Contesti d’arte - volume 2
Pietà
L’ultima opera del maestro (84) fu creata per la sua cappella funeraria nella chiesa francescana di Venezia, Santa Maria Gloriosa dei Frari, per la quale aveva già dipinto l’Assunta e la Pala Pesaro. Tuttavia il dipinto dalla genesi complessa e dalla storia tormentata non viene collocato nella cappella e rimane, non terminato, nella casa di Tiziano: è Palma il Giovane (Venezia 1544-1628), collaboratore della bottega del maestro, che lo porterà a termine.
La scena della Pietà è raffigurata in basso, al centro, al di sopra di un podio sul quale una scritta ricorda l’intervento di Palma il Giovane. Cristo è sorretto dalla Vergine e da Nicodemo prostrato; alla loro sinistra, in piedi, è la Maddalena, mentre la nicchia è inquadrata da due statue dipinte, Mosè e la Sibilla Ellespontica.
Il fondale costituisce la più decisa incursione di Tiziano nel campo dell’architettura dipinta. Una grande nicchia centinata (dal profilo curvo) è contenuta all’interno di un’intelaiatura architettonica a edicola, con gli stipiti bugnati, la trabeazione interrotta e il timpano infranto dalla presenza di tre grandi conci radiali, anch’essi bugnati.
L’intera immagine è resa mediante l’impiego di pennellate vibranti; in quest’opera, come in quelle dell’ultimo decennio di attività dell’artista, si nota infatti una netta diminuzione dell’attenzione alla resa delle forme in modo netto o alla loro delineazione con senso plastico: i contorni delle figure e degli oggetti appaiono quasi dissolti nel colore e nella luce. Nella scena un ruolo centrale è rappresentato dalla Maddalena, che spicca per l’abito verde in contrasto con lo sfondo variegato d’oro e per la posa teatrale che assume: il suo gesto esprime il dolore per la morte del Cristo, ma ha anche il tono di un’affermazione di vittoria contro la morte e dunque di speranza.
La scena della Pietà è raffigurata in basso, al centro, al di sopra di un podio sul quale una scritta ricorda l’intervento di Palma il Giovane. Cristo è sorretto dalla Vergine e da Nicodemo prostrato; alla loro sinistra, in piedi, è la Maddalena, mentre la nicchia è inquadrata da due statue dipinte, Mosè e la Sibilla Ellespontica.
Il fondale costituisce la più decisa incursione di Tiziano nel campo dell’architettura dipinta. Una grande nicchia centinata (dal profilo curvo) è contenuta all’interno di un’intelaiatura architettonica a edicola, con gli stipiti bugnati, la trabeazione interrotta e il timpano infranto dalla presenza di tre grandi conci radiali, anch’essi bugnati.
L’intera immagine è resa mediante l’impiego di pennellate vibranti; in quest’opera, come in quelle dell’ultimo decennio di attività dell’artista, si nota infatti una netta diminuzione dell’attenzione alla resa delle forme in modo netto o alla loro delineazione con senso plastico: i contorni delle figure e degli oggetti appaiono quasi dissolti nel colore e nella luce. Nella scena un ruolo centrale è rappresentato dalla Maddalena, che spicca per l’abito verde in contrasto con lo sfondo variegato d’oro e per la posa teatrale che assume: il suo gesto esprime il dolore per la morte del Cristo, ma ha anche il tono di un’affermazione di vittoria contro la morte e dunque di speranza.
CONFRONTI E INFLUENZE
L’architettura dipinta nella Pietà è debitrice senza dubbio della coeva architettura veneta, dalle finestre esterne del Palazzo Thiene di Vicenza, progettato da Giulio Romano, fino ad alcune architetture di Andrea Palladio come la Villa Caldogno: negli anni Settanta Palladio (► pp. 310-311) è il più importante architetto della città lagunare, con una posizione omologa a quella che Tiziano già da diversi decenni ha nell’ambito della pittura.
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò