Contesti d’arte - volume 2

Raffaello architetto

Accanto a una vasta produzione pittorica, Raffaello progetta edifici civili e religiosi, rispondendo alle esigenze della grande committenza pontificia come alle necessità dei ricchi patrizi a Roma e a Firenze. Il suo contributo è decisivo nello sviluppo di nuove tipologie edilizie, come nell’immediata ricezione e aggiornamento delle innovative soluzioni di Bramante: le opere di Raffaello attualizzano il linguaggio dell’architettura classica.

Palazzo Pandolfini 

A Firenze Raffaello partecipa al concorso per la facciata della Basilica di San Lorenzo, vinto però da Michelangelo (1515), e realizza il progetto per il Palazzo Pandolfini (64). La costruzione del palazzo è autorizzata con bolla di Leone X, del quale ancora oggi si legge il nome nell’iscrizione posta sotto il cornicione dell’edificio.
Il palazzo sorge in una zona della città che allora non era edificata, quasi di campagna, e infatti ha una pianta a U (65) che si apre verso il giardino, tipica delle ville suburbane, mentre sulla strada mostra un fronte compatto con finestre a frontoni alternati triangolari semicircolari e cantonali bugnati. Il linguaggio che anima il prospetto introduce a Firenze elementi dello stile bramantesco. Al piano nobile, infatti, le finestre mostrano esili colonne ioniche, introducendo, in facciata, l’ordine architettonico: si tratta di un tema compositivo del tutto estraneo alla tradizione fiorentina; allo stesso modo, il portale principale dialoga con quello concepito da Bramante a Roma per la porta Giulia, posto sul lato orientale esterno del Cortile del Belvedere, a delineare una soluzione che a Firenze – dopo questo esempio precoce e isolato – si diffonderà con continuità solo a partire dalla seconda metà del Cinquecento.

Villa Madama 

Dal 1514 Raffaello è nominato architetto pontificio, dunque erede delle fabbriche bramantesche e artista di fiducia di papa Leone X, ovvero Giovanni de' Medici: da questi e dal cugino Giulio, futuro papa Clemente VII, gli viene commissionata nel 1517 la progettazione di un grandioso complesso suburbano, una villa che superava i parametri delle ville quattrocentesche per accostarsi ai modelli della Roma imperiale.
Raffaello, nel suo appassionato slancio archeologico, per Villa Madama si rifà alla Domus Aurea di Nerone, riscoperta proprio alla fine del Quattrocento, a Villa Adriana a Tivoli e alla descrizione che Plinio il Giovane aveva fatto della sua Villa Laurentina sul litorale romano.
Sulle pendici di monte Mario doveva sorgere dunque la villa più monumentale del Rinascimento, che oltre agli ambienti residenziali prevedeva un ippodromo, alcune peschiere, le scuderie per quattrocento cavalli, le terme, un teatro, un ninfeo e ampi giardini che seguivano il declivio naturale del terreno in un susseguirsi scenografico di logge, porticati ed esedre (66).
Antonio da Sangallo il Giovane (Firenze 1484-Terni 1546), che fu sovrintendente all'esecuzione dei lavori, ci ha lasciato un disegno, copia di un originale raffaellesco, a testimonianza dell'aspetto che la villa avrebbe dovuto assumere: un grande cortile esterno doveva immettere in un vestibolo a tre navate dal quale era previsto l'accesso a un cortile circolare, fulcro della villa attorno al quale si dovevano disporre gli ambienti abitativi e di rappresentanza.
Dalla descrizione che Raffaello stesso fa della villa, in una lettera indirizzata a Giulio de' Medici, emerge la grande attenzione da lui posta sul tema dell'orientamento dell'edificio per esporlo «a venti più sani», con l'accortezza di non porre a sud-est (lato di scirocco) «finestra né habitatione alcune se non quelle che ànno di bisogno del caldo».
La morte improvvisa del maestro, nel 1520, lascia i lavori incompiuti: dell'imponente progetto rimangono realizzati una metà del cortile circolare scandito da una teoria di semicolonne dal fusto arocchi, che oggi ha la funzione di facciata a forcipe (67), la loggia retrostante con gli ambienti residenziali attorno, il giardino all’italiana e la peschiera.
Nel 1523 i lavori ripresero e videro avvicendarsi artisti come Giulio Romano, Baldassarre Peruzzi, Baccio Bandinelli; il sacco di Roma del 1527 compromise definitivamente il completamento della villa, sebbene sia passata attraverso autorevoli proprietari e sia rimasta in mano medicea fino al 1537, anno della morte di Alessandro de' Medici, sposo di Margherita d'Austria (la "Madama" cui la fabbrica deve il nome) (68-69). Pur rimanendo non finita, essa rappresenta perfettamente la compiutezza del dialogo tra Raffaello e l'Antico.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò