Raffaello

4.4 Raffaello

Raffaello Sanzio (Urbino 1483-Roma 1520) si forma in un clima pervaso di arte e cultura. Figlio di Giovanni Santi, pittore e letterato, già all’età di diciassette anni l’artista firma un contratto per un dipinto, atto che rivela la piena e precoce autonomia. Il suo soggiorno fiorentino inizia in quello stesso anno (1500) e si protrae fino al 1508. A Firenze entra in contatto con l’arte di Leonardo e Michelangelo: in quegli anni il pittore è impegnato in numerosissime commissioni per alcuni fra i più ricchi patrizi fiorentini, fra cui spiccano i ritratti e le opere destinate alla devozione religiosa, soprattutto rappresentazioni della Madonna col Bambino. Lasciata Firenze, si reca a Roma dove trascorrerà il resto della sua breve vita. Questa fase è caratterizzata da un crescendo di riconoscimenti e dall’affidamento di lavori importanti: nel 1509 papa Giulio II, per assicurargli un’entrata stabile e un incarico di prestigio, lo nomina «scriptor brevium apostolicorum», ossia gli affida il ruolo di segretario papale in cui si richiedeva una vasta cultura umanistica.
Nel secondo decennio del Cinquecento, inizia il rapporto con Agostino Chigi, ricco banchiere senese, per il quale Raffaello realizza la decorazione interna della villa suburbana nei pressi del Tevere e l’allestimento della cappella di famiglia in Santa Maria del Popolo. Gli incarichi papali, inoltre, si fanno sempre più complessi e importanti: nel 1509 inizia la decorazione delle Stanze Vaticane, che si prolunga negli anni successivi. È in questo contesto che Raffaello si fa promotore di importanti innovazioni nell’organizzazione del cantiere pittorico e, più in generale, dei tradizionali processi della bottega artistica: si circonda di numerosi collaboratori, ciascuno specializzato in compiti specifici, che lavorano all’unisono sotto la sua sapiente regia.
La morte di Bramante nel 1514 rappresenta una svolta: Raffaello è nominato architetto della Fabbrica di San Pietro ( pp. 227-230). L’architettura diviene l’arte che lo vede impegnato con continuità negli ultimi anni della vita, e il lascito più importante è il progetto per la grandiosa Villa Medici a Monte Mario, nota poi come Villa Madama. Raffaello muore nel 1520, nel pieno della sua attività, a soli 37 anni: la sua precoce scomparsa scuote profondamente l’ambiente artistico romano.

Le opere giovanili

Lo sposalizio della Vergine 

Il dipinto (54) è realizzato nel 1504 per una chiesa di Città di Castello. In quest’opera Raffaello mostra il proprio debito nei confronti del Perugino, ma allo stesso tempo si rivela maggiormente consapevole dei valori dell’architettura e della prospettiva, a circoscrivere un aspetto fondamentale della sua opera. La scena è divisa in due parti: in primo piano i protagonisti dell’episodio, tratto dalla letteratura apocrifa (cioè da testi antichi non riconosciuti come ufficiali dalla Chiesa), con cinque fanciulle e cinque giovani che accompagnano la coppia e si dispongono in diagonali divergenti, con pose improntate a una grande naturalezza, come rivela il riuscitissimo gesto del ragazzo intento a spezzare un ramoscello; in alto, un edificio a pianta centrale circondato da un portico domina una vasta piazza. La griglia geometrica della pavimentazione unifica i due settori ed evidenzia il reticolo prospettico che dà razionalità e armonia all’intera rappresentazione: il moto generato dalla scacchiera del pavimento, che sembra dilatare lo spazio all’infinito, è come bloccato dal maestoso tempio sullo sfondo, in cui la porta centrale lascia intravedere un brano del luminoso paesaggio che si allarga all’orizzonte. Raffaello ha scelto di firmare e datare questa sua opera in modo evidente sull’architrave del tempio (RAPHAEL VRBINAS-MDIIII).

CONFRONTI E INFLUENZE

Il soggetto dello sposalizio della Vergine è stato affrontato negli stessi anni anche da Pietro Perugino in questa pala destinata al Duomo di Perugia. Nella sua interpretazione si nota (rispetto all’opera di Raffaello) una minore profondità spaziale, dovuta alla maggiore vicinanza dell’edificio retrostante, e una meno articolata disposizione dei personaggi, semplicemente allineati in una fila in primo piano.

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Madonna del cardellino 

Per il ricco Lorenzo Nasi l’artista dipinge la Madonna del  cardellino (55), che ha subito una ricomposizione a pochi decenni di distanza dalla sua realizzazione in seguito ai danni riportati nel crollo del palazzo della famiglia nel 1548. Maria, con Gesù e san Giovannino, è raffigurata in uno spazio naturale la cui definizione risente delle influenze di Leonardo: se gli alberelli mostrano, infatti, contatti con l’arte di Perugino, l’incidenza della luce e la resa atmosferica sono informate da una sensibilità e da una grazia tipicamente leonardesche. Il piede del Bambino appoggiato a quello della madre è invece ripreso da un’invenzione di Michelangelo, qui tradotta però con una dolcezza e un’attenzione alla resa dell’affettività tra madre e figlio che è uno dei tratti tipici dell’arte raffaellesca. L’invenzione di un gruppo composto da Vergine e Bambino, caratterizzato da gesti leggiadri ed eleganti e insieme naturalissimi. e in relazione con un paesaggio raffinato e sereno, tornerà in molte composizioni dell’artista, richiesto innumerevoli volte dai committenti a segnare il crescente successo dell’Urbinate.

Ritratti di Maddalena Strozzi e Agnolo Doni 

II dipinto che raffigura la nobildonna fiorentina Maddalena Strozzi (56) è realizzato da Raffaello in pendant, cioè in modo complementare, al ritratto di Agnolo Doni (57), suo sposo. La datazione dei due dipinti oscilla fra il 1505 e il principio del 1507. I due ritratti sono accomunati dalla capacità dell’artista di conferire monumentalità ai corpi, che dominano pienamente lo spazio: l’influenza della scultura si può spiegare con i contatti con l’opera di Michelangelo. Si nota, inoltre, una particolare sapienza nella scelta e nell’accostamento dei colori, come pure nella restituzione della preziosità dei tessuti delle vesti, segno distintivo della ricchezza dei personaggi e del loro status sociale. Il rubino, lo smeraldo, lo zaffiro e la perla del pendente della dama Strozzi alludono sia alla ricchezza della coppia, sia alle virtù muliebri della gentildonna e queste gemme e pietre preziose sono ritenute un raffinato dono nuziale che è apertamente celebrato nel dipinto. L’impostazione della figura della Strozzi è derivata dalla Gioconda leonardesca ( p. 200), mentre il ritratto di Agnolo rivela un approfondimento nella resa psicologica e nella definizione realistica della figura.
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Pala Baglioni 

Per ricordare la morte del figlio Grifone, avvenuta nel 1500 durante una faida interna alla famiglia, Atalanta Baglioni commissiona a Raffaello un dipinto per la propria cappella nella chiesa perugina di San Francesco al Prato (58). Nel 1505 l’artista è momentaneamente a Perugia ed entro il 1507 si data la realizzazione di quest’opera. Si sono conservati numerosi disegni di studio che ne documentano il complesso processo ideativo: dal tema statico del Compianto, con i dolenti a piangere il corpo morto del Salvatore, al tema dinamico del Trasporto di Cristo. La scena nella versione definitiva è attraversata da un profondo pathos, che appare comunque controllato e razionalizzato. Il senso di tristezza della committente per la perdita del figlio assassinato è ben restituito da Raffaello nella composizione, pervasa da un dolore composto e dignitoso. Tale sentimento è reso attraverso le pose, i gesti e i volti dei personaggi che conferiscono un solenne realismo alla raffigurazione: le tre Marie, sulla destra, sostengono la Madonna svenuta (tema iconografico piuttosto inconsueto che deriva da esempi nordici), mentre sulla sinistra Giuseppe d’Arimatea, san Giovanni, Nicodemo e la Maddalena piangono il Cristo morto. Sullo sfondo si vedono il monte Calvario sulla destra, e sulla sinistra la cava di pietra dove viene deposto il corpo di Gesù: la rappresentazione contemporanea dei due luoghi si offre allo spettatore come meditazione sulla crocifissione e la sepoltura del corpo di Cristo, che nella fede cristiana sono tappe dolorose di un percorso che porta, tuttavia, al salvifico e rasserenante momento della resurrezione.
In quest’opera sono compendiate numerose citazioni, sia dall’Antico sia da altri maestri del Rinascimento, fra cui Mantegna, Signorelli, Perugino e, soprattutto, Michelangelo: l’assetto dato alla scena del trasporto di Cristo è desunto da un rilievo di età romana con il trasporto del personaggio della mitologia greca Meleagro, reso celebre nel Rinascimento grazie a una incisione di Mantegna (59), ma già ricordato da Alberti nel De pictura. La pia donna sulla destra, inoltre, ha una posa che ricorda la Madonna del Tondo Doni di Michelangelo ( p. 209). Da quest’ultimo deriva anche la figura del portatore sulla sinistra che mostra somiglianze con le figure degli Schiavi ( p. 212). Nel portatore in primo piano si può forse riconoscere la fisionomia di Grifone Baglioni.
GUIDA ALLO STUDIO
Raffaello: le opere giovanili
  • Influenze stilistiche: Perugino, Leonardo e Michelangelo
  • Armonia, grazia ed equilibrio
  • Uso della prospettiva
  • Attenzione alla luce e alla resa atmosferica
  • Resa psicologica
  • Nuova intensità drammatica

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò