colori che modulano lo spazio del vasto cielo.

CONFRONTI E INFLUENZE

La Trasfigurazione di Raffaello ( p. 239) presenta il medesimo impianto compositivo dell’Assunta di Tiziano. Entrambe le opere, dipinte negli stessi anni, hanno un carattere teatrale, scenografico, con figure in pose turbinose e concitate, capaci di coinvolgere emotivamente lo spettatore.

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Polittico Averoldi 

II polittico raffigurante la Resurrezione con la Vergine e i santi Nazaro, Celso e Sebastiano (78) fu commissionato nel 1519 dal bresciano Altobello Averoldi, legato pontificio a Venezia, per la Chiesa dei Santi Nazaro e Celso della sua città, allora posta sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Nonostante l’inserimento in una carpenteria divisa in pannelli, Tiziano riesce a conferire unità all’insieme mediante l’impiego delle stesse tonalità luministiche e dei medesimi toni di colore. Le cinque scene sono ambientate al mattino: in quella centrale, il Cristo, nell’atto di risorgere, è in posizione elevata, al di sopra di una coppia di soldati che guarda sorpresa. Sulla sinistra i santi Nazaro e Celso, titolari della chiesa, sono in compagnia del committente, Altobello Averoldi. La figura di san Sebastiano sulla destra è delineata secondo le più innovative configurazioni plastiche del Michelangelo della Sistina, da cui Tiziano riprende l’attenzione ai dettagli anatomici e la ricerca per il virtuosismo delle pose del corpo: la rotazione del torso e delle gambe, inoltre, è una citazione di uno dei Prigioni, lo Schiavo che lotta, dello stesso Buonarroti, oggi al Louvre ( p. 212). L’assetto del Cristo deriva dallo straordinario gruppo antico del Laocoonte. I due scomparti superiori raffigurano l’Annunciazione, con l’angelo sulla sinistra e la Madonna sulla destra: le due figure divengono il manifesto di una pittura dove grazia, forza espressiva e altissimo senso del colore e della luce coesistono in una sintesi fra il cromatismo giorgionesco e lo stile plastico-anatomico di matrice michelangiolesca .

CONFRONTI E INFLUENZE

La somiglianza della posa del San Sebastiano con quella della statua di Michelangelo rivela l’interesse di Tiziano per l’opera dello scultore fiorentino.

Pala Pesaro 

Tra le più celebri realizzazioni di Tiziano, la Pala Pesaro prende il nome dall’importante famiglia veneziana che l’ha commissionata al maestro (79). Il soggetto è una Sacra Conversazione con sant'Antonio da Padova, san Francesco e san Pietro. Tiziano riceve l’incarico dal vescovo di Pafo (Cipro), Jacopo Pesaro, per adornare l’altare della Concezione nella basilica veneziana di Santa Maria Gloriosa dei Frari e, al contempo, per celebrare il ruolo che i Pesaro avevano avuto nella battaglia navale di Santa Maura, combattuta contro i Turchi nel 1502. La bandiera posta sulla sinistra, resa con grande efficacia, porta le insegne di famiglia e quelle dei Borgia, al cui casato appartiene Alessandro VI, pontefice regnante al tempo della battaglia. Si sceglie poi di raffigurare nel dipinto numerosi membri della famiglia, contravvenendo a una tradizione della Serenissima che evitava per opportunità politica la rappresentazione di cittadini eminenti. La scena, inoltre, si caratterizza per una composizione fortemente dinamica: un movimento ascensionale parte dall'angolo inferiore di sinistra, dove sono alcuni esponenti dei Pesaro, insieme a prigionieri turchi, per giungere al trono della Vergine. Maria col Bambino siede infatti a destra rialzata e di tre quarti, con una soluzione compositiva che dimostra la creatività del pittore e condizionerà a lungo la pittura del Cinquecento. La sommità delle grandi colonne fuoriesce dal margine superiore del dipinto: si ribalta così la norma che fino a quel momento vedeva la rappresentazione di intelaiature architettoniche finite in ogni dettaglio o di veri e propri edifici. La nuvola su cui sono posti i cherubini ha la particolarità di accentuare il senso ascensionale e prospettico, nascondendo parzialmente alla vista proprio le colonne. 
GUIDA ALLO STUDIO
Tiziano: le opere giovanili
  • Rivoluzionari accostamenti cromatici
  • Sapiente uso dei colori e delle tonalità cromatiche
  • Attento studio delle pose dei corpi
  • Composizioni impostate sulla resa del dinamismo
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Tiziano ritrattista

Tiziano è tra i più celebrati e ricercati ritrattisti del Cinquecento. La sua fama giunge molto presto al di fuori della Repubblica di Venezia e i suoi ritratti arrivano a essere richiesti da numerosi personaggi illustri dell’epoca, sia in Italia sia in Europa. Accanto ai principi italiani come Federico II Gonzaga, duca di Mantova, ai letterati, come Pietro Aretino, raffigura papi e imperatori.
È il caso di papa Paolo III Farnese, ritratto in tarda età da Tiziano nel 1546, e dell’imperatore Carlo V, effigiato dal maestro di Pieve di Cadore per ben due volte, una volta a figura intera e un’altra a cavallo, probabilmente nell’atto di intraprendere una battaglia. Possiamo quindi definire Tiziano un artista internazionale: nonostante la sua formazione veneziana e la sua scelta di restare sempre legato alla città in cui si forma, è richiesto e ricercato da personaggi di rilevanza europea come appunto Carlo V e poi suo figlio Filippo II re di Spagna, oppure da un papa: è la prima volta che un artista veneto riceve commissioni di tale prestigio.

La Schiavona 

Opera giovanile di Tiziano, che testimonia come il genere del ritratto interessò il pittore fin dai primi anni della sua carriera, la Schiavona raffigura in realtà una nobildonna veneta e non una donna dalmata o, appunto, "schiavona", come invece lascia pensare il titolo con cui è nota nella critica (80).
Il dipinto è stato per un periodo assegnato anche a Giorgione, ma la paternità tizianesca, riconosciuta in anni recenti, è confermata dalla presenza, in basso a sinistra, delle lettere T e V scritte in caratteri lapidari e rappresentanti le sue iniziali. Tiziano sceglie di raffigurare la nobildonna con estremo verismo: il fondo è neutro, ad accentuare la fisionomia della protagonista, esaltata anche dalla grande naturalezza con cui è resa la veste. Sulla balaustra marmorea a cui si appoggia la figura è scolpito un profilo femminile, memore dei cammei romani, che forse rappresenta la stessa donna ritratta.

Ritratto di Federico II Gonzaga 

Identificato per anni erroneamente come un ritratto di Alfonso I d’Este, è in realtà la raffigurazione del duca di Mantova Federico II Gonzaga (81): la provenienza dalle collezioni di Carlo I d’Inghilterra, a sua volta acquirente di gran parte delle collezioni gonzaghesche, è un’ulteriore conferma di quest’ipotesi. Fu probabilmente dipinto nel 1529 e poi replicato numerose volte. Lo sfondo è neutro, cupo e il duca è raffigurato nella porzione del corpo al di sopra delle ginocchia, lievemente girato verso destra. La figura è in abiti cinquecenteschi, estremamente elaborati e lussuosi, stretti in vita e riccamente rifiniti, così come perfettamente adeguata alla moda del periodo è la lunga e folta barba. Il crocifisso simboleggia la fede cattolica del duca. Particolare è la scelta di raffigurare un cane, che Federico II amorevolmente accarezza. La bestiola rappresenta la fedeltà e, al contempo, serve per evidenziare due aspetti della personalità del duca: sicuro e determinato con i nemici, affettuoso con gli amici e con chi gli è fedele.
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Paolo III Farnese con i nipoti 

II ritratto (82) fu eseguito da Tiziano durante il suo soggiorno romano, tra il 1545 e il 1546, quando fu ospite del pontefice nei Palazzi Vaticani, e raffigura l’ormai anziano papa Paolo III Farnese in compagnia dei nipoti, il cardinale Alessandro – committente del Palazzo Farnese di Caprarola – e Ottavio, secondo duca di Parma e Piacenza. È pervenuto al Museo napoletano di Capodimonte quando l’eredità Farnese confluì nelle collezioni della Casa Reale di Napoli, nel tardo Settecento. Chiaro è il richiamo al celeberrimo ritratto raffaellesco rappresentante papa Leone X de’ Medici in compagnia dei cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi ( p. 239), ma oltre agli evidenti punti di contatto numerose sono pure le differenze. Anche in questo caso Tiziano sceglie un fondo neutro, a sottolineare l’importanza della raffigurazione dei personaggi; nel precedente raffaellesco tuttavia Leone X è ancora giovane, seduto ma ben dritto sul trono, mentre i cardinali sono figure che restano secondarie, del tutto subordinate a quella del papa. Non così nel dipinto tizianesco: l’anziano Paolo III è seduto e leggermente curvo, il volto scavato, la mano affusolata e la lunga barba bianca testimoniano l’età avanzata del personaggio. I nipoti assurgono inoltre al ruolo di protagonisti: il cardinale Alessandro, con il viso barbuto secondo la moda del tempo, è in piedi, con lo sguardo fiero e volitivo, Ottavio si inchina al papa e sembra anzi esserci tra loro una sorta di dialogo, al quale il cardinale Alessandro pare estraneo.

Ritratto di Jacopo Strada 

Jacopo Strada, mantovano di nascita, presta servizio come architetto di corte presso ben tre imperatori della famiglia Asburgo: Ferdinando I, Massimiliano II e Rodolfo II. Ha lo stesso ruolo presso il duca di Baviera, Alberto V di Wittelsbach, per il quale allestisce l’Antiquarium, ossia le collezioni di antichità, nella Residenza di Monaco di Baviera. Jacopo Strada è raffigurato (83) da Tiziano come un alto cortigiano del suo tempo: elegantemente e lussuosamente vestito, con lo sguardo rivolto a sinistra mentre tiene nelle mani una statua classica, a dimostrazione dell’interesse per l’arte. Altri elementi che testimoniano l’erudizione del mantovano sono i libri, lussuosamente rilegati alle sue spalle, e il torso – frammento di scultura classica – poggiato sul tavolino su cui è posta una tovaglia nera. La spada è invece un simbolo di nobiltà e dell’alto livello sociale raggiunto. Il cartiglio sulla destra, dove si legge il nome dello Strada, ha un profilo perfettamente in linea con quelli che vengono realizzati in quel periodo.
GUIDA ALLO STUDIO
Tiziano ritrattista
  • Naturalezza delle vesti
  • Uso di fondi neutri per esaltare le figure ritratte
  • Profondità psicologica dei personaggi raffigurati

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò